urne aperte per il ballottaggio delle presidenziali, Milanovic favorito per la vittoria

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Seggi aperti dalle 7 di questa mattina alle 19 in Croazia dove si vota per il secondo turno delle elezioni presidenziali. Per il ballottaggio, tra il capo dello Stato uscente, Zoran Milanovic, e il rivale, Dragan Primorac, sono chiamati alle urne 3,7 milioni di cittadini aventi diritto al voto. Al primo turno delle elezioni, il 29 dicembre, Milanovic ha ottenuto il 49,9 per cento dei voti contro il 19,3 per cento delle preferenze ottenute dallo sfidante. Il capo di Stato uscente ha vinto in tutte le regioni croate e nelle 20 città più grandi mentre Primorac, candidato sostenuto dall’Unione democratica croata (Hdz) al governo nel Paese, ha trionfato all’estero. Il risultato del ballottaggio pare quasi scontato e Milanovic dovrebbe essere riconfermato senza difficoltà per altri 5 anni alla guida del Paese.

Ad ogni modo, il risultato del primo turno conferma la tendenza dell’elettorato che, se per il governo continua a premiare la gestione di lunga durata dell’Unione democratica croata (Hdz), per la presidenza sceglie “di bilanciare” con il voto al socialdemocratico Milanovic (che si è dovuto formalmente dimettere da incarichi di partito, come prevede la legge croata, quando è stato eletto nel 2020). L’Hdz e suoi dirigenti continuano a sostenere la possibilità di un rovesciamento delle posizioni “fino all’ultimo minuto”, ma vero è che lo stesso Milanovic, pur dato in vantaggio, ha raccolto molti più voti di quanto previsto, sfiorando il 50 per cento a fronte di pronostici che lo davano al 39-40 per cento. Il candidato di centrodestra Primorac ha invece raccolto molto meno di quanto sperato, con un 19,3 per cento a fronte di una previsione del 24 per cento. Fra il primo e il secondo turno la maggiore differenza potrebbe essere fatta dal duello televisivo del 7 gennaio, che ha messo a confronto i due candidati sui principali temi sul tavolo.

Molti di questi temi sono stati quelli che hanno tenuto alta la tensione fra le massime cariche in tutta la passata legislatura, dall’impegno in Ucraina alla difesa nazionale, dal rapporto con le istituzioni europee a quello con la Nato fino alla questione palestinese. Nel corso del dibattito televisivo Milanovic è stato accusato dal rivale Primorac di essere “filorusso e filo Hamas” per le sue posizioni più volte espresse in questi mesi, e di “spaventare i cittadini” sostenendo che il governo intende inviare militari croati in Ucraina. Il presidente uscente, da parte sua, ha accusato Primorac di frequentare “assassini di massa”, alludendo al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e ha aggiunto che la Croazia “non ha bisogno di prepararsi alla guerra” in riferimento al conflitto in Ucraina. Anche sul settore della difesa nazionale le posizioni si sono confermate divergenti nel corso del dibattito. Milanovic ha valutato come un attacco all’ordinamento costituzionale la possibile modifica dei poteri del presidente in questo campo, mentre Primorac ha sottolineato che i problemi di cooperazione tra il presidente, il governo e il ministero della Difesa “sorgono a causa dell’attuale capo dello Stato”.

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Le posizioni di Milanovic si caratterizzano sempre più, agli occhi dell’elettorato, come un’inconsueta convivenza di richiami nazionalisti in politica estera, in particolare quando “si schiera per il Paese” contro presunte “ingerenze esterne”, e posizioni più affini alla sua derivazione di centrosinistra per quanto riguarda i temi di politica interna e vicini alla società croata. Sul fronte estero, le dichiarazioni contrarie ad un allineamento con le politiche dell’Ue a favore “dell’interesse nazionale” gli hanno fatto guadagnare il soprannome di “Trump croato”, mentre le posizioni sulla guerra in Ucraina hanno spinto i suoi rivali politici a definirlo “filorusso”. Sul fronte della politica interna, invece, Milanovic sceglie di mantenere un profilo di sinistra ereditato dal suo partito d’appartenenza. Le sue idee si sono dunque dimostrate diverse da quelle del partito conservatore Hdz, sempre nel corso del duello televisivo del 7 gennaio, quando sono stati toccati temi come quello del diritto all’aborto. Rispetto a questo punto Milanovic ha difeso fermamente il diritto delle donne alla libera scelta, mentre Primorac ha sottolineato l’importanza di tutelare la vita. Anche nei rapporti tra Stato e Chiesa le posizioni sono risultate opposte: Milanovic ha difeso una netta separazione tra le due sfere, mentre Primorac ha sottolineato l’importanza dei valori tradizionali e dell’identità religiosa. Per quanto riguarda le questioni economiche, infine, Primorac ha ripetutamente criticato Milanovic per la cattiva gestione del Paese quando era a capo del governo, in particolare per la bassa crescita dei salari e delle pensioni e per l’aumento del debito pubblico.

Le ricette dell’Hdz evidentemente convincono di più gli elettori quando si tratta di formare un governo: il 17 aprile 2024 le elezioni parlamentari hanno visto la vittoria del centrodestra e la riconferma del suo leader, Andrej Plenkovic, alla guida dell’esecutivo, nonostante Milanovic si fosse speso in prima persona per far pendere il risultato a favore del Partito socialdemocratico. Quando si tratta di votare “un solo uomo”, invece, riemerge il carisma personale del personaggio politico, che secondo gli esperti è capace di “convincere gli elettori” dimostrando di essere “l’uomo forte della politica” promuovendo direzioni contrarie a quelle espresse dall’Unione europea o dagli alleati della Nato. Il politologo croato Zarko Puhovski, intervistato dall’emittente radiofonica tedesca “Deutsche Welle” al termine del primo turno, ha commentato così la ricetta di Milanovic: “Non ha alcun programma, perché è lui il programma. Si presenta come un uomo dalle parole e dalle idee chiare. Ecco cosa piace alla gente: uomini forti”. I sondaggi pre-ballottaggio sembrano dare ragione a questa analisi: secondo quello commissionato dall’emittente “Rtl”, Milanovic sarebbe sostenuto dal 62,5 per cento degli elettori, mentre il suo avversario Primorac otterrebbe solo il 27,8 per cento. La ricerca mostra anche una sottile quota di indecisi, pari al 6,8 per cento, mentre solo il 2,9 per cento intende votare “scheda nulla”.

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