La relazione tra crescita economica e salute mentale rappresenta un tema di grande rilevanza, che coinvolge aspetti economici, sociali e psicologici. Sebbene una maggiore prosperità economica possa offrire opportunità significative per il miglioramento del benessere, i suoi effetti non sono sempre positivi. Un’economia in crescita può migliorare le condizioni di vita, aumentare il reddito disponibile e favorire l’accesso a servizi essenziali come l’istruzione e la sanità. Questi fattori contribuiscono a ridurre il livello di stress, migliorando il benessere mentale della popolazione. Inoltre, con risorse economiche più ampie, i governi possono investire nei servizi di salute mentale, potenziando la prevenzione e il trattamento dei disturbi psicologici. Un esempio è rappresentato dagli investimenti in programmi di supporto psicologico nelle scuole e nei luoghi di lavoro, che possono contribuire a creare ambienti più sani e inclusivi. Questi interventi non solo migliorano la qualità della vita delle persone, ma hanno anche un impatto positivo sulla produttività e sulla coesione sociale.
Tuttavia, sempre più studi ci dicono che la crescita economica non è priva di rischi. Un ritmo accelerato di crescita economica può per esempio comportare un aumento dello stress lavorativo, con pressioni crescenti per raggiungere obiettivi ambiziosi. Questo fenomeno è spesso associato al “burnout“, una condizione di esaurimento emotivo che colpisce milioni di lavoratori in tutto il mondo.
Le disuguaglianze economiche rappresentano un ulteriore fattore critico. Anche in presenza di crescita, una distribuzione iniqua delle risorse può alimentare sentimenti di esclusione sociale, ansia e depressione, specialmente tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Inoltre, l’urbanizzazione rapida, spesso legata alla crescita economica, può generare ambienti alienanti e stressanti, aumentando il rischio di problemi di salute mentale.
Se la crescita economica pone dunque delle sfide, le fasi di recessione o instabilità finanziaria possono avere effetti ancora più gravi sulla salute mentale. La perdita del lavoro, l’incertezza economica e la riduzione del reddito sono tra i principali fattori che contribuiscono all’aumento dei tassi di depressione e suicidio durante le crisi. Allo stesso tempo, i tagli ai bilanci pubblici spesso compromettono i servizi di salute mentale, aggravando ulteriormente la situazione.
Stress mentale e crescita: la relazione dell’Onu
Secondo il rapporto a opera del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani, Olivier De Schutter, le politiche governative orientate esclusivamente alla crescita economica stanno avendo un impatto devastante sulla salute mentale delle persone in condizioni di povertà. Nel suo lavoro De Schutter ha sottolineato che le politiche indirizzate all’aumento del Pil “a ogni costo” stanno creando una “ondata di malattie mentali” tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Attualmente, circa 970 milioni di persone nel mondo, ovvero l’11% della popolazione globale, soffrono di disturbi mentali. Le persone a basso reddito hanno fino a tre volte più probabilità di sviluppare depressione, ansia e altre malattie mentali comuni rispetto a chi gode di redditi elevati.
“Gli effetti sulla salute mentale di vivere in un mondo dominato dalla crescita, ossessionato dalla produttività e dalla competitività, sono sempre più riconosciuti come causa di ‘burnout’ tra i professionisti del lavoro d’ufficio – ha dichiarato De Schutter -. Tuttavia, sono le persone in povertà, spesso impiegate in lavori informali o precari, a soffrire maggiormente di questa condizione, senza risorse sufficienti per affrontarla. Ciò crea una crisi di salute mentale largamente ignorata e invisibile”.
Lo studio evidenzia come i cambiamenti nelle condizioni lavorative e la crescente “flessibilizzazione” del lavoro abbiano contribuito all’aumento dei problemi di salute mentale tra i lavoratori a basso reddito. In nome della crescita economica, molte decisioni hanno spinto verso forme di impiego meno stabili, come contratti a breve termine, lavoro part-time o autonomo, riducendo le tutele e i salari dei lavoratori.
“Nell’attuale Gig economy (un modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo) è scioccante pensare che, a volte, essere disoccupati può essere una scelta più salutare rispetto ad avere un lavoro” ha proseguito De Schutter.
Sebbene la disoccupazione possa aumentare il rischio di disturbi mentali, il lavoro precario si è dimostrato ancora più dannoso a causa dell’insicurezza, della mancanza di potere contrattuale, delle retribuzioni inique e degli orari imprevedibili, che rendono impossibile mantenere un sano equilibrio tra vita lavorativa e personale.
Le soluzioni proposte dall’Onu
De Schutter ha così esortato i governi ad affrontare con urgenza l’aumento del lavoro precario, introducendo protezioni legali per garantire condizioni di lavoro dignitose e un salario minimo adeguato. Tra le proposte figurano regolamentazioni sugli orari lavorativi che garantiscano ai lavoratori un preavviso adeguato e compensazioni in caso di cambiamenti, oltre a misure per migliorare la sicurezza economica, come garantire un numero minimo di ore ai lavoratori part-time.
Il Rapporto suggerisce inoltre il rafforzamento della protezione sociale, per esempio attraverso l’introduzione di un reddito di base universale, ovvero pagamenti in denaro incondizionati per tutte e tutti, una misura che ha dimostrato di migliorare la salute mentale.
“La nostra ossessione per la crescita ha creato un’economia del burnout e una corsa per aumentare i profitti di una ristretta élite, mentre milioni di persone si ammalavano – ha concluso De Schutter -. Lontani dal combattere la povertà, il ‘crescitismo’ ci ha condotti verso un’estrema disuguaglianza economica, con conseguenze disastrose per ricchi e poveri, poiché le società più diseguali soffrono tassi più elevati di depressione, ansia e altri disturbi mentali. Solo affrontando questo sistema economico fallimentare e ponendo il benessere al di sopra della crescita infinita, potremo iniziare seriamente a combattere la povertà e la crisi di salute mentale che ne deriva”.
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