Al ristorante si pensa alla patente. «I clienti ordinano meno vino»

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Niente vino, siamo italiani: largo allo spritz alla carota, o a un bel succo di melagrana, ancor meglio se abbinati al piatto in degustazione. Così alcuni ristoranti pugliesi si stanno regolando per dribblare le nuove norme del Codice della strada, e far dimenticare i bei tempi – ormai andati – in cui si poteva andare a cena e spingersi un tantino in là anche con quei tre o quattro calici, sperando nella comprensione del fato, o in caso di sfiga irriducibile dell’agente di polizia di turno. Perché oggi, lo sanno ormai pure le pietre, a essere fermati per strada con in corpo un sospiro di alcol in più sono dolori: multe salatissime, ritiri della patente. E non perché la nuova normativa abbia modificato i precedenti limiti di tolleranza alcolica, ma perché ha appunto inasprito le punizioni per i trasgressori, accompagnando il tutto con una campagna mediatica cui oggi i ristoratori addebitano di aver depresso oltremodo il consumo di vino: gloria italica, non solo enogastronomica, e a maggior ragione di Puglia. I danni sono evidenti. Antonello Magistà, guru del “Pashà” di Conversano, è tra quelli che più hanno accusato il colpo, e che non sono rimasti a guardare.

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La lettera al governo

E dunque, anche in virtù della sua carica di coordinatore provinciale Fiepet Confesercenti del Levante, ha preso carta e penna e ha scritto una lettera aperta al governo italiano per sollecitare soluzioni: «I ristoratori sono vittime di una comunicazione totalmente sbagliata e aggressiva, tarata solo sull’aumento delle sanzioni, che ha contribuito a creare uno stato di panico generale. Noi, per esempio, abbiamo subìto una pesante contrazione dei consumi e molte disdette, e il perché è intuitivo: mentre in una grande città puoi sopperire al problema andando per esempio al ristorante in taxi, o reperendo un autista, nelle piccole realtà in cui non esiste nulla di tutto questo come si fa a mantenere la clientela? E se si esce in due e uno non può bere neppure un paio di bicchieri di vino, cosa si esce a fare? Una penalizzazione totale, e tutto questo è ridicolo, in un Paese che ha scelto di puntare tutto, negli ultimi decenni, sul settore enogastronomico», spiega ancora Magistà, «creando un indotto, anche turistico, su cui abbiamo investito tutti, e che oggi è a rischio». Una crisi che sopraggiunge dopo i tempi nerissimi del Covid: «Al governo chiediamo un confronto costruttivo, sul tema, al netto dei colori politici. Perché questa situazione penalizza tutti, annulla tutti i risultati faticosamente costruiti in questi anni anche dall’Associazione Italiana Sommelier, dalla Federazione Italiana Sommelier, dalle Donne del Vino e da tutti gli altri protagonisti di questo settore: siamo tutti seriamente preoccupati».

Le alternative

Altrove si provano strade alternative. Alla “Masseria del Sale” di Manduria, ad esempio, i menu si stanno arricchendo di proposte differenti, racconta Simona Fusco: «I gusti dei clienti stanno cambiando, al di là delle nuove norme del Codice, e noi ci stiamo attrezzando. A dicembre con il brunch, per esempio – pranzo più leggero di quello classico e dunque più facile da smaltire – ma anche con una carta di drink analcolici a base di estratti di frutta abbinati ai piatti, anche in base alla stagione. Alcuni clienti si stanno poi organizzando con autisti privati, anche se ci rendiamo conto del fatto che questa è una possibilità solo per clienti di fascia medio-alta, e che qui in provincia mezzi alternativi non ce ne sono. Però – lavorando fino a tarda notte e trovandoci su una strada statale – siamo consapevoli che un occhio alla sicurezza è obbligatorio. Bisogna, come sempre, trovare un punto d’equilibrio tra le varie esigenze».

Marco Albanese, delegato di AIS Lecce, fa notare d’altronde come il Codice non abbia in alcun modo toccato i livelli consentiti di alcol: «Siamo l’unico Paese, peraltro, ad avere ancora una soglia di tolleranza, perché negli altri Stati europei questa è pari a zero. Cosa cambia rispetto al passato? Nulla, se non magari il fatto che forse adesso tocca stare un po’ più attenti a bere con moderazione».

Ma la psicosi c’è, conferma Alfredo Prete da Pisignano, frazione di Vernole, dove poco più di una decina di giorni fa l’imprenditore leccese ha inaugurato con la moglie Stefania “Locanda York”: «La psicosi c’è, e la gente ha ormai paura a bere anche un bicchiere di vino, quindi una soluzione s’impone. Forse potremmo usare le macchinette per rilevare il tasso alcolemico che si usano nelle discoteche, oppure immaginare servizi di navette per i clienti – ma in questo caso i costi sarebbero altissimi – e poi usare il buonsenso: un bicchiere di vino non fa mai male. Senza fissazioni, senza paranoie, ma al contempo senza esagerare: altrimenti si diventa un pericolo pubblico. E questo era vero anche prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice».

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