Le edicole muoiono. Non è più una notizia, è una lenta agonia sotto gli occhi di tutti. Il problema è che a questa morte non si accompagna nemmeno una veglia. Nessuno si preoccupa davvero, tranne chi è direttamente coinvolto, ed è questa la tragedia più grande. Perché quando muore un’edicola, non si chiude solo un esercizio commerciale: si spegne un faro culturale, spesso l’ultimo rimasto nei quartieri delle città e nei borghi del nostro Paese. Il Gruppo Corriere con Corriere dell’Umbria, Corriere di Arezzo e Corriere di Siena, oggi una delle rare mosche bianche in controtendenza nel panorama editoriale italiano sempre più in difficoltà, ne è testimone diretto. I nostri lettori crescono; i progetti avanzano; i risultati non mancano. Ma nulla di tutto questo basta a fermare l’inesorabile chiusura delle edicole. Perché, diciamolo chiaramente, non è più una battaglia che possiamo continuare a combattere da soli.
Il problema ha ormai superato le nostre forze ed è arrivato il momento che le istituzioni nazionali e locali, il governo, i politici prendano posizione. E, soprattutto che intervengano facendo qualcosa di molto più concreto di quel poco che finora si è fatto. Perché – anche se gli scenari sono cambiati e le frontiere digitali hanno allargato le possibilità di far viaggiare le informazioni – la carta stampata è ancora viva e svolge un ruolo importantissimo per la cultura e la società, ma si stanno esaurendo i punti di contatto con i lettori. Trovare un’edicola oggi è una sfida. Trovare un’edicola aperta, una caccia al tesoro che sempre più spesso costringe ad arrendersi. E quando sparisce un punto vendita, non scompare solo un luogo dove comprare un giornale: scompare un crocevia di storie, un punto d’incontro, una finestra sul mondo. La città cambia volto, si desertifica, perde quei luoghi di vicinato che erano parte del suo tessuto sociale.Le edicole non sono mai state solo scaffali di carta, ma piccoli monumenti alla cultura e alla curiosità. Eppure, il cartaceo non è morto.
I libri resistono e, come i vinili, tornano di moda. E i quotidiani, quando si trovano nei bar, si strappano di mano tra i clienti che finiscono perfino a litigare. Questo ci dice che la domanda c’è, che i lettori esistono, che c’è ancora chi preferisce sfogliare un giornale con le dita anziché scorrere un touchscreen. Ma se scompaiono i luoghi dove acquistare i giornali, tutto questo sarà inutile. Per noi giornalisti, per gli edicolanti, per gli editori, per i lettori, per la società intera.
La verità è che il digitale, per quanto comodo, non può sostituire la carta stampata. Non completamente, almeno. Perché leggere un giornale non è solo un gesto pratico, è un rituale, un modo per riflettere, per approfondire, per mettere ordine in un flusso continuo di notizie che il web spesso riduce a caos.
Per questo, chiediamo alle istituzioni di intervenire. Non basta più il lamento delle categorie anche se autorevoli come Fieg, Fnsi e delle organizzazioni di rappresentana degli edicolanti: serve una strategia politica seria. Incentivi per sostenere le edicole, forti agevolazioni fiscali, iniziative per promuovere la lettura della stampa cartacea. Perché salvare le edicole significa salvare un pezzo di identità culturale, un presidio di democrazia, un luogo di confronto e diversità.
Chiudere un’edicola non è solo chiudere una porta, è chiudere un’opportunità. È dire ai cittadini che non hanno più il diritto di scegliere, di informarsi, di confrontarsi con idee diverse. E questo, in un mondo che corre verso l’omologazione, è il vero pericolo.
Il governo e il parlamento non possono restare a guardare. I politici devono capire che salvare le edicole è un investimento sul futuro, non un’operazione nostalgica. Perché, come abbiamo dimostrato noi del Corriere con quattro quadrimestri consecutivi in crescita, quando l’informazione è ancora capace di destare interesse, i lettori rispondono. Ma se nessuno si occupa di mantenere vivo il punto di contatto tra giornale e lettore, tutto il buon lavoro che si può fare e tutto l’impegno che si può mettere, unitamente agli sforzi di affrontare la quotidianamente la sfida di riuscire ad offrire un motivo valido e alternativo per essere letti, sarà vano.
Facciamo appello a chi può fare la differenza: il momento di agire è ora. Le edicole sono l’ultimo baluardo di una cultura che rischia di scomparire.
Salvarle significa salvare un Paese che ancora aspira a essere libero, informato e vivo.
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