“Vagavo senza meta, potevo gettarmi da un ponte”

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Flavio Giupponi si è ritirato nel 1994 ma oggi , da stimato direttore commerciale, non segue più il ciclismo professionistico che però non dimentica: dal Giro dell’89 scippatogli per una tappa cancellata all’ultimo istante, al dramma del fallimento per colpe altrui: “Ho impiegato 10 anni ma ho ripagato tutti. Posso andare in giro a testa alta”

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Nel 1989 Flavio Giupponi avrebbe potuto vincere il Giro d’Italia, battendo il campione del momento, Laurent Fignon. Invece il sogno svanì per una tappa cancellata all’ultimo istante, sul Passo Gavia dove avrebbe fatto la differenza. Poi, nel 1993 diventa manager-corridore dando il via a quello che sarebbe potuto diventare un inedito ruolo nel mondo del ciclismo. Invece tutto crollò con investitori e sponsor che abbandonarono la nave, lasciandolo solo a pagare debiti non suoi. Oggi, a 60 anni, Flavio Giupponi ha fatto pace con il proprio destino avverso, realizzato come uomo e lavoratore: “Ho impiegato 10 anni per ripagare tutti, non dormivo, vagavo senza meta. Avrei potuto buttarmi giù da un ponte, ma oggi posso camminare a testa alta”.

Per capire il dramma umano in cui l’ex ciclista bergamasco è piombato e che ha rischiato di rovinargli per sempre la vita bisogna tornare agli inizi degli anni 90 quando Giupponi stava chiudendo la sua avventura da ciclista professionista, onorata al meglio correndo per le migliori squadre italiane dell’epoca, dalla Del Tongo alla Carrera alla Mercatone Uno. Poi, nel 1993 il tentativo di dare una svolta, con l’approdo nella novella Brescialat-Refin, con a capo un industriale, Mario Cioli: “Era una figura inedita, quella del ciclista-investitore ma a fine anno rimanemmo senza sponsor… Cioli ci doveva un miliardo di lire ma ci abbandonò e anzi, ci fece un decreto ingiuntivo per portarci al fallimento. Rimasi da solo, impiegai dieci anni a pagare i debiti”.

È l’inizio di quella che può considerarsi la fine: Giupponi vede infranto l’ennesimo sogno, si ritrova tra i creditori, non ha più molto da dire sui pedali a fine carriera ed è da poco diventato padre: “Ripensare quei giorni mi dà dolore. E’ stato il periodo più buio della mia vita: mi era appena nato il primo figlio e non avevo i soldi nemmeno per un caffé. A volte non dormivo per giorni, uscivo la notte e camminavo ore senza meta. Avrei potuto gettarmi giù da un ponte, c’era chi mi ha dato dell’incapace e persino del ladro”.

Flavio Giupponi sul podio del Giro d'Italia 1989: sarà solo secondo dietro a Fignon in Rosa

Flavio Giupponi sul podio del Giro d’Italia 1989: sarà solo secondo dietro a Fignon in Rosa

Invece, Flavio Giupponi non abbandona nessuno e si fa in quattro per ripagare i debiti. Ritrova quella forza e quella generosità che aveva mostrato per un decennio in sella. Nessuno si ricorda di lui, che accarezzò con la mano la vittoria finale al Giro dell’89, toltagli dal destino crudele che lo condannò al secondo posto, il primo degli ultimi: “Ero col morale alle stelle, potevo battere Fignon che era in difficoltà mentre io volavo sui pedali. Ma il maltempo impaurì Torriani, il patron del Giro, che non si fidò e cancellò la tappa del Gavia”. Dove avrebbe potuto fare la differenza. La stessa che è riuscito a fare qualche anno più tardi, riprendendo in mano la propria vita: “A volte penso a quegli atleti che si perdono, disorientati senza più riflettori e notorietà. E invece è proprio durante la carriera che devi pensare che tutto può prima o poi concludersi improvvisamente”.

Con quel carattere Giupponi risale la china del dramma: “Non mi sono mai dato per vinto, mai pianto addosso. Ho aiutato mio padre come potevo, ho fatto di tutto: il muratore, l’imbianchino, l’elettricista, l’idraulico ricorda in esclusiva alla Gazzetta. “Ho guidato scuolabus, ho fatto l’autista su richiesta, ho curato allestimenti di mostre d’arte, ho fatto il commentatore televisivo. Tutto ciò che mi ha permesso di sopravvivere“. Poi, il ritorno alla luce: “Mio cognato mi presentò ad una azienda odontoiatrica, io avevo rudimenti di idraulica ma ci provai, fu la svolta. E ora sono un  direttore commerciale, stimato e realizzato”





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