Il saluto romano dei militanti di estrema destra ad Acca Larenzia

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“Per i camerati caduti”, “presente”. Per tre volte queste grida accompagnate dal saluto romano hanno squarciato il silenzio che ha dominato il pellegrinaggio nero dei militanti di estrema destra davanti all’ex sede romana del Movimento sociale italiano (Msi), all’incrocio tra via Acca Larenzia e via Evandro nel quartiere Tuscolano. Sono passati quarantasette anni dal 7 gennaio 1978, giorno in cui persero la vita tre ragazzi: due esponenti del Fronte della gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, furono uccisi da un commando di estrema sinistra, mentre il terzo, Stefano Recchioni, morì per un colpo di pistola negli scontri nati in seguito alla manifestazione di protesta organizzata nello stesso posto. E anche quest’anno, almeno un migliaio di neofascisti hanno preso parte alla commemorazione.

Lungo via Poggi d’oro il corteo silenzioso si muove seguendo il ritmo di una lenta marcia: i partecipanti sono guidati da uomini con la pettorina rossa che comunicano tutti gli spostamenti tramite walkie talkie. I passanti si fermano e domandano alle forze dell’ordine lì presenti cosa stia accadendo, i commercianti escono fuori dai loro negozi e osservano la situazione in un silenzio rotto soltanto da poche parole sussurrate ai loro vicini. Un bambino di ritorno da scuola stava camminando sul marciapiede quando la madre lo ha preso per mano e gli ha detto di seguirla per un’altra strada.

Alcuni sono arrivati a Roma per la prima volta: “Sentivamo il bisogno religioso di partecipare a questo momento estremamente importante per la gioventù italiana”. A parlare è Alberto Romano, giunto fino al “sacrario” da Terzigno in provincia di Pompei per “onorare questi tre giovani che amavano la patria, avevano degli ideali di partecipazione, di altruismo, di autentica solidarietà e soprattutto avevano l’orgoglio di essere italiani”.

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Molti indossavano cappucci, altri invece dei cappelli e, tra la folla, si sentiva dire “soprattutto quest’anno vanno tenuti”, altri ancora sciarpe e scaldacollo per non farsi riprendere dalle telecamere dei giornalisti. Uno di questi si è esposto un po’ troppo con la macchina fotografica e subito gli è piombato accanto un signore con la pettorina rossa chiedendogli di spegnere tutto. Il reporter non ha accennato a seguire le indicazioni. L’uomo allora gli si è messo davanti con il corpo per evitare che potesse riprendere. Nonostante tutto, il giornalista ha cercato lo stesso di fare il proprio lavoro, ma si è ritrovato circondato da una decina di persone che lo hanno minacciato dicendogli che c’era già chi si stava occupando dei video e delle foto: l’ufficio stampa.

Il pellegrinaggio dell'estrema destra ad Acca Larenzia

Romano dice che “bisogna ricordare quello che è successo: ci sono state pagine orrende, lo ammettiamo, ma bisogna analizzare quel periodo storico nella sua attualità: ci sono state violenze da entrambe le parti e io onoro anche i martiri avversari”. Anche il coordinatore della segreteria nazionale di Rifondazione comunista, e responsabile immigrazione, Stefano Galieni è d’accordo nel rispettare il lutto in quanto tale, ma non accetta che si continui “con il saluto romano e con gli slogan fascisti a riprodurre un mondo di valori che va contro la nostra Costituzione”.

Il pellegrinaggio dell'estrema destra ad Acca Larenzia

Ad Acca Larenzia ci sono anche alcune corone di fiori, una di queste è stata deposta qualche ora prima dalla delegazione romana di Fratelli d’Italia (FdI). La mattina, infatti, si sono fatti vedere sia il deputato di FdI Fabio Rampelli sia il presidente della regione Lazio Francesco Rocca, dello stesso partito. “Non considero strano un comportamento del genere: buona parte della classe dirigente di questo governo proviene da quel mondo. C’è continuità, e oserei dire una certa coerenza, nel non dichiararsi antifascisti”, conclude Galieni.

Con ordine e rigore militari il corteo si è disposto davanti alla sede dell’ex Msi dove si trovano le targhe in memoria dei tre ragazzi uccisi. Quella in memoria di Stefano Recchioni è stata rimessa al suo posto dopo che l’amministrazione capitolina l’aveva tolta il 30 dicembre in seguito alle proteste dell’Associazione nazionale partigiani italiani. Alle 18 in punto, quando era tutto pronto, si è sentito una voce sola urlare “Per i camerati caduti”. La risposta: “Presente” con il braccio destro teso. Dopo aver ripetuto il rito per tre volte, l’adunata si è sciolta.





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