Proposte minime per un manifesto della sinistra

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1. Premessa. Sono rimasto colpito molto favorevolmente dall’assemblea dell’associazione “Volere la Luna” del 24 novembre. Da questa frase risulta che (sbagliando) mi attendevo di meno; questa mia relativa sfiducia nasceva forse da una mia deformazione professionale. Chiarisco. Attualmente sono in pensione, ma prima di approdare a questa condizione ho insegnato e studiato Politica Economica, prima all’Università di Torino e poi a quella del Piemonte Orientale. Mi sono occupato quindi della valutazione delle scelte economiche dei governi; e anche di quelle delle opposizioni. Le scelte economiche degli ultimi governi del nostro paese sono state a mio avviso progressivamente sempre più sbagliate; ma progressivamente sempre più grave è stata anche la trascuratezza della sinistra riguardo alle grandi scelte della politica economica. (Qui e di seguito, per “sinistra” intendo l’area a sinistra del PD, più forse una parte di esso, che però vive in clandestinità e quindi è difficile da individuare). Credo che quella trascuratezza sia dovuta soprattutto a una colpevole forma di ignoranza da parte dei dirigenti, come se occuparsi di quelle questioni non fosse affare loro: “noi protestiamo, è compito di qualcun altro dare veste politica alla nostra protesta”. Purtroppo però questo qualcun altro non esiste. Questa critica, che ritengo giusta, mi ha portato a sottovalutare l’importanza del lavoro di base, e anche della crescita della coscienza che si accompagna alla protesta, sia pure locale e/o generica, e soprattutto a non apprezzare adeguatamente l’importanza della organizzazione della protesta medesima. L’attività di entità come Volere La Luna, e più in generale di gruppi, associazioni, riviste on-line di sinistra (per queste ultime si veda www.sinistrainrete.it) è fondamentale per la crescita della sinistra stessa, e questa attività sta aumentando e diffondendosi sempre di più (un esempio: le proposte di Sbilanciamoci, un sito di economisti di sinistra, sono state approvate da 51 enti, associazioni ecc.). In altri termini, non valutavo adeguatamente che senza questo “lavoro di base” qualsiasi proposta di politiche alternative sui “grandi problemi” sarebbe stata velleitaria.

Ma detto questo, rimane vero quello che diceva anche Livio Pepino nella sua ottima relazione introduttiva, e cioè che dalla somma di iniziative di base, per quanto queste siano numerose e diffuse, non nasce automaticamente una linea politica, una proposta generale di cambiamento della nostra società. È l’antico problema della necessità di una sintesi fra la mobilitazione sui problemi locali e di principio e l’elaborazione di un programma politico valido a livello nazionale. Io sottovalutavo il primo aspetto, forse proprio, come dicevo, per deformazione professionale; ma il problema esiste, ed è molto serio, soprattutto oggi, in una situazione in cui non esiste più una classe operaia egemone e in cui le politiche nazionali sono sempre più vincolate da scelte sovranazionali su cui lo stato italiano ha un potere sempre più scarso.

In altri termini, il problema della creazione di un programma politico esiste, come è sempre esistito. I compagni impegnati nel lavoro di base possono essere giustamente orgogliosi del lavoro che fanno, e che molto spesso fanno bene, meglio di quanto io pensassi. Ma non devono cadere nell’errore, speculare al mio, di ritenere che questo basti. Pensare a un programma per la sinistra porta a prima vista a pensare alla necessità di un partito unificato di sinistra; ma la storia ci insegna che la sinistra tende più a dividersi che a unirsi, e certamente oggi un partito unico della sinistra è impensabile, e lavorare alla sua creazione è un’impresa destinata al fallimento. A riprova, anche i tentativi più recenti sono falliti, dal progetto che faceva capo a Barbara Spinelli a quello guidato da Tomaso Montanari fino a quello di Unione Popolare. Analizzare le cause di questa tendenza suicida alla mancanza di unità, che tra l’altro è una costante nella storia della sinistra, esula dalla materia di questo articolo, e del resto non ho le competenze necessarie per affrontare questo argomento. Ciononostante, è certamente utile ed importante lavorare per propiziare la collaborazione fra le varie sinistre, anche senza porsi come obiettivo la nascita di un partito unificato della sinistra. Qui di seguito suggerisco un’iniziativa che può contribuire a propiziare questa collaborazione.

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2. Per un Manifesto per la sinistra. Penso che si possa lavorare per la proposta di un manifesto unitario per la sinistra. Questo manifesto dovrebbe avere contenuti del tipo di quelli che indicherò più sotto (vedi par. 3); ma quattro caratteristiche sono fondamentali e preliminari, nel senso che a mio avviso in assenza di esse il tentativo è destinato a naufragare. Eccole:

a) il manifesto deve essere proposto dall’esterno, vale a dire da persone che non appartangano organicamente a nessun partito, movimento ecc., e che abbiano la volontà e la capacità di farlo. (Lenin e Gramsci avrebbero parlato di intellettuali; oggi è più corretto pensare piuttosto agli scienziati sociali). Il motivo di ciò è la necessità di evitare i conflitti, le incomprensioni ecc. che accompagnerebbero inevitabilmente il tentativo di creare una piattaforma comune partendo dalla contrattazione fra le diverse entità della sinistra;

b) deve contenere poche proposte, di carattere generale, chiare e realistiche. Con “realistiche” non voglio dire, come a volte ha fatto la sinistra (e praticamente sempre il centro sinistra da qualche decennio a questa parte), che bisogna evitare di scontentare i padroni, le banche e l’Europa; ma che le proposte per rovesciare il potere dei padroni, delle banche e dell’Europa devono essere praticabili. “L’Europa dei popoli” non è realistico; “abolizione del Patto di Stabilità” lo è (ma si veda più sotto);

c) le proposte devono essere tali da consentire una mobilitazione contro qualcuno. Scendere in piazza per “una riforma del fisco” non va bene, tutti sono d’accordo; ben più importante e significativo sarebbe farlo per richiedere “che vengano tassati i grandi patrimoni”;

d) queste proposte devono potere essere accettate da qualsiasi movimento, gruppo ecc. di sinistra, senza in alcun modo vincolare o contraddire la loro specifica attività, né a valle né a monte di esse. Faccio un esempio. Una proposta che dovrebbe essere presente nel manifesto è a mio avviso quella di un’imposta sui grandi patrimoni. Credo che tutta la sinistra dovrebbe essere d’accordo, credo anzi che chi non sia d’accordo non possa definirsi di sinistra. L’accettazione di questa proposta non è in contrasto con proposte più generali (per esempio, l’abbandono dei combustibili fossili) né con proposte meno generali (per esempio, l’opposizione al TAV in Valle di Susa). I movimenti impegnati su entrambi i livelli potrebbero accettarla e farne un elemento di mobilitazione in aggiunta alle loro tematiche, senza rinnegare nessuna parte di emsse.

3. Possibili contenuti. Qui di seguito elenco due punti che potrebbero essere compresi in quel manifesto. Mi pare che rispondano ai requisiti elencati più sopra; è possibile che ce ne siano altri, ma il manifesto potrebbe essere composto anche solo da questi due.

a) il rifiuto dei vincoli europei, mediante opportune politiche di rottura. Questo creerebbe seri problemi all’Italia, ma molto meno seri di quelli che crea il dovere sprecare ogni anno 70-80 miliardi per rispettare tali vincoli. Sulle modalità di questa rottura esistono parecchie proposte, e il dibattito su di esse sarebbe molto utile per rendere più adeguata l’elaborazione politica – in altri termini, come è giusto che sia, i sostenitori di questo obbiettivo potrebbero scendere in piazza per rivendicarla, ma anche sostenerla con successo in un dibattito con “esperti” di parte avversa;

b) il reperimento di risorse per il rilancio dello Stato sociale mediante un’imposta patrimoniale sui patrimoni più elevati. Un’imposta dell’1% sulla sola ricchezza finanziaria del solo 20% più ricco delle famiglie renderebbe più di 40 miliardi (e si noti che essendo inferiore al rendimento normale del capitale non ridurrebbe la loro ricchezza, ne rallenterebbe solo l’accumulo). Anche su questo esistono parecchie proposte, e anche per questo tema valgono le ultime righe del punto precedente.

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Ci sono altri punti analoghi? Probabilmente sì. Per esempio la pace; indipendentemente da come finirà la guerra in Ucraina la questione del riarmo europeo è destinata a diventare molto importante. Oppure, forse, la politica energetica. Io non ne so abbastanza per potere fare proposte in merito, ma forse qualcun altro potrebbe farne, e farle in modo tale da rispettare i punti ad del paragrafo 2, che come dicevo a me sembrano essenziali perché il manifesto abbia senso.

C’è qualcuno che ha voglia di lavorarci?



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