L’anno appena cominciato porta in dote due obiettivi decisamente strategici. Primo, continuare ad assicurarsi la fiducia degli investitori e un costo del debito sostenibile, secondo la messa a terra di oltre un quarto del Piano di ripresa e resilienza. Per fortuna il 2024 si è chiuso con una buona rendita da sfruttare a proprio favore. Le variabili energia e dazi
04/01/2025
Il 2024 è ormai alle spalle. Un anno, per stessa ammissione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, decisamente complesso, ma che per l’Italia si è concluso decisamente bene, almeno sul fronte del Pnrr e dei mercati. Sul primo versante, Roma ha portato a casa la sesta rata del Piano, chiedendo collateralmente, l’erogazione della settima. Sul secondo aspetto, gli investitori hanno continuato a sorridere allo Stivale, mantenendo lo spread tra Btp e Bund tedeschi ancora decisamente basso, sotto i 120 punti base. Complesso, però, sarà anche il 2025, che si preannuncia ricco di partite delicate per il governo di Giorgia Meloni, giunto ormai al terzo anno di attività.
E qui vanno chiamati in causa ancora una volta i mercati. Quest’anno non solo torneranno in vigore le vecchie regole del Patto di stabilità, rimettendo i conti italiani sotto una certa pressione, certo lontana anni luce da quella dei tempi dell’austerity, pre-pandemia. Ma comincerà soprattutto il percorso delle finanze pubbliche verso quell’aggiustamento del deficit, sotto il cappello del Piano strutturale di bilancio, che punta a portare il disavanzo entro il 2027 dall’attuale 3,7% al 2,6%. Di fatto, spariranno dalla circolazione le tradizionali manovre artigianali plasmate dal Tesoro, per far posto a correzioni che avranno come punto di caduta il rispetto dei target previsti dallo stesso Piano.
I mercati, con un debito ormai prossimo ai 3 mila miliardi (2.981 miliardi in nuovo record di ottobre), saranno ancora una volta decisivi. Fidarsi dell’Italia in questo frangente, renderà il percorso decisamente più agevole. La sfida c’è tutta, però. Quasi 350 miliardi di euro di debito pubblico, calcoli del centro studi di Unimpresa, saranno da rinnovare entro il 2025. Una montagna di obbligazioni emesse dal Tesoro che peseranno sul governo in carica. E nei prossimi 10 anni, scadranno titoli pubblici della Repubblica italiana per un totale di 1.900,9 miliardi, pari al 77,9% del totale complessivo di 2.439,2 miliardi, mentre il periodo successivo, ben più ampio, dal 2035 al 2072, presenta scadenze per 538,3 miliardi, corrispondenti al 22,1% del totale.
Colli di bottiglia che imporranno al Tesoro e al suo titolare, Giancarlo Giorgetti, ancora una volta la massima prudenza. Meno male che si potrà fare affidamento di una certa rendita. Il 2024 appena mandato in archivio, infatti, è stato un anno positivo per i Btp che hanno messo a segno performance migliori rispetto ai bond governativi francesi e tedeschi. In particolare, il Btp a 10 anni ha visto il rendimento calare (oggi si attesta al 3,55%), impattando sullo spread Btp-bund che è sceso sotto i 110 punti base a dicembre, sui minimi a oltre tre anni (oggi viaggia sopra i 116 euro).
Chiuso il capitolo debito, c’è quello del Pnrr. Il quale potrà fungere da ulteriore attestato di merito agli occhi dei mercati. Anche in questo caso, la sfida c’è tutta. Il 2025, non è certo un mistero, sarà l’anno più importante per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza in Italia, con una previsione di 56 miliardi di euro stanziati, pari al 28,8% del totale delle risorse destinate alla Penisola. Se a questa cifra si aggiungono i 48,6 miliardi previsti per il 2026, il biennio finale concentra oltre 105 miliardi, rappresentando il 53,8% dell’intero Pnrr.
In mezzo a queste due partite, però, ci sono altre due variabili. Primo, la possibile, forse probabile, nuova stretta commerciale americana verso la Cina, non appena la seconda amministrazione Trump avrà cominciato a carburare. Secondo, il prezzo dell’energia in Europa, ora che l’Ucraina ha sbarrato la strada alle restanti forniture di gas russo. Il metano oggi rimane sempre intorno ai 50 euro al megawattora alla Borsa di Amsterdam. Un livello però talmente alto che ora, anche in Italia il ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin torna a chiedere un nuovo tetto europeo ai prezzi. Il 2025 dell’Italia si giocherà anche su questo terreno.
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