Raccolta differenziata, ricorso al Tar contro l’ordinanza

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Arriva il ricorso al Tar contro l’ultima, controversa ordinanza sulla raccolta differenziata dei rifiuti a Taranto. In ordine alfabetico, i ricorrenti sono tre associazioni, ovvero A.C.A.I., A.N.A.P.I. e A.R.CO, e quattro studi di professionisti del settore: avvocato Armando Amendolito, avvocato Danilo Corona, avvocato Davide Ligonzo e ragionier Aldo De PasqualeLa richiesta è quella dell’annullamento, previa sospensione, dell’ordinanza n. 72 del 17 ottobre 2024 in merito alla disciplina del “Potenziamento del servizio di Raccolta differenziata nei quartieri di San Vito, Lama, Talsano, Paolo VI, Tamburi, Lido  Azzurro. Avvio del servizio di raccolta differenziata nel quartiere Montegranaro – Salinella e Tre Carrare-Solito definizione della modalità di conferimento rifiuti”.

Nel ricorso presentato all’attenzione dei giudici del Tribunale amministrativo regionale l’avvocato Anna Chiara Vimborsati, che firma il ricorso, definisce l’ordinanza “contraddittoria e irragionevole per molteplici ragioni, che attengono alla scelta del criterio utilizzato per introdurre la diversità di disciplina tra condomini con meno di 12 e quelli con più di 12 utenze, i quali solo, invero, sono destinatari di carrellati (4) destinati ad essere ubicati in una zona privata di pertinenza dell’immobile ovvero, in mancanza di quest’ultima, in una zona pubblica, previa individuazione da parte dell’organo comunale competente, in deroga alle procedure di autorizzazione ordinarie. L’ordinanza, tuttavia – si legge nel ricorso – non contiene alcuno specifico criterio utile e idoneo a individuare in maniera oggettiva ed effettiva il numero delle utenze, anche tenuto conto del fatto che possono esserci (e ci sono) molti immobili non occupati alla data di entrata in vigore dell’Ordinanza odiernamente impugnata in circostanze conseguenti, per esempio, al decesso degli occupanti e/o proprietari e alla mancata accettazione del bene caduto in eredità da parte degli eredi legittimi, ovvero ancora occupanti del tutto abusivi”.

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Il nodo delle utenze

Si legge ancora nel ricorso notificato al Tar di Lecce: “la ‘conta’ delle famiglie e delle relative ‘utenze’ viene demandata allo stesso Condominio, ovvero al suo legale rappresentante, che tuttavia non è tenuto e comunque non sempre è in grado di conoscere lo stato dell’immobile facente parte dello stabile di cui è rappresentante, e neppure la sua destinazione e la composizione del nucleo familiare che vi abita, eventualmente.

Al massimo, invero, il criterio distintivo avrebbe potuto essere rappresentato dalle unità immobiliari, ma non anche dalle utenze relative alle famiglie, non essendo specificato nella premessa dell’atto amministrativo impugnato né cosa debba intendersi per utenza domestica (allacci di forniture domestiche come luce, gas e/o acqua) e neppure il concetto di famiglia, atteso che un’utenza, per ipotesi, potrebbe essere detenuta da una sola persona dimorante in una unità familiare senza che quest’ultima sia al tempo stesso parte di una famiglia, così come è possibile che in un’abitazione anagraficamente non rispondente alla residenza di alcun nucleo familiare vi risiedano una o più persone in ragione di contratti di comodato e/o accordi eventualmente non registrati e pertanto relativi a soggetti non anagrafabili”.

Un territorio diverso

Viene poi sottolineato che le zone oggetto dell’allargamento della differenziata “hanno una densità abitativa e soprattutto una composizione urbanistica completamente diversa da quella propria dei rioni di Talsano, Lama e San Vito, sicché il Comune non avrebbe potuto né dovuto limitarsi ad estendere la portata applicativa delle disposizioni già adottate in materia di raccolta differenziata negli altri rioni senza far precedere tale scelta, apparentemente vincolata ad una mera estensione applicative di disposizioni amministrative già in vigore in altri contesti dello stesso comune, da un’apposita e specifica valutazione delle caratteristiche strutturali e urbanistiche delle aree interessate e senza un’apposita operazione preliminare di anagrafe delle abitazioni e della composizione delle unità immobiliari ivi presenti”.

E ancora: l’ordinanza promulgata dal Comune, secondo i promotori del ricorso, “non contiene alcuna specifica indicazione circa la nozione di ‘spazio’ interno nel quale il Condominio è tenuto a riporre i carrellati comunque entro le ore 12 dopo averli posizionati all’esterno al fine di consentire la raccolta da parte del gestore del servizio di raccolta. Vi sono condomini, quali quelli di cui sono rappresentanti gli odierni ricorrenti, ovvero risiedono i ricorrenti, che non dispongono di spazi interni idonei al posizionamento di tre o quattro carrellati dalle ore 12 del giorno e sino al giorno dopo. Tanto più che un solo carrellato al giorno deve essere riposto all’esterno per essere poi fatto rientrare e posizionato nella medesima area interna”.

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Il ruolo dell’amministratore ed il caso-privacy

Vengono contestate anche alcune delle responsabilità che finiscono in capo agli amministratori: “Con l’ordinanza impugnata l’amministratore di condominio viene in ogni caso gravato di responsabilità oggettive da custodia personalmente per la condotta dei singoli condomini-utenti, laddove invece unico responsabile per legge statuale è quest’ultimo, atteso che in più parti dell’ordinanza i soggetti destinatari delle disposizioni e dei relativi obblighi sono gli utenti, essendo il mero amministratore di condominio (come, a ben vedere, lo stesso ente di gestione condominiale) estraneo al rapporto di smaltimento rifiuti corrente tra il cittadino singolo e l’amministrazione comunale, rimanendo l’amministratore quindi al riguardo ad ogni modo carente di legittimazione passiva rispetto alla portata applicativa delle presenti disposizioni dell’impugnata ordinanza del Sindaco del Comune di Taranto.

Oltre alla mera responsabilità da custodia dei mastelli/bidoni, inoltre, si delega all’amministratore di condominio la responsabilità per la condotta dei condomini, il che pare veramente assurdo. In ordine alle disposizioni comuni alle utenze domestiche e non domestiche si evidenzia come sia del tutto illegittimo la normativa che, in caso di grave violazione delle tipologie di rifiuti inseriti nei contenitori/mastelli, la sanzione verrà erogata direttamente all’amministratore di condominio qualora vi sono immobili con più di 5 utenze (…) la responsabilità dell’amministratore è tanto più illogica ove si consideri che lo stesso non ha alcun potere di controllare il contenuto di quanto conferito dai propri clienti senza uno specifico incarico al riguardo, di certo dovendosi ritenere una violazione della privacy il controllo non autorizzato delle buste dei singoli, dal cui contenuto si può perfettamente risalire a dati personali e sensibili dei singoli, in contrasto con le normative superiori, potendo solo gli agenti della polizia municipale, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, dipendenti delle aziende municipalizzate fare detti controlli e per l’effetto comminare le sanzioni. Controllare il contenuto dei sacchi dell’immondizia dei condomini rappresenta una grave violazione della normativa sulla privacy”.





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