Accertamento della proprietà condominiale di fondi in aree separate: quando il regolamento di condominio non basta

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La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 ss. c.c., si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. È da quel momento che deve intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione pro indiviso di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio.

È importante sottolineare però che, in base all’articolo 1117 c.c., l’estensione della proprietà condominiale ad edifici o fondi separati ed autonomi rispetto al complesso immobiliare in cui ha sede il condominio può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo immobile (fabbricato o terreno) nella proprietà del condominio stesso, qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente negli atti in cui, attraverso la vendita dei singoli appartamenti, il condominio risulta costituito.

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Prova dell’appartenenza di un tratto di strada al condominio: la vicenda

Un condominio citava in giudizio un Comune per ottenere l’accertamento, ex art. 949 c.c., dell’inesistenza di diritti reali asseritamente vantati da parte convenuta su un tratto viario di accesso al caseggiato che l’attore riteneva facente parte del cortile comune

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Il condominio richiedeva, altresì, al Tribunale adito di ordinare al convenuto la cessazione delle turbative e molestie sul tratto viario indicato, consistite, tra l’altro, nell’adozione da parte del Comune del provvedimento di annullamento e revoca della DIA, relativo all’installazione di due sbarre metalliche sulla stratta sopra detta, cui faceva seguito l’adozione di un’ordinanza con la quale il l’Autorità Comunale ingiungeva la relativa demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi. Tali atti amministrativi, secondo la prospettazione dell’attore, erano insanabilmente viziati per il fatto che il Comune sosteneva che il tratto di strada oggetto di causa era, in realtà, una strada comunale.

Si ricorda che il condominio con l’azione in questione (c.d. negatoria servitutis) deve provare, con ogni mezzo, il titolo di acquisto del bene affinché il giudice, verificata la sua legittimazione attiva, possa accertare l’inesistenza sul bene medesimo di diritti reali minori da altri asseritamente vantati ed ordinare, eventualmente, la cessazione delle molestie ovvero turbative subite da colui che si affermi essere proprietario. A tale proposito la collettività condominiale sosteneva che il titolo di proprietà dell’area contesa era costituito dal regolamento di condominio formato dal proprietario costruttore, rogato dal notaio e reperibile presso la conservatoria dei registri immobiliari della città. Tale documento nell’art. 5 citava tra le cose di proprietà comune due strade private trasversali.

Il regolamento di condominio non è un titolo di proprietà

Come detto i condomini avrebbero dovuto provare, a fronte della contestazione della proprietà da parte dell’ente convenuto, che il tratto viario per cui è causa rientra nella corte comune del condominio. Il Tribunale ha dato torto al condominio.

In primo luogo ha osservato che, dal frammento riportato nel regolamento non è possibile stabilire a quale delle strade private si faccia riferimento. In ogni caso ha escluso che il regolamento di condominio possa costituire il titolo di acquisto di una superficie e comprovarne la relativa titolarità (Trib. Latina 12 luglio 2024, n. 1531). Ai fini dell’accertamento dell’appartenenza al condominio di fondi ubicati in un’area separata rispetto all’edificio in cui si trovano gli appartamenti condominiali, nessun rilievo va ascritto in proposito al regolamento di condominio, non costituendo esso un titolo di proprietà (Cass. civ., sez. II, 20/03/2023, n. 7917).

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Il tratto di strada conteso non è risultato condominiale. Del resto, come ha sottolineato il giudicante, la strada in questione è stato oggetto di transito sino al 2001 e, dunque, circa per un trentennio (dalla fine degli anni ’60, epoca della sua presumibile realizzazione). Per altro, come riferito dall’amministratore, anche dopo l’installazione delle sbarre da parte del condomino, il transito pedonale non è mai stato interdetto. Più nel dettaglio, la posa in opera delle sbarre era stata realizzata in modo tale da lasciare libero un varco pedonale. Ne deriva, dunque, che il passaggio pedonale per il tramite della traversa non è stato mai impedito. È risultato controverso perciò il dominio della traversa, non avendo l’attore dato prova, anche per il tramite di presunzioni, di un valido titolo di acquisto della via.

Per quanto sopra, esclusa la legittimazione attiva dell’attore, il Tribunale ha rigettato la domanda di accertamento dell’inesistenza di diritti reali da parte del Comune sulla area contesa. È stata rigettata altresì la domanda dell’attore tesa ad ottenere la condanna del Comune a cessare le turbative asseritamente patite dal condominio.

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