A Gaza morti evitabili – La Voce del Popolo

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di DANIELE ROCCHI
03 gen 2025 08:37

Non sono solo le bombe a uccidere a Gaza ma anche il freddo e l’ipotermia. Notizie di questi ultimissimi giorni parlano di ben sette neonati morti, l’ultimo ieri 1° gennaio, in poco più di una settimana a causa delle basse temperature e delle condizioni atmosferiche difficili per le piogge e gli allagamenti. Oltre 1.500 tende che ospitavano gli sfollati nei campi profughi e nei rifugi dell’enclave palestinese sono state allagate a causa delle forti piogge, riporta l’agenzia Wafa che cita la Protezione civile palestinese secondo cui le squadre di soccorso hanno trovato centinaia di tende allagate, con livelli d’acqua superiori a 30 cm peggiorando una situazione già critica per i profughi. Le temperature notturne scendono fino a 10 gradi sottozero e per chi vive nelle tende e in ripari di fortuna privi di riscaldamento, come la maggior parte dei gazawi sfollati, è dura trascorrere la notte. Quasi impossibile senza coperte e indumenti pesanti. Non basta stringersi gli uni gli altri o rannicchiarsi per avere un minimo di tepore.

È così che i piccoli Ali e Jumaa al-Batran sono morti nella loro tenda a Deir al-Balah, campo profughi della Striscia di Gaza dove vivono ammassate un milione di persone. Così sono morti anche Sila e gli altri neonati, tutti tra i 4 e i 21 giorni. Chi può prova ad accendere il fuoco dentro le tende rischiando di incendiare tutto. A Gaza i bambini girano infreddoliti, bagnati e scalzi. Intanto i raid aerei israeliani non si fermano: anche il 1° gennaio, come riferito da Al Jazeera e dall’agenzia palestinese Wafa, l’aviazione con la Stella di David ha colpito il campo profughi di al-Bureij, le città di Jabalia e Khan Yunis provocando almeno 24 morti tra cui 4 bambini. Si aggiorna così il bilancio di questa guerra che ad oggi ha provocato oltre 45mila morti e più di 108mila feriti. E tanti sono i bambini: “almeno 15mila”. Le trattative per un cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi segnano il passo. Si conferma così la triste statistica dell’Unicef che definisce il 2024 “uno dei peggiori anni per i bambini che vivono in aree colpite da conflitto, sia in termini di numero di bambini colpiti che di impatto sulle loro vite.

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Oltre 473 milioni di bambini – ovvero più di 1 su 6 a livello globale – vivono in aree colpite da conflitto.

“Oggi Gaza è forse il luogo peggiore del pianeta per i bambini” commenta al Sir Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia che pure non dimentica “i piccoli che vivono sotto i bunker, al freddo e al gelo in Ucraina, quelli che sono costretti ad affrontare gli sfollamenti in Sudan, quelli che si trovano a vivere in condizioni difficili in altri fronti di guerra che sono circa 59 sparsi per il mondo”. “In queste zone di conflitto – sottolinea il portavoce – milioni di bambini vivono esposti al freddo e alla calura estiva rischiando per questo la loro vita. Tende e rifugi di fortuna sono invivibili sotto ogni punto di vista”.

“A Gaza si muore di freddo perché – spiega Iacomini – è difficile fare arrivare gli aiuti umanitari data la situazione complicata sul terreno. Sono morti assolutamente evitabili che mettono a nudo le condizioni disperate in cui versano le famiglie della Striscia”.

“Sono morti evitabili perché sappiamo che le temperature scenderanno ancora ed è tragicamente prevedibile che altre vite di bambini andranno perse per le condizioni disumane in cui si trovano a vivere: senza un riparo adeguato contro il gelo, senza nutrizione, senza assistenza sanitaria, senza servizi igienici. Le condizioni peggiorano se parliamo di neonati, di infanti e disabili”. L’Unicef è impegnata sul campo per distribuire coperte e indumenti invernali alle famiglie sfollate ma, ammette il portavoce, “il nostro intervento è limitato perché a Gaza arrivano pochi aiuti. Nel solo mese di novembre – spiega Iacomini – è entrata una media di 65 camion di aiuti al giorno rispetto ai 500 giornalieri che entravano prima della guerra. Un numero insufficiente per venire incontro ai bisogni della popolazione di Gaza. La zona nord, dove ci sono ancora circa 100mila gazawi, è inaccessibile per via dei bombardamenti. I valichi sono tutti chiusi. Per questi motivi abbiamo chiesto a Israele di avere più accessi umanitari sicuri così da raggiungere, con gli aiuti, tutte le popolazioni colpite dal conflitto, ovunque si trovino, anche al Nord”.

Cessate il fuoco per favorire gli aiuti. Per raggiungere questo scopo Iacomini propone di replicare “il modello della tregua-polio, sperimentato a settembre, quando le armi si sono fermate per consentire di vaccinare con successo 600.000 bambini. La stessa cosa potrebbe essere ripetuta per far gli aiuti umanitari.

Certamente – ribadisce – l’obiettivo finale resta la fine delle ostilità con il cessate il fuoco immediato e duraturo e il rilascio degli ostaggi”.

“Ieri abbiamo celebrato la Giornata mondiale della pace – afferma il portavoce – non vergogniamoci di pronunciare questa parola che ormai usa solo Papa Francesco. Oggi si parla tanto di schieramenti, di strategie geopolitiche ma non di pace. Ringrazio i tanti operatori Unicef, veri eroi che ogni giorno si prodigano silenziosamente, a rischio della loro vita, per salvare quante più vite possibile. Mi appello ai giovani – conclude Iacomini – perché chiedano a chi detiene il governo globale una pace giusta per tutti. Nessuno abbia paura di parlare di pace”.

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DANIELE ROCCHI
03 gen 2025 08:37



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