A 15 anni dal terremoto del 2010, Haiti non smette di tremare

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A Port-au-Prince la crisi non sembra finire mai, fra violenza delle bande armate, povertà e instabilità politica

13 Gennaio 2025

Articolo di Redazione

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Tempo di lettura 4 minuti

Un’immagine della devastazione di Port au Prince. Foto di Marco Dormino/ The United Nations.

Il 12 gennaio 2010 Haiti è stato devastato da un terremoto senza precedenti: con magnitudine 7 della scala Richter, il sisma ha causato la morte di circa 230mila persone, il ferimento di oltre 300 mila feriti.

Il terremoto ha lasciato oltre 1,5 milioni di haitiani senza casa, costretti a vivere nei campi profughi improvvisati. Le infrastrutture, già fragili prima del cataclisma, sono state distrutte, praticamente compromessi i sistemi sanitario ed educativo. Tutto questo in soli 35 secondi.

In occasione di questo anniversario, il primo ministro haitiano Alix Didier Flis-Aimé, ha lasciato un messaggio alla nazione.

Nel suo intervento, Flis-Aimé ha sottolineato l’importanza di non fermarsi a rivivere il dolore del passato, esortando i quasi 12 milioni di cittadini haitiani a trasformarlo in forza per il cambiamento del paese.

«Questa catastrofe ci ricorda l’urgenza di rivedere la maniera in cui viviamo, lavoriamo e costruiamo il nostro paese. Il cambiamento può avvenire solo se scegliamo di imparare dal passato e di agire con coraggio, con speranza e fermezza», le parole del premier.

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Save the Children, ong che opera a Haiti dal 1978, ha messo in evidenza in questa occasione la difficile situazione dei minorenni haitiani.

«Un’intera generazione di bambine e bambini porta le cicatrici di quel catastrofico terremoto. Dagli uragani ai terremoti alla violenza dilagante a cui assistiamo oggi, molte delle famiglie sono state costrette a lasciare le loro case otto, nove o dieci volte negli ultimi 15 anni», si legge in una nota dell’organizzazione.

Il riferimento è quindi anche agli ultimi anni di instabilità politica e di violenza estrema.

Crisi senza soluzione di causa 

La crisi che attraversa il paese da diversi anni è passata per alcuni punti di svolta: su tutti le proteste di massa del 2019, l’uccisione del presidente Jovenel Moïse, nel luglio 2021, da parte di un commando armato con possibile legami con figure di alto profilo della politica locale.

E poi il degenerare della crisi delle bande armate, che nella prima metà dell’anno scorso si sono coalizzate innescando una nuova crisi politica – che sembra essersi per ora interrotta con la nomina di Flis-Aimé – e aumentando a dismisura il livello della violenza.

Stando a dato ONU, nel 20124 oltre 5.600 persone sono state uccise nelle violenze, più di 2mila ferite e più di 1.400 rapite. Oltre 700mila sfollati interni, metà dei quali, bambini.

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Finora, l’intervento di una forza multinazionale di sicurezza finanziata dagli Stati Uniti, sostenuta dalle Nazioni Unite e guidata dal Kenya, con centinaia di agenti, non sembra essere riuscita a migliorare la situazione in modo sensibile.

Valutazione che tornano nel comunicato di Save the Children: «Oggi, i gruppi armati hanno trasformato Port-au-Prince in una prigione a cielo aperto per bambini e nessuna parte della città è sicura. Non possono andare a scuola, giocare fuori o lasciare i loro quartieri in sicurezza. Il futuro di questi bambini è fuori dal loro controllo».

In questi 15 anni poi, Haiti è stata colpita da un altro forte terremoto, sempre nel 2021. Il sisma ha causato almeno 2mila vittime e danni molto ingenti.

Chantal Sylvie Imbeault, direttrice nazionale di Save the Children a Haiti ha ricordato che molti dei leader e membri delle gang che oggi causano caos nel paese, erano bambini nel 2010.

«Il loro futuro è stato rovinato dal terremoto e adesso loro stanno lasciando una nuova generazione alle spalle. Il mondo deve agire ora per garantire a nostri bambini la possibilità di imparare e costruire un futuro migliore, in modo che la storia non si ripeta».

Oggi, 15 anni dopo, circa 2,7 milioni di persone, tra cui mezzo milione di bambini e adolescenti, vivono sotto il controllo delle bande armate, secondo le stime del UNICEF.

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Sebbene le cifre precise siano difficile da ottenere, le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani calcolano che circa 30% dei membri dei gruppi criminali siano minorenni.

Con oltre 1000 scuole chiuse solo nel ultimo anno il futuro delle bambine e bambini haitiani è sempre più incerto.

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