In tema di sanzioni amministrative l’istituto della prescrizione è espressamente disciplinato dall’art. 28 della Legge 24 novembre 1981, n. 689, che prevede “Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione. L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.”
Il legislatore ha dunque individuato un termine quinquennale di prescrizione con decorrenza dal giorno della commessa violazione. Da un’attenta lettura del dettato normativo si può notare come, invece, non sia stato individuato con precisione un termine per la conclusione del procedimento amministrativo, destando non poche perplessità sia a livello dottrinale che giurisprudenziale.
Anche con riguardo alle sanzioni amministrative trova applicazione l’art. 2934 c.c., rubricato “Estinzione dei diritti”, che prevede “Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge”.
L’art. 28 della legge 689/1981 rimanda al codice civile per la disciplina degli atti interruttivi del corso della prescrizione. Nel dettaglio, gli articoli che rilevano in materia sono il 2943 “Interruzione da parte del titolare” e il 2945 “Effetti e durata dell’interruzione”.
Il primo, in particolare, stabilisce che “la prescrizione è…interrotta da ogni…atto che valga a costituire in mora il debitore” (comma 4).
Pertanto, assumono rilievo ai fini dell’interruzione della prescrizione sia la notificazione del verbale di accertamento e contestazione di illecito amministrativo che l’eventuale e successiva notificazione dell’ordinanza-ingiunzione di pagamento.
Al di là dei vari orientamenti giurisprudenziali succedutesi nel tempo, è ormai pacifico che tanto la notifica del verbale che quella dell’ordinanza comportino – in quanto atti interruttivi – che il suddetto termine quinquennale cominci a decorrere ex novo.
La stessa Corte di Cassazione ha rilevato come l’efficacia interruttiva della prescrizione trovi fondamento unicamente negli atti tipici del procedimento sanzionatorio, da individuarsi in qualsiasi atto procedimentale per l’accertamento della violazione e per l’irrogazione della sanzione e, quindi, non soltanto in quegli atti della sequenza procedimentale specificamente contenenti la “intimazione ad adempiere” (cfr. Cass. civ., Sez. II, n. 28238/2008; Cass. civ., Sez. V, n. 14886/2016; Cass. civ., sez. II, ord. n. 787/2022).
Sempre la giurisprudenza ha altresì precisato che detti atti, affinché possano effettivamente assumere rilievo ai fini dell’interruzione della prescrizione, debbono essere necessariamente notificati e non solamente adottati.
In altri termini, l’atto per essere interruttivo deve essere recettizio, ossia per poter dispiegare la propria efficacia (interruttiva) deve essere portato a conoscenza del destinatario (cfr. Corte di Cassazione, n. 8941/2010).
Ne discende che non costituiscono eventi interruttivi della prescrizione né l’iscrizione a ruolo del credito né la consegna dello stesso all’ente deputato alla riscossione, che in quanto tali rimangono confinati nell’ambito dell’attività interna della Pubblica Amministrazione interessata.
Per quanto concerne i requisiti dell’atto interruttivo, esso deve recare, in primo luogo, l’indicazione precisa del soggetto obbligato (c.d. elemento soggettivo) ed, inoltre, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, da cui possa pertanto evincersi la volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto di costituirlo in mora (elemento oggettivo).
Tale ultimo requisito non è soggetto a particolare rigore formale, atteso che si ritiene sufficiente che il creditore manifesti – in maniera chiara – con un qualsiasi atto scritto diretto al soggetto debitore e necessariamente portato a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto.
Da ultimo, come accennato in apertura, giova ribadire che la Legge n. 689/1981 non ha individuato un termine di conclusione del procedimento sanzionatorio.
Sul tema, è intervenuta, in primo luogo, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 9591 del 2006 e, successivamente, la Corte costituzionale con la sentenza n. 151 del 2021, rilevando che l’assenza, a livello di disciplina generale sulle sanzioni amministrative, di un termine di conclusione del procedimento, non deve essere integrata dalla legge generale sul procedimento (ossia la Legge n. 241 del 1990), essendo espressione della volontà del legislatore di non prevedere alcun termine di conclusione. Pertanto, il termine massimo per l’adozione dell’ordinanza-ingiunzione coincide con quello quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 28 della stessa Legge n. 689/1981, decorrente dal giorno in cui la violazione è stata commessa.
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