Giù le mani dalla Groenlandia

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Ai piedi del circolo polare artico si trova l’isola più grande al mondo, la Groenlandia, che con i suoi 2 milioni di chilometri quadrati di superfice e anche uno dei territori meno densamente popolati del pianeta. Tra iceberg, orsi polari e aurore boreali il suo territorio è per lo più inaccessibile all’uomo.

Le aree del paese non coperte dai ghiacciai (circa l’80% della sua superficie) sono raggiungibili solo via aria o via mare. I suoi abitanti sono poco più di 50mila (che si moltiplicano durante l’estate grazie al turismo) e sono in grande maggioranza di origine inuit.

Dal 1978 hanno ottenuto l’autogoverno dalla corona danese alla quale sono formalmente legati come parte del Regno di Danimarca.

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Il prossimo 6 aprile si svolgeranno le elezioni per il rinnovo dell’Inatsisartut, il parlamento dell’isola artica. Elezioni che probabilmente sarebbero passate inosservate se, in questi giorni, non ci fossero state le dichiarazioni del presidente eletto degli Usa Donald Trump e la visita lampo di suo figlio lo scorso martedì nella capitale groenlandese.

Jane P. Lantz

A Nuuk ha il suo ufficio Jane P. Lantz, attuale segretaria politica di Inuit Ataqatigiit, il partito della sinistra indipendentista groenlandese che governa l’isola dal 2021 ed esprime il giovane premier Múte Bourup Egede. L’abbiamo raggiunta per un’intervista da remoto.

Prima di cominciare l’intervista Lantz ci dice di aver visitato già due volte l’Italia e di «amare Venezia» e ci chiede notizie sul nostro giornale. Le spieghiamo brevemente la nostra storia e di come questa testata sia sempre stata al fianco delle lotte per l’autodeterminazione dei popoli.

Rivolgiamo la stessa domanda a Lantz chiedendole di raccontarci la sua storia e del suo partito.

«Inuit Ataqatigiit, che letteralmente significa “comunità del popolo Inuit” è un partito nato, come il vostro giornale, sulla spinta dei movimenti di contestazione giovanile degli anni ‘60 e ‘70 che dalla Danimarca (soprattutto a Copenaghen) hanno coinvolto anche i nostri giovani. Siamo un’organizzazione indipendentista con una natura socialista e di sinistra e, negli anni, abbiamo sviluppato una forte impronta ecologista e femminista e facciamo parte della Sinistra verde nordica. Attualmente esprimiamo il primo ministro in un governo di coalizione con i socialdemocratici che rappresenta circa il 70% del popolo groenlandese. Io ho 35 anni e sono stata consigliera politica del premier Egede fino al 2022 quando ho lasciato l’incarico per diventare segretaria di Ia».

Come valuta le dichiarazioni del presidente Trump che ha detto di voler annettere la vostra isola agli Stati uniti?

Trump aveva già espresso questa volontà nel 2018 ma non era andato oltre a quelle dichiarazioni. Noi abbiamo forti legami economici e commerciali con gli Usa, oltre alla presenza di una loro base militare nel nostro territorio e vogliamo continuare così. Vogliamo continuare a rafforzare tutte quelle relazioni di cooperazione che rispettino e difendano la sovranità della Groenlandia il cui destino lo decidono solo i suoi abitanti.

Il figlio del presidente statunitense è però volato per una visita lampo a Nuuk, martedì scorso, distribuendo cappelli Maga agli abitanti e il padre, poche ore dopo, ha commentato di voler «fare di nuovo grande la Groenlandia».

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(sorride) Ribadisco: il futuro del nostro paese lo decidiamo solo noi e io ho saputo della visita solo quando Trump jr aveva già lasciato la capitale.

In questi anni si sono trovate immense risorse minerarie, particolarmente di “terre rare”, fondamentali per la componentistica hi tech che attualmente vede la Cina come monopolista assoluto mondiale. È innegabile che voi potreste rappresentare un’alternativa sul mercato mondiale a Pechino. Come state gestendo lo sfruttamento delle vostre risorse?

La Groenlandia ha l’area naturale protetta più estesa al mondo e le compagnie estrattive che già operano sul nostro territorio hanno limitazioni molto ferree da parte del nostro governo. Qualsiasi modifica di quelle limitazioni dovrà passare per il consenso pieno del popolo groenlandese e, ad oggi, non è all’ordine del giorno.

Siete un movimento indipendentista e le esternazioni di Trump potrebbero aiutarvi nella lotta per la secessione dalla corona danese. Crede che le imminenti elezioni parlamentari e la dichiarazione del premier Egede su un contemporaneo referendum per l’indipendenza sia all’origine dell’attivismo americano?

Lo escludo. Il nostro premier e la sua maggioranza lavorano da sempre per l’indipendenza dalla Danimarca e l’ipotesi referendaria è parte del nostro programma. Deciderà il presidente Egede se indire il referendum nei prossimi mesi; è un’opzione possibile e praticabile.

Attualmente la Groenlandia basa quasi metà del suo bilancio statale sui trasferimenti da parte del governo danese. Se un domani doveste diventare uno stato autonomo come pensate di sopravvivere mantenendo una politica “ambientalista” sulle risorse minerarie?

Confidiamo che, quando raggiungeremo l’indipendenza, sapremo mettere a valore i buoni rapporti di cooperazione con tutti i paesi amici del nostro popolo.

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Negli anni l’isola ha vissuto una situazione sociale preoccupante: un alto tasso di suicidi, soprattutto tra i giovani, e la diffusione della piaga dell’alcolismo. Il vostro governo come sta affrontando questa situazione?

Essendo un territorio vastissimo e scarsamente popolato abbiamo affidato a specifici piani d’intervento le municipalità delle città e dei villaggi che popolano le nostre coste. Campagne di ascolto, di aiuto diretto e indiretto alla popolazione si sono moltiplicate e stanno dando i loro frutti.

Come giudica le reazioni della politica danese davanti alle dichiarazioni di Trump: preoccupata, da un lato, dei dazi americani e dall’altra di perdere il controllo sull’isola?

La reazione della Danimarca è sempre pessima quando si parla del nostro popolo e del suo futuro.



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