Puglia senza rapidi interventi emergenza idrica anche 2025

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In Puglia la forte contrazione delle riserve idriche negli invasi pone seri problemi per l’approvvigionamento irriguo, soprattutto in vista della prossima stagione estiva (nella foto la diga di Occhito)

Invasi in crisi nonostante le piogge. Riutilizzo delle acque reflue, rinnovo e rilascio di nuove concessioni per i pozzi e manutenzione ordinaria e straordinaria dei canali, queste le soluzioni proposte dalle organizzazioni professionali agricole

In Puglia, nonostante le piogge delle ultime settimane, la prossima estate rischia di ripresentarsi l’emergenza idrica sofferta la scorsa estate. La situazione dei principali invasi evidenzia una riduzione marcata delle riserve idriche rispetto a gennaio 2024. L’invaso di Occhito sul Fortore, uno dei principali serbatoi della regione, registra attualmente una disponibilità di poco più di 31,5 milioni di metri cubi, ben al di sotto dei 115 milioni di metri cubi disponibili nello stesso periodo del 2024: questo significa una perdita significativa di oltre 83 milioni di metri cubi in soli dodici mesi. Un calo altrettanto preoccupante si osserva nell’invaso di Marana Capacciotti, dove la disponibilità è scesa dai 19,4 milioni di metri cubi del 2024 agli attuali 8,6 milioni, con una riduzione di quasi 11 milioni di metri cubi. Questi dati, presi a titolo di esempio, confermano un andamento di forte contrazione delle riserve idriche, che pone seri problemi per l’approvvigionamento, soprattutto in vista della prossima stagione estiva.

Confagricoltura: «Acque reflue contro emergenza idrica»

acque reflue
Per Confagricoltura Puglia il riutilizzo delle acque reflue trattate rappresenta una delle risposte più promettenti all’emergenza idrica nelle campagne

Per Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Puglia, questa realtà di fatto impone una riflessione sul futuro dell’approvvigionamento idrico, non solo in Puglia.

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«Il riutilizzo delle acque reflue trattate rappresenta una delle risposte più promettenti all’emergenza idrica, il cui potenziale è stato ampiamente riconosciuto nelle strategie internazionali e nazionali. Già praticato con successo in paesi come Israele, California, Australia e Singapore e in alcuni paesi membri dell’Unione europea, in Italia il riuso dell’acqua in agricoltura rimane tuttavia sottoutilizzato. Infatti, a fronte di un utilizzo che si attesta a circa il 4%, in Italia esiste un potenziale di riuso pari al 20%, capace di coprire fino al 45% della domanda irrigua, come dimostrano studi recenti. Il riuso delle acque reflue, se ben regolamentato e supportato da politiche adeguate, offre vantaggi ambientali, economici e sociali. Si tratta di una fonte d’acqua affidabile e indipendente dalle oscillazioni climatiche, che può garantire continuità all’agricoltura anche nei periodi di siccità, riducendo il rischio di perdite di raccolto. Inoltre l’utilizzo di queste acque consente di abbattere i costi legati ai fertilizzanti, grazie alla presenza naturale di nutrienti come azoto e fosforo. Il riuso dell’acqua è limitato da parametri stringenti, spesso più restrittivi rispetto a quelli per le acque potabili, che richiedono impianti di trattamento onerosi. Per superare queste barriere è fondamentale un impegno pubblico sostenuto da risorse adeguate. In particolare è necessario garantire che i costi di investimento e gestione degli impianti non gravino tutti sugli agricoltori, ma siano condivisi equamente dalla collettività, in linea con il principio chi inquina paga».

Coldiretti: «Pozzi anche per agricoltura integrata»

pozzo aziendale
Per Coldiretti Puglia il rilascio di nuove concessioni all’estrazione di acque sotterranee a uso irriguo o il rinnovo di quelle in essere deve essere concesso non solo in favore delle aziende che operano in regime di agricoltura biologica, ma anche di quelle che operano in regime di agricoltura integrata o adottano la registrazione dei dati sull’utilizzo dei concimi conformi alla legge nel Quaderno di Campagna (nella foto pozzo aziendale ad Ascoli Satrinao – Fg)

Coldiretti Puglia evidenzia che la Puglia è la regione d’Italia dove piove meno con 640 millimetri annui medi.

«L’impatto sull’agricoltura della siccità è grave, perché distrugge le coltivazioni – afferma il presidente Alfonso Cavallo –. In Puglia ogni anno si perde l’89% dell’acqua piovana, una dispersione che la Puglia non può permettersi, considerato che l’acqua non ce l’ha e ha bisogno di importanti opere non solo per garantire l’approvvigionamento idrico per la popolazione, ma anche per assicurare acqua irrigua adeguata alle produzioni agricole, artigianali e industriali. Eppure, proprio quando l’agricoltura pugliese vive mesi critici a causa della perdurante siccità, una delibera di Giunta ha disposto che nelle zone vulnerabili ai nitrati il rinnovo o il rilascio di nuove concessioni per i pozzi, per l’estrazione di acque sotterranee a uso irriguo, è subordinato alla riconversione ad attività di agricoltura biologica delle colture ricadenti per almeno il 70% nell’area perimetrata. Coldiretti Puglia ha chiesto, in una lettera all’assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia, un intervento urgente per la modifica della normativa regionale, affinché il rilascio di nuove concessioni all’estrazione di acque sotterranee a uso irriguo o il rinnovo di quelle in essere possa essere concesso non solo in favore delle aziende che operano in regime di agricoltura biologica, ma anche di quelle che operano in regime di agricoltura integrata o che adottano la registrazione dei dati sull’utilizzo dei concimi conformi alla legge nel Quaderno di Campagna».

Cia Due Mari: «Manutenzione ordinaria e straordinaria»

canale irriguo
Cia Due Mari (Brindisi-Taranto) denuncia la mancanza di pulizia dei canali irrigui e la scarsissima manutenzione degli impianti

Per Cia Due Mari (Brindisi-Taranto) la crisi idrica che tocca pesantemente le campagne della provincia di Taranto fa prefigurare una prossima campagna irrigua, da marzo-aprile 2025 in poi, davvero difficile, sostiene il direttore Vito Rubino.

«Le campagne tarantine attingono acqua da invasi lucani. Lo scorso novembre, rispetto a un anno prima, nella diga di San Giuliano, in provincia di Matera, c’erano circa 13 milioni e mezzo di metri cubi di acqua in meno, invece in quella di Monte Cotugno, in provincia di Potenza, addirittura 117 milioni di metri cubi in meno. Da allora non è cambiato molto. Il livello degli invasi è bassissimo: piove poco, la preoccupazione è tangibile. A ottobre avevamo sollecitato il completamento di lavori di manutenzione straordinaria alla diga di San Giuliano ma, da fonti non ufficiali, pare che non siano nemmeno cominciati. Di conseguenza, per la prossima stagione irrigua, la Puglia rischia di non poter utilizzare nemmeno il 50% dell’acqua presente nella diga di San Giuliano, di cui è comproprietaria. A completare il solito quadro ci sono la mancanza di pulizia dei canali, la scarsissima manutenzione degli impianti, l’immobilismo e il menefreghismo dei diversi attori coinvolti nella vicenda e lo strapotere e l’arroganza di qualche gestore dell’acqua in Basilicata. Non ci sono alternative valide a una programmazione seria e oculata. Occorre manutenere i mezzi e le strutture e rendere fruibili tutte le possibili fonti idriche presenti nel versante occidentale della provincia di Taranto: dal fiume Tara al fiume Bradano, passando dai pozzi esistenti e non ancora messi in esercizio su tutto il territorio. Inoltre occorre attivarsi per l’utilizzo delle acque reflue nei vari comuni, inserendole, laddove possibile, nelle reti consortili esistenti».





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