La svolta Palasport contro i pregiudizi

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Dovrebbe essere l’anno buono, per il nuovo palasport al Centro direzionale. Entro l’estate è previsto l’avvio dei bandi di gara per le procedure di assegnazione dell’appalto dei lavori e, per la fine del 2026, la struttura polifunzionale, che il sindaco Gaetano Manfredi ha proposto di intitolare a Pino Daniele, potrebbe diventare una realtà. Un traguardo tutto napoletano, che parte da lontano. La dimostrazione che anche in questa città, smentendo pregiudizi e luoghi comuni, si possono realizzare idee futuristiche, unendo la creatività partenopea alla concretezza di imprenditori avveduti.

Un progetto non improvvisato, partito da lontano nove anni fa, quando un gruppo di cinque amici, tutti napoletani, si confrontarono, nei loro viaggi di arricchimento lavorativo, con un personaggio come Brian Kabatznick, allora responsabile in Europa di una grande azienda leader mondiale nella progettazione di impianti polifunzionali utilizzati, insieme, per manifestazioni sportive, tempo libero, spettacolo. Cinque amici: Marco Sorrentino e Luigi Tasca (consulenti di progetti economico-finanziari legati a grande distribuzione, sport e intrattenimento), l’architetto Giovanni Morra, l’amministrativista Giovanbattista Iazzeolla, il commercialista Serafino Lucarelli.

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Era il 2016 e l’anno dopo le loro idee, sfruttando le norme sugli impianti sportivi, si sposarono con la lungimiranza dei due imprenditori patron del Napoli basket: i fratelli Federico e Vito Grassi. Allora pensavano di rifare da zero il palasport “Mario Argento” a Fuorigrotta, che cadeva a pezzi. L’idea era abbattere il vecchio, per ricostruire, con obiettivi e funzioni ampliate, un nuovo palazzetto. Ostacoli burocratici e più difficoltà, non ultima la pandemia, fecero arenare l’idea.

Ma il progetto era buono, si inseriva nel moderno utilizzo polifunzionale dei palazzetti in Europa e negli Stati Uniti: sport, concerti musicali, spettacoli, attività commerciali dalla ristorazione ad altri settori, merchandising. E entrò in campo un altro illuminato imprenditore, l’unico non napoletano ma originario di Sala Consilina: Pasquale Aumenta che, nel 1986, aveva creato con altri soci la Italstage, specializzata nella realizzazione di strutture mobili per spettacoli e grandi concerti. Fu lui a bussare alla porta dei cinque amici napoletani, che già conosceva e aveva apprezzato, che avevano accantonato il progetto del palasport nuovo a Fuorigrotta. Fu lui a proporre di riprendere quel progetto, aggiornandolo e spostandolo nella parte opposta della città, da ovest a est dove l’area dismessa del mercato ortofrutticolo offriva una nuova opportunità. Era l’idea attualizzata del progetto “Arenapoli”, che sposava la filosofia della rigenerazione urbana prevedendo un’area di 40mila metri quadri di parco pubblico, un impianto da 14mila spettatori, servizi, attività commerciali. Un ripensamento del quartiere Luzzatti-Gianturco, ora meglio collegato al resto della città con la tangenziale e la nuova stazione di prossima apertura della linea 1 della Metropolitana. 

Il gruppo proponente, tutto di privati, era ormai composto da otto persone, in cui i costi del progetto, stimati in 54 milioni di euro, venivano sostenuti dai fratelli Grassi e dalla Italstage di Pasquale Aumenta. Ma niente poteva andare avanti senza l’entusiasmo dell’amministrazione comunale proprietaria dell’area dell’ex mercato ortofrutticolo. Alle chiacchiere sono seguiti i fatti e la concretezza, partendo dal progetto urbanistico-architettonico fino all’indicazione del piano finanziario privato, e la disponibilità del sindaco Gaetano Manfredi è diventata piena. L’amministrazione comunale ha sposato il progetto, che può diventare uno dei fiori all’occhiello della città e del suo governo. Il protocollo d’intesa è stato firmato nel giugno 2024, il mese scorso la Conferenza dei servizi ha confermato l’interesse pubblico. L’iter amministrativo delle autorizzazioni è arrivato così alla fase conclusiva e, per l’estate, dovrebbero partire le procedure d’aggiudicazione dell’appalto di costruzione. Il Napoli basket avrà il suo palasport con produzione energetica naturale e autosufficiente, la città avrà un parco pubblico nell’area orientale con servizi e attività commerciali. Ma il palasport può diventare anche il nuovo tempio della musica a Napoli, per concerti e manifestazioni di spettacolo in grado di ampliare nell’area metropolitana l’offerta di questo tipo di strutture, per decongestionare altre zone cittadine. Un aspetto che rappresenta il vero core business di tutta l’idea.
Questa bella favola reale, ripercorsa in breve, conferma che a Napoli, se si mettono insieme volontà, capacità e progetti concreti, oltre le chiacchiere le cose si possono realizzare. Questo cambio di paradigma cittadino è espressione di sinergie locali, sintonie tra privati e amministrazione comunale. Un entusiasmo che gli ideatori di nove anni fa sintetizzano nelle loro parole, parlando di «voglia di cambiamento dei napoletani, nuova percezione e fiducia della città, che genera attività e iniziative». Arenapoli o, come davvero ci piacerebbe di più, il “Pino Daniele” potrà diventarne dimostrazione concreta e palpabile. Alla faccia dei pregiudizi e dei luoghi comuni.
 





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