La gestione sostenibile dell’acqua sarà cruciale per affrontare la crisi climatica, ridurre l’impatto delle attività umane e garantire sicurezza alimentare ed energetica. Intervista ad Alec Ross, professore alla Business School dell’Università di Bologna e alla Columbia University, già consigliere del dipartimento di Stato Usa per l’Innovazione.
L’acqua è il protagonista dimenticato della transizione ecologica. La risorsa idrica sale alla ribalta delle cronache solo quando la siccità torna a devastare territori ed economie. Ma l’importanza dell’acqua in molteplici settori dovrebbe spingere i leader europei a definire politiche lungimiranti, con investimenti mirati in tecnologie e infrastrutture strategiche. In particolare, il filo rosso che unisce salvaguardia delle risorse idriche e competitività industriale è l’intelligenza artificiale (IA), una delle innovazioni più prorompenti di questo secolo. Già oggi l’IA sta giocando un ruolo centrale nella gestione delle risorse idriche. Tuttavia, l’Unione europea e l’Italia sembrano in ritardo anche su questo campo rispetto ai campioni del Tech Cina e Stati Uniti, a causa di “una cultura dominata dal catastrofismo”, come la definisce Alec Ross, professore alla Business School dell’Università di Bologna, esperto di tecnologia e membro del consiglio di amministrazione di aziende attive in diversi settori.
Ross ha anche ricoperto la carica di consigliere del dipartimento di Stato per l’Innovazione con Hillary Clinton e ha guidato la politica tecnologica per la campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008. Con lui discuteremo del ruolo dimenticato della risorsa idrica nella transizione ecologica e delle innovazioni che giocheranno un ruolo centrale nel colmare il divario di competitività tra Usa e Ue. Obiettivo che può vedere le imprese italiane protagoniste, poiché hanno tutte le carte in regola per competere a livello globale e sfruttare i benefici di una gestione più efficiente della risorsa idrica. Inoltre, abbiamo alle spalle una storia di “maestri, non schiavi dell’acqua”, come ricorda Ross.
Spesso si tende a parlare di acqua solo quando manca, ma nel dibattito pubblico si parla poco dell’importanza della risorsa idrica. Quale ruolo avrà nella transizione ecologica?
L’acqua avrà un ruolo centrale nella transizione ecologica, perché è indispensabile per agricoltura, industria ed energia. La gestione sostenibile delle risorse idriche sarà cruciale per affrontare la crisi climatica, ridurre l’impatto ambientale delle attività umane e garantire la sicurezza alimentare ed energetica. Investire in infrastrutture idriche, ridurre gli sprechi e promuovere l’efficienza saranno le priorità nella transizione ecologica.
Quali sono le tecnologie emergenti più promettenti per gestire meglio l’acqua?
L’intelligenza artificiale e l’Internet of Things stanno giocando un ruolo importante nel monitoraggio e nella gestione delle risorse idriche. Ho scritto molto a proposito dell’utilizzo dei Big Data nell’ambito agricolo. L’irrigazione di precisione, unita all’AI, utilizza sensori e dati per ottimizzare l’uso dell’acqua in agricoltura. Tra le tecnologie più promettenti ci sono anche i sistemi di desalinizzazione avanzata, che permettono di trasformare l’acqua salata in potabile con minori consumi energetici. Per non parlare poi del trattamento delle acque reflue con tecnologie come la purificazione a membrana o i biofiltri, due campi in espansione oggi. In Italia viviamo circondati dall’acqua, abbiamo una storia di maestri dell’acqua. Abbiamo tutte le potenzialità per essere protagonisti a livello globale con le nostre aziende.
Quali benefici potrebbe portare l’intelligenza artificiale per le aziende italiane?
Negli ultimi 25 anni l’Italia si è indebolita rispetto ad altri Paesi per quanto riguarda il costo della manodopera. L’Italia non potrà mai essere più competitiva dei concorrenti dal punto di vista del basso costo del lavoro. Il vantaggio dell’intelligenza artificiale è che con essa la competizione si sposta sulla conoscenza. Questo dà un vantaggio importante all’Europa, dopo che negli ultimi 25 anni sono andati persi moltissimi posti di lavoro. Infatti, l’IA consente di svolgere lavori da remoto, ad esempio la produzione, la manutenzione predittiva, la gestione. Nel bene e nel male l’intelligenza artificiale dà un vantaggio ai Paesi più sviluppati. L’uso di questa tecnologia permette grandi passi avanti nei settori industriali e aiuta ad essere più efficienti e ridurre lo spreco. Questo è uno degli esempi di attività in linea con gli ESG. È un’innovazione trasversale che dà muscoli bionici alle imprese. Per questo, avrà effetti positivi su diversi settori come i trasporti, manifattura avanzata, packaging. Inoltre, con l’agricoltura di precisione e l’IA possiamo essere molto più precisi con l’irrigazione. Varie aziende italiane hanno deciso di utilizzare l’IA in modo abbastanza aggressivo. L’idea di fondo è: giochiamo in attacco e invece di essere colonizzati da altri Paesi come Stati Uniti e Cina diventiamo noi i protagonisti.
A che punto siamo in Italia dal punto di vista dell’adozione di tecnologie basate sull’IA? Come accelerare questa tendenza e valorizzare il genio italiano?
Il dialogo pubblico sul tema dell’intelligenza artificiale è dominato dai catastrofisti, che molto spesso non sono esperti. La maggior parte sono burocrati, avvocati, religiosi, persone che vogliono controllo, norme. Siamo un po’ in ritardo a causa di questa cultura dominata dal catastrofismo. Il 90 per cento delle conferenze sul tema dell’IA sono incentrate sull’etica. Spesso si pensa troppo all’intelligenza artificiale come large language model (modelli linguistici di grandi dimensioni, modelli di deep learning di volume considerevole che comprendono le relazioni tra parole e frasi), invece di soffermarsi sull’aspetto molto più rilevante in Italia: l’uso industriale. Non esiste un’etica della manutenzione predittiva. Non esiste un’etica della gestione di linee di produzione. Non ha senso elevare l’IA a un livello spirituale. Purtroppo, però, la narrativa è dominata da vari professori e burocrati che non comprendono bene l’intelligenza artificiale.
Gli investimenti sono un tema centrale. Nel 2024 si stimano 130 miliardi di dollari di investimenti nell’IA: 100 vengono da Cina e Stati Uniti, i restanti 30 vengono dagli altri Paesi. L’Europa perde tempo con le norme, come l’AI Act, una soluzione per un problema che non esiste. L’economia europea non sembra navigare in acque tranquille, dove trovare le risorse economiche?
La prima risposta è non fare più leggi stupide. Infatti, non si può investire dove c’è una regolamentazione senza senso. L’AI Act è già un fallimento. Ci sono diverse tipologie di ricerca scientifica che sono vietate in Italia e in tutta l’Unione europea a causa di questa norma, ad esempio quella sul cancro. Queste conseguenze impreviste si verificano quando sono burocrati e politici a scrivere le leggi. La prima condizione necessaria affinché l’Europa sia più attrattiva per gli investitori è non avere una regolamentazione esagerata. La sfida della tecnologia è come una partita con due squadre in campo: una cinese e una americana. L’Europa, invece, ha deciso di fare il ruolo dell’arbitro, ma non c’è un trofeo per l’arbitro. Mario Draghi è molto più diplomatico di me, ma nel suo rapporto dice la stessa cosa. Giorgia Meloni, nonostante le nostre differenti filosofie politiche, mi ha citato dal palco a Cernobbio quando ha detto: “America innovates, China replicates, Europe regulates”, l’America innova, la Cina copia, l’Europa fa leggi.
Negli ultimi mesi report scettici sugli effettivi benefici della tecnologia e il ribasso in borsa hanno fatto sì che nei mercati finanziari si iniziasse a parlare di una bolla dell’intelligenza artificiale. Pensa che sia un rischio reale? E se sì, quando potrebbe esplodere?
Il rischio è zero. Poiché, anche se scoppiasse una bolla, nessuno perderà un euro. In ottica futura, invece di parlare di bolla, sarebbe più corretto parlare di investimenti a lungo termine. Se ci sono investitori che vogliono investire decine di miliardi di dollari in questa tecnologia va benissimo. È un bene perché aiuta ad accelerare la ricerca delle applicazioni. Le vicissitudini nella borsa hanno un impatto solo nel breve termine, non sono rilevanti a lungo. Sicuramente ci sarà una certa volatilità, ma se non hai un hedge fund (fondo speculativo) non sarà danneggiato in alcun modo. Ma è anche bene avere investitori che accettano un certo livello di rischio, perché i loro fondi portano ai più grandi progressi. Il primo vaccino Moderna fu creato 48 ore dopo aver studiato il codice genetico e lo hanno inviato via email. Cinque anni prima non sarebbe stato possibile farcela in 48 mesi, perché non avevamo abbastanza capacità per processare i dati. È a tutti gli effetti un sottoprodotto di decenni di investimenti nei Big Data. Due anni prima dello scoppio del Covid-19 qualcuno avrebbe potuto parlare di una bolla negli investimenti in questo settore, visto il grande livello di fondi immessi sul mercato. Abbiamo fatto progressi dal punto di vista accademico grazie a questi fondi.
Arriviamo a un tema controverso, gli ESG. Concentriamoci per un attimo su quello che sta succedendo negli Stati Uniti. Dopo il Texas, anche altri Stati americani stanno proponendo misure restrittive sugli investimenti green. Quale effetto potrebbe avere un’estensione delle restrizioni?
I parametri Environmental Social and Governance si basano su valori giusti, ma la strumentalizzazione di diversi programmi è fatta in modo sbagliato. Dobbiamo studiare cosa è andato bene e cosa no e trarne insegnamento. ESG deve essere, secondo me, non una strategia ma una vera e propria mentalità, una visione.
(Intervista pubblicata sulla rivista Start Magazine)
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