Attività principale e riporto perdite

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Nel contesto di un più ampio restyling del regime di circolazione delle perdite nell’ambito delle operazioni straordinarie, il Decreto IRPEF-IRES (D.Lgs. n. 192 del 2024) è intervenuto sul dettato dell’art. 84, co. 3, del TUIR, per meglio definire il perimetro applicativo della preclusione al riporto delle perdite pregresse. In tale prospettiva, il legislatore delegato ha definito in via normativa la nozione di “modifica dell’attività principale” superando i restrittivi e alquanto incerti approdi interpretativi cui era prevenuta l’Agenzia delle entrate.

Come noto, la ratio della richiamata preclusione risiede nell’originaria volontà del legislatore fiscale di contrastare il “commercio delle bare fiscali”, ossia le operazioni di acquisito di partecipazioni di controllo in società cariche di perdite fiscali, funzionali al solo abbattimento degli utili realizzati dalla (diversa) attività profittevole.

In tale ottica, il co. 3 dell’art. 84 del TUIR sancisce il divieto di riporto delle perdite fiscali allorquando ricorrano, congiuntamente, i seguenti presupposti:

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  1. Il mutamento della compagine sociale mediante trasferimento a terzi, anche a titolo temporaneo, della maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite;
  2. La modifica dell’attività esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate.

Senonché, il vulnus normativo che impattava (nella previgente formulazione normativa) sul significato di modifica dell’attività esercitata ha generato un accesso dibattito interpretativo che vedeva naturalmente l’Agenzia delle Entrate arroccata su un’interpretazione più estesa possibile del concetto.

Come riportato nella Relazione illustrativa al Decreto, la prassi amministrativa aveva attribuito al concetto di “modifica dell’attività principale” un significato estremamente ampio, non limitato ai casi in cui intervenisse il cambiamento del settore economico in cui opera la società oppure ai casi in cui, fermo restando il settore economico di operatività, si verificasse un cambiamento di comparto merceologico.

In recenti documenti di prassi, l’Agenzia è, difatti, giunta ad affermare la sussistenza della preclusione anche quando, fermi restando il settore economico e il comparto merceologico di attività, intervenisse un’operazione di “espansione/riattivazione della principale attività un tempo esercitata” semplicemente tramite apporto di  “risorse aggiuntive rispetto a quelle fisiologicamente a disposizione della società che riporta le perdite riconducibili, direttamente o indirettamente, al soggetto che acquisisce il controllo”.[1]

In attuazione dei criteri direttivi impartiti all’art. 6, co. 1 lett. e), della legge delega per la riforma fiscale, il legislatore ha cercato di ridefinire gli ampi confini applicativi del divieto delineati dalla precedente prassi amministrativa definendo, in seno al novellato co. 3 dell’art. 84 del TUIR, la “modifica dell’attività” quale mutamento del settore economico o del comparto merceologico di riferimento.

Ai fini dell’operatività della preclusione, la soluzione legislativa ha pertanto attribuito rilievo a elementi concreti ed oggetti, non potendosi conseguentemente ritenere il mero apporto di nuove finanze di per sé sintomatico della natura elusiva dell’operazione.

Analoghe considerazioni dovrebbero valere nell’ipotesi in cui la modifica venga ad interessare le sole modalità di esercizio dell’attività (in termini di diversi mercati di sbocco o riorganizzazione della produzione), svolta pur sempre nell’ambito del medesimo comparto merceologico.  Sotto tale aspetto, un ruolo significativo sarà certamente rivestito dai codici ATECO, quali criteri formalistici adottabili in via principale (ancorché non esaustiva) per il riscontro del carattere della diversità delle attività attenzionate.

Particolare attenzione andrà quindi rivolta all’attribuzione dei codici ATECO al contribuente e alla nuova classificazione ATECO 2025 che, sostituendo la classificazione ATECO 2007, troverà applicazione a decorrere dal 1° aprile 2025, nonché al processo di riclassificazione che sarà eseguito d’ufficio dalle Camere di commercio, a partire dalla suddetta data.

G.S. e D.R.

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[1] Risposte ad interpello n. 367/2019 e n. 214/2022.



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