Nei giorni scorsi l’ex presidente della Federazione Ciclistica Italiana Renato Di Rocco e oggi vice-presidente onorario dell’Uci ha rilasciato dichiarazioni sulla gestione dell’attuale presidente che ha aperto un forte dibattito alla vigilia dell’Assemblea elettiva del 19 gennaio prossimo. Con piacere vi proponiamo la risposta di Cordiano Dagnoni.
Egregio Direttore,
Renato Di Rocco ha governato il ciclismo italiano praticamente per 30 anni, che sono poi quelli subito precedenti all’ultimo quadriennio. Se vi è una crisi, un problema strutturale, la colpa è di quel passato. Alla luce di alcune sue recenti dichiarazioni mi corre l’obbligo di precisare alcuni punti.
I NUMERI DELLA FEDERAZIONE
Per quanto riguarda le categorie giovanili e agonistiche, rispetto al 2019 (ultimo anno precovid) siamo sostanzialmente in parità. Diminuiscono i tesserati, è vero, ma perché diminuiscono gli Amatori (Master), in linea con la tendenza moderna di uno sport ‘destrutturato’ da parte degli adulti, che non amano più, soprattutto dopo il covid, essere irregimentati in società e federazioni. E poi c’è sempre la concorrenza, a volte scorretta, degli Enti di promozione sportiva, problema mai risolto per tutto lo sport italiano.
Una sostanziale tenuta delle categorie giovanili, quindi, a fronte di un decremento della popolazione giovanile (negli ultimi 10 anni si è perso circa un milione di ragazzi da 0 a 14 anni) e ad una forte competizione da parte di sport emergenti: questo il quadro di un ciclismo che deve fare i conti con il problema storico (e mai risolto) della sicurezza. Problema che da sempre considero prioritario.
Di seguito i dati delle gare e delle società negli ultimi cinque anni.
BILANCIO
Il 2019 è anche l’anno in cui la Federazione Ciclistica Italiana, al termine di ben tre piani di risanamento imposti dal CONI, sistema i conti dopo i disavanzi accumulati nel passato. Leggendo le relazioni al bilancio dell’allora presidente Di Rocco, ancora oggi pubblicati sul sito federale, si evince che già dal 2007 (secondo anno di gestione della vecchia dirigenza) il bilancio chiudeva con un disavanzo di oltre 700mila euro. Seguiva una perdita, anche se contenuta, nel 2008 e ben più consistente nel 2009.
Questo portava alla realizzazione del primo piano di risanamento imposto dal CONI (2010-2012), ne seguiranno altri due (2014-2016 e 2016-2020) richiesti per recuperare una situazione che in alternativa avrebbe previsto il commissariamento. Nel 2019 finalmente si torna al pareggio di bilancio e alla ricostituzione delle garanzie finanziarie necessarie per operare (garanzie che in questo ultimo quadriennio sono state raddoppiate).
Un risultato ottenuto a costo di un immobilismo, sintesi di una conduzione che, per usare le parole di Silvio Martinello quattro anni fa (mi scuserà se lo cito) “.. ci ha impoverito e fatto scivolare sempre più in basso.”(articolo di Quibicisport del 12 maggio 2020).
Abbiamo spiegato in diverse occasioni (ultima durante la conferenza stampa del 20 dicembre) i motivi che hanno portato nel 2023 alla chiusura del bilancio in perdita. Non ritengo opportuno tornarci. Per quanto riguarda i costi legati alla voce “comunicazione”, ci tengo però a chiarire che questi comprendono non solo collaborazioni giornalistiche ma anche per le attività di marketing, social e forniture di servizi. Un’attività direttamente collegata ai partner federali e che ha permesso nel quadriennio di aumentare del 50% le entrate derivanti da sponsorizzazioni.
CONTRATTI IN ESSERE
E’ giusto ricordare che come mi sono insediato, solo 4 anni fa, ho trovato in essere importanti contratti di forniture che non ho potuto modificare per ben due anni (stipulati quindi ben oltre la naturale scadenza del precedente Consiglio). In base al principio di continuità e correttezza verso terzi non li ho impugnati, ma portati a naturale scadenza. In eredità, inoltre, è stata lasciata una Federazione elefantiaca dal punto di vista del personale, con contratti di assunzione a tempo indeterminato perfezionati pochi giorni prima dell’Assemblea Nazionale. Ne consegue che, a tutt’oggi, Sport e Salute finanzia il costo del personale solo per la metà dei dipendenti.
Assunzioni volute proprio da chi adesso ci rimprovera il rinnovo di alcuni contratti legati alla funzionalità degli uffici oltre che a quelli dei collaboratori tecnici, fondamentali per programmare con tranquillità la prossima stagione agonistica.
PRESIDENTI REGIONALI
Trovo irrispettoso, ma emblematico di una certa mentalità (soprattutto perché proviene da una persona che ha ricoperto per circa trenta anni ruoli apicali all’interno del nostro mondo) considerare i presidenti regionali ‘dirigenti di basso livello’. Al contrario, anche per la mia storia personale, li considero figure di spessore umano e professionale, insostituibili per conservare un legame con il territorio. Non smetterò mai di ringraziare questi dirigenti che si dedicano, in maniera volontaria e solo per passione, ad un importante compito.
Quattro anni fa ho avviato, con un Consiglio federale disomogeneo espressione di diverse sensibilità, un processo di rinnovamento che, lo riconosco, non si è ancora concluso e che inevitabilmente ha portato anche dei passaggi a vuoto. Proprio dalla consapevolezza di quanto realizzato nasce la convinzione che il prossimo mandato permetterà di portare a termine quanto auspicato, anche perché se il rinnovamento richiesto dal movimento passa attraverso la riproposizione di figure del passato vuol dire che il Paese, e non solo il ciclismo, ha veramente grandi problemi ad immaginare un futuro.
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