Ci sarebbero due nuovi indagati nell’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana, ucciso il 6 gennaio 1980 a Palermo. A scriverne il quotidiano la Repubblica, a ridosso del 45esimo anniversario del delitto che pose fine alla stagione della Regione dalle «carte in regola».
Si tratterebbe di persone legate alla mafia accusate di essere tra i killer del leader politico democristiano, allievo di Aldo Moro, fratello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il primo a soccorrerlo in quella drammatica mattina dell’Epifania.
Per l’omicidio sono stati condannati definitivamente i mandanti, i boss della Cupola di Cosa nostra, mentre erano stati prosciolti i terroristi neri Valerio “Giusva” Fioravanti e Gilberto Cavallini, indicati inizialmente come esecutori. Se la pista nera non decollò, resta lo scenario di cui parlò Giovanni Falcone quando manifestò la convinzione che il delitto avvenne nell’ambito di «un coacervo di convergenze di interessi di grandi dimensioni». La procura di Palermo avrebbe adesso raccolto nuove rivelazioni e riscontri che potrebbero condurre a un nuovo processo.
Miceli: “Piersanti Mattarella ucciso per fermare intesa Dc-Pci”
«L’omicidio del Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella? Fonti, prove e verifiche ci dicono che fu un delitto politico maturato dentro un quadro generale di attacco agli equilibri politico-istituzionali del paese. Come Matteotti, come Moro, come la strage di Portella della Ginestra, come Falcone e Borsellino. Come La Torre e Reina, secondo quanto disse Giovanni Falcone alla Commissione antimafia».
Ad affermarlo è Emilio Miceli, presidente del Centro studi Pio La Torre, nel suo intervento sul sito dello stesso Centro, ricordando che questi delitti e queste stragi obbediscono a logiche diverse, a diverse condizioni storiche e politiche del paese.
«Il dato certo – scrive Miceli – è che l’Italia, non la Germania o la Francia piuttosto che la Spagna, è l’unico paese europeo a essere stato accompagnato da una lunga scia di stragi, fin dalla liberazione dal nazi-fascismo. Piersanti Mattarella fu il presidente della Regione che più di tutti sostenne e incoraggiò il percorso di avvicinamento tra Dc e Pci avviato da Moro per sbloccare fino in fondo il processo democratico del paese. Moro, che viene ucciso dalle Br per intimidire la Dc e bloccare il percorso segnato di alleanza, seppur progressiva, con il Pci. Anche Mattarella, eletto Presidente proprio nei giorni terribili tra via Fani e via Caetani, verrà ucciso per la sua volontà di proseguire nella politica di intesa con il Pci».
«Se pensiamo a quella Sicilia che anticipò i processi politici nazionali, sfidò a viso aperto la mafia e il sistema di potere che ruotava attorno alla Regione e al sistema pubblico in generale – conclude il presidente del Centro Studi Pio La Torre – non v’è dubbio che è forte il rimpianto per una classe dirigente che non c’è più, di cui Piersanti Mattarella fu ideatore e protagonista. Quella mattina del 6 gennaio 1980 colpirono un uomo e la speranza per una nuova idea di Sicilia che quell’uomo aveva rappresentato».
Antoniozzi (FdI): Piersanti Mattarella merita giustizia
«Dopo 45 anni ritorna la speranza che Piersanti Mattarella possa avere giustizia. Fu ucciso dalla mafia perchè stava rigenerando il sistema politico siciliano. Fu ucciso da innocente e martire e la notizia di un possibile coinvolgimento di alcuni indagati ci induce a sperare che gli esecutori di quel delitto siano perseguiti». Lo scrive sui social il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi. «Anche nella tristezza del dolore – aggiunge – riappare la luce della speranza e ciò avviene quando un altro Mattarella, altro grandissimo esempio di moralità , guida la nazione, come un simbolico segno di riscatto per tutti».
“Il delitto perfetto”, un docufilm su Piersanti Mattarella
Quarantacinque anni dopo, l’uccisione di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana e fratello del capo dello Stato, è un caso non ancora chiuso. Lo riapre, proprio nell’anniversario dell’agguato, un docufilm di Giorgia Furlan (“Magma. Mattarella, il delitto perfetto“), un’indagine incalzante su quello che viene descritto come il delitto più grave dopo quello di Aldo Moro. Mattarella era un suo pupillo e un suo erede: in Sicilia ne aveva ripreso la linea di un rinnovamento della vita politica e di convinte aperture verso il Pci.
Il docufilm – prodotto da Mauro Parissone per 42° Parallelo, Antonio Campo dell’Orto e Ferruccio De Bortoli – verrà presentato a Roma con un’anteprima nazionale il 9 gennaio 2025 (cinema Moderno) e a Bologna con una proiezione speciale (cinema Modernissimo).
Attorno al caso Mattarella vengono ricomposte le linee di un progetto politico che, già con Moro, aveva messo in discussione gli equilibri della guerra fredda. E in più era stato creato un governo con le «carte in regola» che aveva alzato il velo sul sistema siciliano delle connivenze e della convergenza di interessi tra mafia, poteri occulti e politica. Lo stesso Mattarella era consapevole dei rischi ai quali andava incontro, come confidò alla responsabile della sua segreteria, Maria Trizzino, dopo un colloquio riservato con il ministro Virginio Rognoni.
Di quella esperienza arrivano fino a noi tante lezioni morali e le immagini delle relazioni politiche di Piersanti Mattarella, ma anche gli scatti drammatici di Letizia Battaglia che per caso si ritrovò a riprendere l’attuale capo dello Stato mentre cercava di soccorrere il fratello appena colpito sotto casa.
L’inchiesta ha accertato solo la responsabilità dei boss della cupola mafiosa. E ha escluso che a sparare contro il presidente della Regione sia stato il terrorista nero Giusva Fioravanti, l’uomo dallo «sguardo di ghiaccio» descritto dalla moglie di Mattarella a sua volta coinvolta nell’agguato. Uno scenario complesso che il docufilm ricostruisce e rilegge attraverso varie testimonianze come quelle del giornalista Attilio Bolzoni, del sociologo Pino Arlacchi, degli ex presidenti della commissione antimafia, Rosy Bindi e Luciano Violante.
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