Ora che anche Mark Zuckerberg, dopo Jeff Bezos, รจ salito sul carro del vincitore Trump, nominando un uomo a lui molto vicino come Joel Kaplan ai vertici di Meta, il gigante dei social network, al posto del progressista Clegg, il quadro dei poteri e degli interessi che vanno accomodandosi intorno al nuovo presidente si completa e si definisce.
E impone un esame non superficiale dei tratti generali assunti dal capitalismo contemporaneo. Cโรจ in questi spostamenti di campo e di risorse molto di piรน del cinismo, dellโopportunismo e della spregiudicatezza naturalmente insiti nel processo di accumulazione del capitale, qualcosa che ha a che fare con una metamorfosi che viene da lontano e che ha profondamente rinnovato i connotati del capitalismo. Non รจ impresa facile mettere a fuoco lโinsieme del quadro, ma converrร tentare di seguire, sia pure a tentoni, qualche pista, cercare di imbastire una sommaria genealogia. Scansando, intanto, le messe in scena con le quali i campioni dellโoligarchia tecnocratica, primo fra tutti lโistrione Elon Musk, ipnotizzano lโopinione pubblica mondiale divisa tra quelli che lo acclamano come genio del millennio e quanti lo considerano invece un pericoloso bullo pieno di soldi e di ambizioni ai limiti della patologia.
Gli esordi del percorso che ha condotto fino a qui furono chiamati, nellโincertezza del tempo a venire, postfordismo. Si indicava con questo termine il declino dellโindustria manufatturiera, della grande fabbrica fordista e dei relativi rapporti sociali, lo sviluppo della finanziarizzazione e di nuovi ambiti di valorizzazione fondati sul sapere e su interazioni sociali fino allora rimaste estranee al circuito dello sfruttamento. La grande industria non era beninteso sparita, e non lo รจ nemmeno oggi, ma aveva cessato di essere la cassaforma di tutti gli sviluppi futuri e il modello principale dei rapporti di sfruttamento. Tra le conseguenze di questa metamorfosi fu il rapido ed esteso sviluppo di una economia โimmaterialeโ e delle sue metafisiche merci: informazione, relazioni sociali, aspirazioni individuali, saperi ed esperienze diffuse gettate in un nuovo mercato del lavoro potenzialmente senza confini.
I social media e il capitalismo delle piattaforme sono stati tra i principali risultati di questa evoluzione del capitalismo digitale che ha fornito la struttura tecnologica per lo scambio ineguale tra lโinformazione ceduta dagli utenti ai padroni della rete e i servizi e gli strumenti messi a disposizione da questi ultimi. Lโenorme quantitร di dati, forme di comunicazione, conoscenze e baggianate che circolano nel Web e le capacitร matematiche sempre piรน potenti di selezionarli, elaborarli, confezionarli e metterli a profitto costituiscono una ricchezza e uno strumento di controllo che non hanno eguali nella storia, anche se possono offrire qualche opportunitร di azione ai movimenti e alle reti politiche che si battono, a dire il vero in posizione di estremo svantaggio, contro le grandi concentrazioni di potere. In questo contesto i social media occupano un posto decisivo situato nel piรน diretto punto di congiunzione tra economia e politica.
Bisogna tuttavia evitare di lasciarsi distrarre dalla trivialitร aggressiva e perlopiรน puerile, che caratterizza il dibattito e lo scontro politico sui social media. Non siamo di fronte ad alcuna regressione, men che meno a peccati di ingenuitร , ma ad una arena nella quale si stabiliscono concretamente dei rapporti di forza. Lโeconomia immateriale conferisce a gran parte delle sue merci una dimensione politica e la politica stessa รจ divenuta la sua merce piรน importante, un dรฉpliant illustrativo del piรน desiderabile dei mondi.
Ragionare oggi sul rapporto tra economia e politica fuori da questo contesto ambientale รจ uno sterile esercizio senza esito. I tradizionali rapporti di pressione e scambio tra lobby, potentati economici e potere politico non sono certo scomparsi, ma in prospettiva non sono piรน dominanti di fronte a forme di vera e propria sovrapposizione tra tecnologie della comunicazione e organizzazione politica.
Tra il miliardario petroliere di ultradestra Charles Koch, alfiere del fossile, e il produttore di auto elettriche, pannelli solari e batterie Elon Musk, entrambi finanziatori della campagna elettorale di Trump ma portatori di interessi oggettivamente divergenti, le proiezioni sul futuro sono tutte a favore del secondo che, contrariamente agli ombrosi padroni del passato, occupa rumorosamente il proscenio e incarna in prima persona la fusione tra politica ed economia. O, se vogliamo servirci della terminologia habermasiana, tra agire strumentale e agire comunicativo. Non perchรฉ il primo abbia colonizzato il secondo, ma per un processo di sostanziale simbiosi.
Se andiamo ad esaminare i post con i quali Musk, ascoltato dai suoi 200 milioni di follower, aggredisce e insulta ripetutamente leader ed esponenti politici della parte avversa, (da Scholz a Starmer a George Soros) o esalta le formazioni dellโestrema destra, ma anche le repliche degli aggrediti o il compiacimento degli elogiati, non troveremo la minima traccia di argomentazione. Il formato รจ quello dellโinvettiva, dello slogan, dellโaffermazione apodittica, del linguaggio binario dellโinformatica transitato nel like. Pretende unโadesione immediata e senza distinguo. Simula unโinterazione e una partecipazione che non esistono nella realtร mentre esercita dallโalto un potere di controllo e di condizionamento che incontra ben pochi ostacoli. Le merci si dispongono nel disegnare una precisa idea di societร che poi si offre a sua volta sul mercato politico e commerciale come la piรน appetibile delle merci.
Questa commistione segna il passaggio dal capitalismo delle piattaforme a un fascismo delle piattaforme capace di decostruire i meccanismi democratici, sedurre la societร civile, reclutare forza lavoro allucinata e asservita e gettare le fondamenta tecnocratiche di un sistema dichiaratamente oligarchico. Forse รจ proprio di fronte a un simile rischio che dovremmo celermente attrezzarci, non rimpiangendo condizioni ormai tramontate, ma riprendendo nel nuovo contesto la partita tra dominio e sabotaggio.
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