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C’è un gesto che racconta l’esplosione di emozioni dopo venti giorni di apprensione e paura. Mentre Cecilia Sala si affretta ad abbracciare il padre dopo aver salutato il compagno, la madre della giornalista resta un passo indietro, sembra che trattenga il fiato fino al momento in cui la ragazza l’attira a sé. A quel punto la donna chiude gli occhi e respira forte, a bocca aperta, come se quell’aria fosse la tonnellata di brutti pensieri maturati in brevi telefonate che i giornali traducevano in «fate presto», nelle notti insonni a cui seguivano le richieste di intervista e l’invito al silenzio del governo. Per un istante sembra davvero che in quel sospiro Elisabetta Vernoni sia «nata di nuovo», come aveva dichiarato non appena aveva appreso che la figlia stava viaggiando verso l’Italia.
DAL PRIMO POMERIGGIO al terminal dei voli privati dell’aeroporto romano di Ciampino si riempie di giornalisti. I cameramen si litigano le postazioni giudicate migliori per immortalare il momento dell’atterraggio e l’apertura delle porte. «È arrivata?» chiede uno degli operatori di terra con il gilet catarifrangente d’ordinanza, «no no, per ora solo i soliti». Si riferiscono ai passeggeri dei jet privati, attesi dalle Mercedes nere degli Ncc tirate a lucido e con i vetri oscurati. I giornalisti televisivi sono in diretta, spiegano che sono attesi la premier Meloni, il ministro degli Esteri Tajani e il sindaco di Roma Gualtieri. A un certo punto si avvicina una grossa auto nera, si sparge la voce che il ministro è arrivato, ma dal piccolo passaggio coperto che attende i facoltosi passeggeri dei voli privati esce l’ennesimo conducente in giacca e cravatta. «È quello l’aereo? – Ma no quello sta per decollare – Eccolo eccolo», nei pressi della ringhiera di sicurezza gli operatori cercano di restare concentrati mentre i giornalisti dietro aggiornano compulsivamente le pagine delle agenzie sugli smartphone. «Il codice del Falcon 900 di stato è Itawau» azzarda un collega «forse si può controllare su qualche applicazione che traccia i voli». «C’è tempo» dice un altro, sicuro, «stanno sorvolando la Basilicata, abbiamo ancora un quarto d’ora». Ma di sicuro c’è solo l’orario di atterraggio annunciato da Palazzo Chigi: le 16.15.
QUALCHE MINUTO PRIMA del previsto il volo atterra finalmente. Cecilia Sala scende la scaletta del piccolo velivolo bianco e poi corre verso il compagno che è lì sulla pista, mani in tasca forse per nascondere il nervosismo, ad attenderla.
Chi aspettava un piccolo bagno di folla e qualche dichiarazione sulla disavventura a lieto fine resta a bocca asciutta. Si viene a sapere soltanto che a bordo del volo di stato c’era anche una psicologa. Il percorso della giornalista appena scarcerata è appannaggio delle autorità, Meloni in testa, accorse a darle il benvenuto e a rivendicare «il successo italiano» della trattativa con l’Iran.
«Non dire niente, adesso devi solo stare serena, ok?» dice la premier a Sala che a mani giunte la ringrazia commossa, «sono qui per ringraziarti e per dirti che sei stata forte», aggiunge la premier, mentre le due file di personalità politiche e familiari presenti applaudono. Meloni poco dopo pubblica una foto sui suoi profili social con la scritta «bentornata Cecilia» e più tardi al Tg1 parla di «vittoria di tutti gli italiani» e di «gioco di squadra» degli apparati dello stato, forse per mettere a tacere le polemiche dei giorni scorsi secondo le quali la premier avrebbe tenuto all’oscuro la Farnesina sugli sviluppi del caso. Tajani, alla trasmissione tv Cinque minuti, insiste sul fatto che «quando si lavora con discrezione, in silenzio come abbiamo fatto, i risultati si ottengono». In serata sono arrivati i complimenti al governo del presidente Mattarella.
CECILIA SALA invece non rilascia dichiarazioni ufficiali, l’unica frase che sentiamo dalla sua viva voce viene pubblicata come fosse una puntata del suo podcast, Stories, dopo l’introduzione del direttore Mario Calabresi, «Ciao, sono tornata». Poi la giornalista si reca in una delle strutture dell’aeroporto di Ciampino per l’interrogatorio di rito con i Ros che ricostruiranno i fatti precedenti all’arresto e le quasi tre settimane di prigionia a Evin, il carcere di Teheran dove gli ayatollah rinchiudono i dissidenti politici. Il colloquio con gli inquirenti è durato circa tre ore e intorno alle 20.30 Sala è rientrata a casa sua, dove l’attendevano molti giornalisti. «Grazie a tutti» sono state le sue uniche parole.
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