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A Hannam-dong, poche centinaia di metri di distanza dal luogo della tragedia di Halloween del 2022, il presidente sospeso Yoon Suk-yeol barricato nella sua residenza per sfuggire all’arresto. Contemporaneamente a Gwanghwamun, qualche chilometro più a nord, il presidente facente funzioni Choi Sang-mok che entra nell’ambasciata degli Stati uniti. È il doppio binario di un’altra giornata vissuta pericolosamente dalla Corea del sud, con Seul che si trasforma nel palcoscenico del nuovo capitolo del dramma politico-sociale in cui è sprofondato il paese, alleato chiave di Washington in Asia.
Ieri mattina, gli inquirenti si sono presentati con 120 agenti di polizia alla residenza di Yoon, per eseguire il mandato d’arresto a suo carico con l’accusa di insurrezione e abuso di potere. Una mossa che descrivono come quasi obbligata, dopo che il leader conservatore ha sempre rifiutato di farsi interrogare. Ma l’azione delle autorità giudiziarie è stata bloccata sulla soglia dell’edificio da parte delle forze di sicurezza presidenziale, agenzia indipendente che risponde solo agli ordini del capo di stato, fino alla sua destituzione definitiva. Circa 200 uomini hanno fatto da muro di fronte alla residenza, tenendo le braccia conserte e impedendo il passaggio. Durante cinque lunghissime ore di confronto, si sono vissuti numerosi attimi di tensione e, secondo i media sudcoreani, anche qualche scontro fisico. Per evitare che la situazione degenerasse e garantire la sicurezza sul posto, gli inquirenti hanno deciso di sospendere l’attuazione del mandato. Yoon, che non ha mai lasciato l’edificio da quando il parlamento ha approvato la mozione di impeachment lo scorso 14 dicembre, sarebbe stato già pronto a barricarsi nel bunker sotterraneo.
Le prossime ore si preannunciano drammatiche. L’unità investigativa ha chiesto al leader ad interim Choi di ordinare alle forze di sicurezza di cooperare con l’arresto. Segnale che ci sarà un secondo tentativo prima di lunedì, quando scadrà il mandato, di cui comunque potrebbe anche essere chiesta un’estensione.
Pare difficile che la situazione all’interno del compound presidenziale possa cambiare. Gli avvocati di Yoon minacciano denunce per gli agenti che proveranno a eseguire l’arresto, ritenuto illegale per una legge che protegge i luoghi in cui sono potenzialmente custoditi segreti militari. E anche il Partito del potere popolare, di cui fa parte il presidente sospeso, si oppone alle manette. L’opposizione del Partito democratico parla di «seconda insurrezione», mentre lo zoccolo duro di sostenitori di Yoon si attesta su posizioni sempre più radicali. Non solo sono stati invitati a «combattere fino alla fine» e dotati di bandierine sudcoreane e statunitensi preparate ad hoc, ma si sono ormai appropriati degli slogan usati da Donald Trump – come «Stop the Steal» in riferimento a molto teoriche frodi elettorali alle legislative dello scorso aprile – per fomentare l’assedio a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
Ieri ne erano presenti 1200, decisi a fare da scudo contro l’arresto, ma nel fine settimana potrebbero essere molti di più. Così come potrebbero arrivare in massa anche i manifestanti che sin dalla drammatica notte del 3 dicembre scorso, quando fu imposta la legge marziale, manifestano a difesa della democrazia chiedendo la destituzione di Yoon. Anche per questo gli inquirenti puntavano a risolvere la questione già ieri, evitando il rischio di collisione tra fazioni opposte.
Nella vicenda emerge sempre più netto l’interesse americano. Dopo l’incontro di ieri tra Choi e l’ambasciatore Philip Goldberg, lunedì sarà a Seul il segretario di Stato uscente Antony Blinken. A Washington sono assai infastiditi dalla crisi, che rischia di indebolire un’alleanza ritenuta cruciale non solo per il contenimento della Corea del nord, ma anche della Cina. Senza dimenticare che, proprio pochi giorni prima della legge marziale, Yoon aveva ricevuto il ministro della Difesa ucraino aprendo per la prima volta all’invio diretto di armi a Kiev. La visita di Blinken coincide proprio con la scadenza del mandato d’arresto. Ancora una volta, sarà il 6 gennaio.
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