Di fatto la conferenza dei servizi sul dissalatore sul fiume Tara di Taranto, progetto proposto da Acquedotto Pugliese per rifornire di acqua 380mila persone e beneficiario di finanziamenti sia del Pnrr che del Fondo e sviluppo e coesione, sarebbe chiusa. L’ok alla Valutazione di impatto ambientale espressa, sia pure a prevalenza, nella riunione del 10 gennaio scorso, pone il dissalatore su una strada in discesa e comincia ad avvicinarlo all’apertura del cantiere, visto che ci sono già le imprese private che lo costruiranno. Tuttavia non si può escludere a priori che la conferenza dei servizi possa essere riaperta. Non sono calendarizzate nuove sedute, è vero, al contrario di quello che è accaduto nelle scorse settimane, ma è anche vero che ci sono ancora un paio di questioni da chiarire, ci sono ancora autorizzazioni che devono essere rilasciate all’autorità che procede, ovvero la Regione Puglia, e non è detto che in questa ulteriore fase non emergano aspetti o prescrizioni tali da dover portare ad una riapertura della conferenza. Senza trascurare che rimane sul tavolo il parere negativo, e negativo in termini rilevanti, espresso dal ministero della Cultura attraverso la Soprintendenza delegata ad esprimersi sui progetti del Pnrr.
Il documento
Oggi, probabilmente, potrebbe essere pubblicato il verbale della seduta del 10 scorso, che per la verità era già pronto il giorno stesso, e questo verbale, nel riportare le varie posizioni emerse al tavolo, dovrebbe richiamare anche il no manifestato dalla Soprintendenza, la quale ha portato un parere di una cinquantina di pagine, parere che quel giorno è stato pure illustrato dai rappresentanti della Soprintendenza stessa. Ma si diceva di questioni ancora aperte. Una riguarda l’impatto o meno dell’area scelta per costruire il dissalatore con il Sin Taranto. Il Sin, sigla di Sito di interesse nazionale, è quella parte fra terra e mare che il ministero dell’Ambiente ha delimitato molti anni fa perché inquinata. Un’area vasta che solo a dicembre scorso ha cominciato a ridursi un po’ con la nuova perimetrazione stabilita dal decreto del ministro Gilberto Pichetto Fratin. Ma nelle aree che sono uscite dal Sin, perché ritenute libere dall’inquinamento, non c’è nulla che riguardi la zona del Tara. Le aree svincolate sono altre e diverse appartengono al retroporto. Alla conferenza il ministero dell’Ambiente ha quindi posto il quesito se costruire il dissalatore dove è stato previsto, impatti o meno col Sin perché da qui scaturirebbero poi altre valutazioni. E magari prescrizioni. Una risposta non c’è ancora in quanto il ministero ha delegato gli accertamenti all’Ispra, all’Arpa Puglia, all’Istituto superiore di Sanità , all’Asl Taranto e all’Inail, anche se un ruolo maggiore nella verifica dovrebbero giocarlo i primi due-tre. Orientativamente si ritiene che non vi siano impatti col Sin perché quella del Tara non è mai stata una zona industriale e quindi se inquinamento c’è, questo sarebbe di derivazione e potrebbe eventualmente riguardare la falda più che i terreni. E se fosse circoscritto alla falda, la costruzione del dissalatore non interferirebbe con l’azione di bonifica. Che egualmente potrebbe farsi.
Il tratto di quell’area, si osserva, non è l’appartenenza o meno al Sin ma l’essere di pregio ambientale, aspetto, questo, che Arpa ha ampiamente richiamato nel suo parere negativo laddove dice che c’è un patrimonio forestale da tutelare. A questo poi si aggiungono le colture agricole, cioè gli agrumeti e gli oliveti della zona, anche se Aqp sul punto ha assicurato che sono state previste misure di salvaguardia. Tuttavia, se dai pareri che arriveranno dagli enti interpellati, il ministero dell’Ambiente dovesse imporre prescrizioni tali da incidere sul progetto, è evidente che la conferenza dei servizi andrà riaperta.
Il prelievo
Un altro nodo è quello dell’autorizzazione al prelievo dell’acqua. Il dissalatore avrà sì la Via favorevole ma non ha ancora ottenuto l’ok ad attingere i mille litri al secondo richiesti. L’autorizzazione deve rilasciarla un ufficio della Regione (la Regione partecipa alla conferenza con diversi uffici). Si potrebbe osservare che se c’è già la Via positiva, se la Regione vuole che l’impianto si faccia perché sono in gioco importanti fondi pubblici (solo dal Fondo sviluppo e coesione arrivano 70 milioni) e se la stessa Regione ultimamente ha tenuto due riunioni sul progetto insieme ad Aqp ed Arpa coordinate dal capo di gabinetto della presidenza, il che dimostra l’attenzione che c’è sulla vicenda, nulla dovrebbe impedire l’assenso al prelievo. E tuttavia c’è sempre il fatto che c’è già un prelievo dal Tara ed è quello di Acque del Sud, ex Eipli, per 1.100 litri al secondo divisi tra l’ex Ilva e l’irrigazione delle campagne. Questo rimane un aspetto aperto, nonché oggetto di valutazione. Ed è stato già evidenziato che il Tara, a lungo andare, non può reggere due prelievi, anche se in materia sono state previste misure di mitigazione e controllo. Infine, ma non per ultimo come importanza, il no del ministero della Cultura. Che si configura molto significativo per liquidarlo come se nulla fosse avvenuto. Prendendo spunto dal Mic, i Verdi, l’altro ieri, hanno annunciato che intendono muoversi tra ricorso al Tar ed esposto alla Commissione Europea. E quindi sul fronte politico, ma anche su quello della mobilitazione dei comitati contrari al dissalatore, sono da attendersi nuove iniziative. A ciò si aggiunga che domani la commissione Ambiente della Regione esaminerà il caso ascoltando un po’ tutte le voci: Regione anzitutto, e poi Arpa, Aqp, Acque del Sud, Ilva in amministrazione straordinaria, Comune e Provincia di Taranto, comitato per la difesa del Tara e WWF. La seduta comincerà alle 12.
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