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Un gennaio asciutto, un anno asciutto. Non in senso meteorologico, quanto alcolico: bere piace sempre meno, specialmente ai più giovani. Gli indizi c’erano tutti: dal successo dei mocktail, cioè dei drink analcolici, fino ai sober bar, dove si serve tutto tranne l’alcol. Per non parlare poi delle star: l’ultima paladina della sobrietà – in ordine cronologico – è la cantante Rihanna, che a Capodanno ha annunciato di aver trascorso l’intero 2024 senza toccare una goccia di alcol. “Nuovo anno, nuova me”, ha scritto su Instagram.
Com’è cambiata la cultura del bere – Gli alcolici sono ben radicati nella nostra cultura gastronomica e sono parte integrante di un’ampia gamma di situazioni sociali: dai festeggiamenti ai cuori spezzati, dalla gioia alla tristezza, dalla tavola più conviviale alle notti in discoteca. C’è stato un tempo però in cui film, serie tv e canzoni facevano a gara per esaltare non tanto il bere, ma il bere tanto, troppo. L’hangover romanticizzato come la trasgressione glamour per eccellenza. Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato. Nel 2013 è stato lanciato il movimento Dry January, che invita ad astenersi per un mese dagli alcolici e a notare i cambiamenti nel corpo. Lo scopo del Dry January non è tanto fare detox, ma prendere consapevolezza di tutti i momenti in cui beviamo per noia, per routine, per desiderio di socialità. Anche in un Paese come il nostro, che vanta una tradizione vinicola d’eccellenza, molte bevute sono figlie delle convezioni sociali e delle abitudini. Senza nemmeno fare caso, a volte, a cosa c’è nel bicchiere.
Gli effetti dell’alcol sul corpo – Diciamoci la verità: dal punto di vista scientifico non c’è nessuna controindicazione nello smettere di bere. Ce ne sono moltissime nel continuare a farlo. La comunità medica da anni ripete i danni causati dall’alcol sull’organismo: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità non esiste una quantità di alcol assolutamente sicura per l’organismo. Tra le raccomandazioni per un’alimentazione sana, la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro raccomanda di “limitare, o meglio evitare il consumo di alcolici”. I danni a lungo termine derivanti dall’uso cronico di alcol includono infatti ipertensione, malattie cardiache, malattie del fegato e il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. La scienza conosce bene i vantaggi di rinunciare all’alcol: una migliore qualità del sonno e dell’umore, una pelle più sana e un intestino in salute (oltre, ovviamente, al fegato). La medicina però non aveva considerato un interessante risvolto culturale: la sobrietà è l’ultima mania delle star.
Da Rihanna a Tom Holland: le star che hanno rinunciato all’alcol – Rihanna non è la sola a far vacillare lo stereotipo delle star belle e dannate, drink in una mano e sigaretta nell’altra. Bella Hadid nel 2022 ha deciso di darci un taglio, e si è prontamente fiondata nel mercato nei drink analcolici con il marchio Kin Euphorics. Anche Tom Holland (fresco fresco di fidanzamento con Zendaya) non beve, e ha trasformato la sua esperienza in un marchio di birra analcolica. Nonostante molte sue canzoni parlino proprio dell’ebbrezza, anche la cantante Florence Welch ha ammesso di aver smesso di bere perché “stanca di rompere le cose, che fossero relazioni o oggetti fisici”. Molte star di Hollywood hanno scelto la sobrietà dopo aver attraversato una fase di dipendenza, come Zac Efron, Kelly Osbourne e Lana Del Rey.
Dry Dating e Mocktail: le nuove passioni della GenZ – Tra tutti i vizi, quello del bere sembra diventato il meno glamour. Altro che gioventù ribelle: sono proprio i più giovani – Millennial e Gen Z – a invertire la rotta per diversi motivi: più attenzione alla salute e al portafogli, visto quanto incidono bottiglie e drink sul budget di una serata fuori casa. A dare un giro di vite poi ci ha pensato il nuovo codice della strada: il limite non è diminuito (è sempre 0.5) ma le sanzioni sono aumentate. Risultato: ristoratori che si lamentano dei bicchieri vuoti e boom delle vendite degli alcol test fai-da-te. Intanto, sui social prendono piede curiosi fenomeni collaterali, come il “dry dating” (cioè un appuntamento senza il classico calice per rompere il ghiaccio) o uno stile di vita “sober curious”.
L’inversione di tendenza è stata possibile anche grazie a un considerevole aumento delle alternative analcoliche, presenti ormai in moltissimi bar e perfino nelle enoteche. Ridurre l’alcol non significa tagliare le uscite: si può sempre ordinare un mocktail, cioè un drink analcolico ma altrettanto gustoso, colorato e sofisticato. E ci si può sempre dare appuntamento in un sober bar, sempre più popolari negli Stati Uniti e sbarcati anche in Italia.
Probabilmente a questo punto sentirete i sintomi di un infarto in corso: che fine faranno le cantine e i vitigni che il mondo ci invidia? E l’amaro del nonno, il limoncello della zia? I birrifici artigianali? E i corsi da sommelier con cui vantarsi nelle cene da amici? La questione è molto ampia e sentita e intreccia tradizione, cultura e socialità. Ma, in definitiva, l’obiettivo della nuova sobrietà non è far piazza pulita delle bottiglie, ma una generale presa di consapevolezza sulle quantità e sulla qualità di ciò che beviamo. Un conto è gustarsi un bicchiere di buon vino a tavola, un altro bere qualsiasi cosa capiti a tiro per ‘rilassarsi’ o ‘staccare la spina’, passando ogni limite ragionevole e danneggiando la propria salute. Il Dry January non ci renderà tutti astemi, ma avrà almeno il merito di aprire una riflessione: possiamo smettere di considerare divertente ubriacarsi?
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