Addio controlli sulle fake news. Zuckerberg si allinea a Trump

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Anche Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook e amministratore delegato di Meta, sale sul carro di Donald Trump e Elon Musk. Lo ha spiegato con un video di cinque minuti in cui ha annunciato una svolta editoriale e politica per Facebook, Instagram e Threads, i social network controllati dal gruppo. Meta smantellerà il reparto aziendale incaricato di impedire la diffusione di notizie false sulle piattaforme. Lo stesso Zuckerberg ha ammesso che il modello da seguire adesso è Musk: «D’ora in poi faremo a meno dei fact-checkers e, come ha fatto X/Twitter, li sostituiremo con l’algoritmo Community Notes», che affida agli utenti stessi la segnalazione di contenuti poco affidabili. «I fact-checkers erano troppo orientati politicamente, invece di aumentare la fiducia degli utenti l’hanno distrutta» ha spiegato. Inoltre non saranno più oscurati i contenuti che riguardano temi delicati come immigrazione e genere.

NEL MIRINO c’è la cosiddetta ideologia woke, «un movimento nato per l’inclusione usato sempre più spesso per mettere a tacere le persone e le opinioni» come si direbbe su Rete 4. D’ora in poi il team dedicato alla moderazione di Instagram, Facebook and Threads interverrà solo sui contenuti illegali e sulle violazioni più gravi del codice etico di Facebook. Per metterlo a suo agio, il team sarà trasferito dalla California liberal al repubblicano Texas, dove c’è «meno interesse intorno al suo orientamento politico».

Altro dietrofront: dopo anni in cui gli algoritmi ne hanno penalizzato la visibilità, i post a tema politico torneranno a circolare sui social targati Meta: «Adesso – ha spiegato Zuck – la gente ne vuole ricevere di più». Quale sia la politica gradita diventa esplicito alla fine del messaggio: «Lavoreremo con il presidente Trump per respingere i governi che premono per una censura più forte» dice il capo di Meta riferendosi all’Europa ma anche l’amministrazione Biden. «Negli ultimi quattro anni, anche il governo statunitense ha fatto pressione per una maggiore censura, e in questo modo ha incoraggiato anche altri governi a farlo. Ma ora abbiamo l’opportunità per ripristinare la libera espressione e non vedo l’ora di coglierla».

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IL NEO-PRESIDENTE non avrebbe potuto chiedere di più. Finora per veicolare i suoi messaggi strampalati poteva contare sul suo social personale Truth (quasi invisibile) e su X, da sempre minoritario con i suoi trecento milioni di utenti attivi. Ora per il suo circo avrà a disposizione i più influenti Facebook (tre miliardi di utenti) e Instagram (due miliardi). Non era scontato.

I rapporti tra Zuckerberg e il clan Trump-Musk sono stati da sempre piuttosto tesi. In «Save America», il resoconto sui suoi primi quattro anni alla Casa Bianca, Trump aveva accusato l’imprenditore di aver tramato contro di lui nelle elezioni perse nel 2020 e minacciandogli la «prigione a vita» in caso di nuove ingerenze. Più folcloristica la rivalità tra Zuckerberg e Musk, che a fine 2023 sembravano pronti a menarsi in uno scontro-show ospitato in una location italiana sotto l’egida dell’allora ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Si parlò del Colosseo, poi sfumò tutto.

LA RECENTE svolta trumpiana di Meta però non è nemmeno una sorpresa. Nella campagna elettorale Zuckerberg non si è schierato pubblicamente ma a elezioni concluse è volato a Mar-a-Lago per incontrare il nuovo eletto. Dopo il meeting, Zuckerberg ha donato un milione di dollari al comitato organizzatore della cerimonia inaugurale della presidenza prevista per il 20 gennaio. E con le nomine al vertice di Meta, ha avvicinato il gruppo ai repubblicani Usa.

Il 3 gennaio si è dimesso Nick Clegg, ex-leader dei liberali inglesi e capo delle relazioni globali che aveva fondato e coordinato il comitato di controllo di Facebook. Il suo posto è stato preso ieri dal repubblicano Joel Kaplan, già vice-capo dello staff della Casa Bianca ai tempi di G. W. Bush. La svolta a destra di Meta è completata dalla nomina nel Cda del trumpiano Dana White, capo dell’organizzazione di arti marziali Ultimate Fighting Championship, e di John Elkann, presidente di Stellantis, amministratore delegato della holding Exor e, in quanto tale, editore del gruppo Gedi (che pubblica La Stampa e La Repubblica) e del settimanale internazionale The Economist.

OLTRE A ZUCKERBERG i neo-trumpiani sono improvvisamente diventati numerosi nel mondo digitale. Basta leggere la lista dei donatori della kermesse del 20, di gran lunga la più ricca di sempre con 200 milioni di dollari già raccolti. Un milione è arrivato da Sam Altman, il fondatore di OpenAI e dell’intelligenza artificiale chatGPT. Jeff Bezos ( Amazon, Blue Origin e Washington Post) ne ha donati ben due. E altrettanti ne ha offerti Dara Khosrowashahi, amministratore delegato della piattaforma Uber.



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