In Italia sarebbero 60 ma non distribuite in tutte le Regioni. La SIN (Società Italiana di Neonatologia) ne ha«validate» una dozzina ma possono essere collocate anche presso associazioni o parrocchie
Proseguono le indagini per capire cosa abbia causato la morte del neonato deposto a Bari nella «culla per la vita» ospitata presso la Parrocchia San Giovanni Battista, una struttura che in passato aveva accolto altri due neonati.
Rinate negli anni ’90
Ma cosa sono e come funzionano le «culle per la vita»? Le «culle» sono la versione moderna delle «ruote degli esposti»: sono rinate a macchia di leopardo in Italia a partire dal 1995 a opera di associazioni, spesso con la collaborazione dei locali assessorati alla Sanità.
Nel 2006 il Policlinico Casilino di Roma è stato il primo ospedale a rendere disponibile una «culla per la vita» moderna. Nel 2008 a novembre è nata la prima culla termica del progetto «Ninna Ho» presso l’azienda Ospedaliera Federico II di Napoli e a dicembre quella a Varese presso l’ospedale Infantile Del Ponte.
La normativa
Non esiste una legislazione o normativa specifica per le «culle per la vita»: la SIN (Società Italiana di Neonatologia) ne ha inaugurate 8 in collaborazione con il progetto «Ninna Ho» della Fondazione Francesca Rava e in tutto ne ha «validate» una dozzina, tutte collegate a reparti di neonatologia e con funzionamento standard (descritto sotto), ma alcune sono state installate nelle sedi del Movimento per la Vita o dei Centri per la Vita o collegate a parrocchie.
«Fondazione Rava ha sviluppato il progetto “Ninna Ho” nel 2007 quando trovammo a Varese un neonato abbandonato in un cassonetto – racconta il Professor Massimo Agosti, Presidente della SIN (Società Italiana di Neonatologia) –. È stato fatto tutto un percorso con promozione della conoscenza della possibilità di poter partorire in anonimato e non riconoscere il bambino. La legge in Italia è molto avanti su questo (ne abbiamo parlato QUI, ndr). Non dimentichiamoci che questa è una scelta drammatica di una di una mamma che ha bisogno di aiuto. Sono stati fatti opuscoli in molte lingue».
Quante sono
Secondo il monitoraggio effettuato dal sito «culle per la vita» gestito dal Centro di Ascolto alla Vita Abbiategrasso-Magenta-Rho in Italia le «culle per la vita» sarebbero 60.
Le Regioni con più «culle» sono la Lombardia con 11 e la Sicilia con 9: in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Molise, Sardegna e Trentino Alto Adige non ne esisterebbero affatto.
Come funzionano
«Le culle del progetto “Ninna Ho” sono tutte fatte con istruzioni operative molto chiare – specifica Agosti -. Sono adiacenti a un ospedale in cui ci siano una pediatria, una neonatologia o una terapia intensiva neonatale. Sono locali simili a quelli bancomat: si entra, si trova una tapparella che nasconde un’incubatrice, si schiaccia un bottone e la tapparella si solleva, si appoggia il neonato e, a quel punto, lo sportellino si chiude e scatta l’allarme collegato con l’ospedale».
Il funzionamento non è standard perché non esiste un protocollo unico per tutte le «culle della vita» e, come in ogni sistema, i problemi possono venire da malfunzionamenti dei meccanismi. Nelle culle collegate agli ospedali i sensori e gli allarmi vengono controllati periodicamente.
Bambini non riconosciuti
La legge in Italia permette alle donne di rimanere anonime e non riconoscere il neonato (anche se decidessero di partorire in tutta sicurezza in ospedale): il fenomeno dei bambini non riconosciuti alla nascita incide a livello nazionale per circa lo 0,07% sul totale dei bambini nati vivi, secondo l’ultima indagine promossa dalla SIN nel 2014. Nel periodo rilevato sono stati 56 i neonati non riconosciuti su un totale di 80.060 nati.
Tre neonati deposti a Milano
A Milano la «culla della vita» è nata nel 2007 donata da un’associazione che si chiama «Venti Moderati» in accordo con il Comune e la Fondazione Cà Granda – IRRCS Ospedale Maggiore Policlinico.
È collocata all’ingresso della clinica Mangiagalli in via della Commenda 10 in un’area sufficientemente discreta ed è direttamente collegata alla terapia intensiva neonatale.
«La culla si raggiunge in un minuto, il tempo di passare dal primo piano all’ingresso – precisa la Professoressa Monica Fumagalli, direttore della struttura complessa di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano -. È tecnologica e in grado di mantenere il neonato in un ambiente sicuro e protetto fino all’arrivo, pressoché immediato, dei medici. Viene anche inquadrata da una telecamera (che non riprende però l’area oltre la serranda) collegata con il reparto di Neonatologia. Quando scatta l’allarme (attivato dopo l’abbassamento della tapparella) i medici neonatologi di guardia ricevono direttamente la chiamata sul loro cellulare e suona anche il telefono fisso in reparto».
È la medesima modalità operativa che contraddistingue anche tutte le culle per la vita del progetto «Ninna Ho».
La «culla per la vita» del Policlinico di Milano è attiva da 18 anni e ha accolto tre neonati, nel 2012, 2016 e 2023: tre maschietti chiamati all’epoca Mario, Giovanni, Enea.
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