Progetto fotovoltaico e tutela del patrimonio culturale, allarme della Fondazione Aquileia e del Comune

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Aquileia (Ud) – Il progetto per la realizzazione di un parco fotovoltaico ad Aquileia, nella località San Zili-Casa Bianca, ha ricevuto il via libera nonostante una lunga serie di pareri contrari e le critiche sul ritardo nella definizione normativa delle aree idonee per tali impianti in Friuli Venezia Giulia.

Con il decreto direttoriale Difesa Ambiente ed Energia della Regione n. 55197 del 13 novembre 2024, è stata autorizzata l’installazione di 17.524 pannelli fotovoltaici alti 2,44 metri dal suolo, per una potenza complessiva di 9.989 kWp. L’impianto occuperà 21 ettari, comprendendo quattro cabine di campo e un cavidotto di 6 chilometri verso la cabina primaria di Belvedere.

A seguito dell’approvazione, in questi giorni la Fondazione Aquileia, il Comune,  associazioni ambientaliste e consiglieri regionali di opposizione stanno manifestando l’opposizione al progetto.

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La questione del patrimonio storico e archeologico

La decisione regionale era giunta nonostante i pareri contrari espressi dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, dal Comune di Aquileia, dall’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali e dalla Fondazione Aquileia.
L’area interessata è infatti tutelata da vincoli archeologici fin dal 1931 e da vincoli paesaggistici imposti dal decreto legislativo n. 42/2004. Inoltre, l’intera zona rientra dal 1998 nel sito UNESCO IT_825 “Area Archeologica di Aquileia e Basilica Patriarcale”.

L’impianto dovrebbe sorgere in una località a ridosso della zona “cuscinetto” del sito UNESCO, istituita nel 2018 per proteggere ulteriormente un patrimonio che rappresenta una delle testimonianze più rilevanti dell’antica Roma. Nei terreni interessati dal progetto si trovano importanti evidenze archeologiche, tra cui la grande strada romana che collegava Aquileia a Trieste, lungo la quale sorgevano recinti funerari di famiglie nobiliari, oltre ad altre strutture del suburbio cittadino.

Il cavidotto interrato, previsto per collegare l’impianto alla cabina di Belvedere, attraverserebbe aree di alto valore archeologico e storico, in prossimità della SR 352, che si sovrappone al cardine massimo dell’antica Aquileia.

Fondazione Aquileia e comune di Aquileia

La Fondazione Aquileia, attraverso il suo presidente Roberto Corciulo, ha sottolineato il rischio di danni irreversibili per l’immagine e l’integrità del patrimonio UNESCO. “Mi sembra paradossale che non si possa trovare una collocazione diversa e più rispettosa per un impianto industriale come un parco fotovoltaico. L’alto valore percettivo della Basilica patriarcale e del suo campanile potrebbe essere compromesso da questa scelta”, ha dichiarato Corciulo, aggiungendo che tali interventi mettono a rischio il titolo stesso di Patrimonio dell’Umanità.

Anche il sindaco di Aquileia, Emanuele Zorino, ha ribadito la necessità di tutelare un sito di rilevanza storica e culturale unica al mondo. “Aquileia rappresenta la culla della nostra Regione e un riferimento per l’Europa centro-orientale. L’impatto paesaggistico e ambientale di questo progetto sarà fortemente negativo, sia per la zona cuscinetto del sito UNESCO che per il perimetro principale”, ha dichiarato Zorino, auspicando normative più rigorose per la collocazione di impianti di energia rinnovabile in aree di pregio.

Un compromesso controverso

Nonostante le numerose opposizioni, il progetto è stato autorizzato con “prescrizioni di mitigazione ambientale” ma la comunità locale e le istituzioni temono che tali misure non siano sufficienti a preservare il valore paesaggistico e archeologico dell’area. L’iter per l’ampliamento della zona cuscinetto del sito UNESCO è in corso, e la Fondazione Aquileia ha ribadito l’impegno per una tutela più stringente del patrimonio locale.

Ritardi legislativi: la denuncia della consigliera regionale Capozzi (M5S)

A complicare ulteriormente il quadro, emergono le criticità legate ai ritardi normativi della Regione Friuli Venezia Giulia. La consigliera regionale Rosaria Capozzi (MoVimento 5 Stelle), in una nota stampa, ha denunciato l’inerzia della Regione nell’individuare le aree non idonee per la collocazione di impianti fotovoltaici. Secondo Capozzi, la Regione avrebbe dovuto emanare, entro 180 giorni dal 2 luglio scorso, una legge specifica per regolare queste installazioni, ma il disegno di legge approvato dalla sola Giunta regionale il 13 dicembre non è ancora stato sottoposto al Consiglio regionale.

“I termini sono ormai scaduti. Se solo lo Stato volesse, potrebbe già attivare i poteri sostitutivi davanti all’inerzia della Regione, ma di sicuro non per avere limiti più restrittivi rispetto a quelli attuali”, ha sottolineato Capozzi. Anche qualora la legge venisse approvata, ha precisato la consigliera, essa non avrebbe efficacia immediata: ulteriori dodici mesi sarebbero necessari per individuare la cartografia delle aree non idonee, seguiti da consultazioni pubbliche e un nuovo passaggio davanti alla Giunta per l’approvazione definitiva. Nel frattempo, le richieste per nuovi impianti potrebbero continuare a essere presentate e approvate.

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“La normativa regionale in arrivo rischia non solo di essere inefficace ma anche di essere impugnata dal Governo, allungando ulteriormente i tempi e lasciando spazio per nuove richieste”, ha concluso.

L’impianto di Aquileia rappresenta un caso emblematico delle conseguenze di questa lentezza legislativa.

Transizione energetica e tutela del patrimonio: un equilibrio da trovare

Il caso di Aquileia solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra transizione energetica e salvaguardia del patrimonio culturale. La mancanza di una regolamentazione chiara e tempestiva aggrava una situazione già complessa, in cui le istituzioni locali si trovano spesso a dover scegliere tra sviluppo sostenibile e protezione del territorio. Resta da vedere se il ritardo legislativo della Regione Friuli Venezia Giulia verrà colmato e se le nuove norme saranno in grado di prevenire situazioni simili in futuro, garantendo un equilibrio rispettoso delle esigenze di sviluppo e tutela.

Una raccolta firme per arginare il fenomeno del fotovoltaico/agrivoltaico

“Quanto sta accadendo oggi in Italia nell’ambito della transizione energetica – scrive il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) – sta dando corpo ai peggiori incubi sulla sorte di boschi, campi, prati, paesaggi storici del nostro Bel Paese.

Il sacrosanto passaggio all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua) dalle fonti fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) in assenza di pianificazione e anche di semplice buon senso sta favorendo le peggiori iniziative di speculazione energetica.

È ora che ciascuno di noi faccia sentire la sua voce: firma, diffondi e fai firmare la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica”.

La petizione popolare, promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), si firma qui https://chng.it/MNPNNM9Q62.

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(Foto generica, da Pixabay)



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