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Tra le molte ricorrenti novità che ogni Capodanno porta alle pareti delle cucine c’è il cambio del calendario. E il frate più appeso d’Italia è Frate Indovino. Sorridente, bonario e ammiccante – con il disegno del tema di anno in anno trattato – il volto di un Cappuccino, in rigorosa barba bianca d’ordinanza, augura il francescano “Pace e bene”. Un’icona di serenità e letizia, forse dovuta al grande maestro della matita, Severino Baraldi che con un altro artista delle caricature, Alberto Fremura, pittore, scrittore e umorista satirico, hanno firmato numeri da collezione del famoso taccuino.

Lavorare con Frate Indovino alla nascita del popolare Calendario era ed è sempre stata un’avventura intrigante. L’ho fatto anch’io per anni: dapprima con l’ideatore, Padre Mariangelo da Cerqueto, un personaggio da antologia, che chiuse la sua esperienza con il numero del 2003. Poi fu Padre Mario Collarini a raccogliere il testimone nella staffetta con il padre e pioniere, curandolo fino al 2020. Dotato a sua volta di un sicuro carisma, Padre Mario possiede un altro stile e un altro approccio: paziente studioso e attento ricercatore di pillole di saggezza, di perle preziose da offrire ai lettori. Una vita la sua fra le pareti del convento di Gualdo Tadino, di cui è stato per molti anni anche Guardiano.
Premessa doverosa: il Calendario di Frate Indovino viene messo in cantiere un anno prima dell’uscita, per poter essere confezionato nei contenuti, affidato al disegnatore e finalmente mandato in stampa.

A Perugia, Assisi, Castel Rigone, Gualdo Tadino, non so quante volte ho indagato il volto dei due Frati Indovini, perché questo è il mestiere di un giornalista: che deve viaggiare attorno a una persona per raccontarla. Indugiavo nell’osservarli, questi traghettatori degli anni e negli anni, ostinati seminatori di virtù, tutt’e tre insieme, fede speranza e carità, le più coltivate da sempre nell’orto di carta dei mesi. In comune, Padre Mariangelo e Padre Mario avevano una convergenza: trasmettere con le previsioni meteo la poesia del bene, il profumo dei valori, lo stupore delle piccole cose che ci vengono – attualissime ognora – dal “Cantico delle creature”. In tandem hanno indicato le strade verso la gioia vera, la serenità, insomma la letizia francescana.

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Molti provinciali e un solo indovino

Il primo abbozzo di ritratto è per Padre Mariangelo da Cerqueto. Lui era il termometro dell’anno, era tutte le stagioni. Era il riassunto del suo Calendario. Stava bene con tutti, a suo agio, perché era spontaneo, naturale. Aveva il candore e la semplicità dei bambini, la capacità di stupirsi, ma era soprattutto un uomo di Dio, un uomo che cercava Dio, lo testimoniava e viveva di Dio.
Papa Wojtyla una volta, nell’incontro che ogni anno aveva in Vaticano per la presentazione del Calendario fresco di stampa, salutando i Cappuccini, uscì con questo saluto: “Voi avete molti Provinciali, ma un solo Frate Indovino”. Quel Calendario da lui inventato, partito dal nulla, è arrivato dappertutto, portando una ventata di italianità nelle case di molti emigranti, tanto da diventare un simbolo del nostro Paese, inserito non a caso tra i marchi come la Nutella, la Vespa, i Baci Perugina, le figurine Panini.
Vale la pena di annotare che partito con 2 mila copie nel 1945, il Calendario aveva raggiunto con Padre Mariangelo – edizione del mezzo secolo nel 1995 – una tiratura di oltre 6 milioni di copie: forse uno degli ultimi simboli della civiltà contadina. Il frate aveva “inventato” genialmente il suo taccuino, indirizzato soprattutto al popolo degli agricoltori, sulla base di un intreccio di dati statistici, fasi lunari, macchie solari, studiando su testi del XVII secolo, interpretando il cielo, le nuvole, il vento. A prevedere il tempo nel 1957 era subentrato ormai Edmondo Bernacca, padre dei meteorologi della modernità, accattivante uomo di un altro tempo che ora arrivava dagli schermi della TV.

I legami con Bergamo e la storica intervista con don Andrea Spada

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Ci fu un particolare legame di Padre Mariangelo con Bergamo: il Cappuccino era amico dello storico direttore de “L’Eco di Bergamo”, don Andrea Spada. E proprio Spada fece con Padre Mariangelo, nella cornice di monti di Schilpario, una delle interviste alle quali rimase affezionato, titolando significativamente che Frate Indovino svelava le carte del suo Calendario. Non era facile stanare Frate Indovino dal suo rifugio segreto a Castel Rigone: a Spada riuscì di farlo salire fino in Val di Scalve per una vacanza estiva.
C’è però anche un altro motivo che univa il famoso Calendario: questo per anni fu stampato al Nuovo Istituto di arti grafiche SpA (negli ultimi anni facente parte del Gruppo Arvato poi passato in mano di una azienda germanica). Chi lo conobbe e lavorò con il frate – il bergamasco Roberto Ghitti, che fece a lungo da ponte di collegamento tra Bergamo e Perugia – ricorda molto bene quanto fosse preciso, puntuale, esigente Frate Indovino. Per lui non esistevano scuse o giustificazioni a sforare nelle date. Ammetteva solo che si arrivasse in anticipo. Purché senza errori, perché era più minuzioso di un certosino. E pure impaziente.

Quel giorno sul terrazzo di Castel Rigone…

In una lunga intervista di avvicinamento all’uomo che sapeva presagire il futuro, arrivammo un giorno anche al “come” della sua arte. Mariangelo cominciò a ripercorrere la sua epica impresa, partendo dalla sua amicizia con un altro Cappuccino che riusciva a leggere nelle anime, Padre Pio da Pietrelcina, oggi Santo, per arrivare dritti al cuore della questione. Ci si addentrava nel percorso segreto della sua esplorazione in largo anticipo del tempo in divenire. Era un giorno che rimarrà indimenticabile, sulla terrazza di Castel Rigone, con vista sul Trasimeno, mentre il fotoreporter di Clusone, Jo Locatelli scattava ritratti da copertina. Anche la meteo sembrò allearsi all’improvviso con il suo scrutatore, antesignano degli anni: nuvoloni densi, scuri, con rasoiate di qualche raggio che filtravano, rincorrendosi per il cielo. Uno scenario da apprensione. Quasi un quadro fosco di William Turner. Giunti a un certo punto della conversazione, subentrò l’inquietudine che Mariangelo potesse spingersi in là come l’indovino che mise in guardia – e bloccò – Tiziano Terzani dal salire su aerei per un anno. Si leggeva sul volto del frate, che s’era fatto corrucciato, tutta la fatica del profetare. Tornò il sereno nella natura attorno e anche nello sguardo di nuovo mite del religioso. Di certo, nella biografia e sui calendari del Cappuccino che aveva il suo studio affollato di figure angeliche, ci sono molte – chiamiamole così, per non disturbar nessuno – anticipazioni dell’avvenire che sarebbe stato, alcune non propriamente allegre, in netto contrasto con lo spirito di Padre Mariangelo, che era allegro, rasserenante, positivo e più incline all’ottimismo che allo scoramento. Basterà ricordare che si prefiggeva come missione di far riflettere con il sorriso (“Vedo, prevedo, travedo” era il titolo di una sua rubrichetta che scandiva i mesi, tra le più lette della sua bisaccia di consigli sperimentati).

La sibillina (o profetica) massima del 15 novembre 2002

Tra i molti eventi che P. Mariangelo aveva saputo prevedere, alcuni hanno colto anche il presagio della sua morte nella frase associata al giorno della “nascita al cielo”, sinonimo della vita che continua in un’altra dimensione. Tra i più illustri figura il fine scrittore Sandro Veronesi. Questa la massima di quel 15 novembre 2002: “Può far molto l’avvocato, ma non cancellarti il peccato”. Molte le interpretazioni, una cosa è certa e Veronesi la evidenzia: Frate Indovino costrinse tutti a meditare.
La lettura più appropriata e convincente, l’ha fatta però Frate Sole da Voghera, per il quale “l’Avvocato con la maiuscola, per i cristiani, non è quello che stava a Torino (e anche “fiat” in questa prospettiva vuol dire qualcos’altro). L’Avvocato, il Paraclito – oggi si preferisce tradurre “il Consolatore” –, cioè lo Spirito Santo, li cancella, i peccati, eccome. Specialmente (se ne hanno) agli “operatori di pace”: i quali sono individuati in coloro che dispensano sorridenti consigli di pazienza in famiglia e armonia con la natura”.
Chissà come Padre Mariangelo da Cerqueto vedrà da Lassù, dove ora si trova, il sole, la luna, il vento, la pioggia, i cicloni e gli anticicloni delle Azzorre, i cambiamenti climatici. L’interrogativo resta forzatamente aperto. È data solo licenza di immaginazione e forse è quello che Frate Indovino voleva con la sua sibillina massima.

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