“Anche noi vittime dei tagli alla sanità, scendete in piazza” – infosannio

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La mobilitazione dei medici contro le politiche del governo Meloni, dopo lo sciopero di novembre, non si è mai fermata. Ieri Filippo Anelli, presidente degli ordini dei medici, ha invocato lo sciopero. Pierino Di Silverio, segretario del sindacato Anaao-Assomed, ha detto a Fanpage.it che al momento non è la priorità: prima bisogna comunicare con il governo e con i cittadini.

(di Luca Pons – fanpage.it) – Meno di due mesi fa, a novembre, i medici sono scesi in piazza per scioperare contro la manovra del governo Meloni. Da allora, però, le cose non sono migliorate. Il presidente della Federazione degli ordini dei medici chirurgici e degli odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli ieri ha detto che “si va verso lo sciopero”. Fanpage.it ha contattato Pierino Di Silverio, segretario del sindacato Anaao-Assomed: lo sciopero, ha detto Di Silverio, non è la priorità, ma il governo deve chiarire qual è la sua linea sulla sanità.

E anche il rapporto con i cittadini deve migliorare: “Dobbiamo fargli capire qual è la situazione. A scendere in piazza dovrebbero essere loro. L’anomalia sociale è che io, professionista, che teoricamente da una privatizzazione del sistema potrei anche guadagnarci, lotto per salvare il sistema pubblico. Il cittadino che già oggi si vede negati quei benefici previsti dalla Costituzione, sembra rassegnato”, ha detto.

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Il presidente della Fnomceo Anelli ha detto che il 25 gennaio ci sarà un incontro tra l’ordine e i sindacati. Ci andrete?

Sì, ci saremo anche noi.

È vero che si va verso uno sciopero?

È troppo presto per dirlo. Incontreremo i maggiori sindacati di tutte le altre categorie di medici. Non abbiamo parlato di sciopero finora, ma cominceremo una mobilitazione unitaria: faremo un manifesto e ci rivolgeremo anche ai cittadini. L’obiettivo non è scioperare, ma riuscire a comunicare in maniera chiara con due soggetti.

Chi?

Da una parte, con le istituzioni.

Il ministro Schillaci?

Ad oggi ancora non abbiamo ancora capito chi comanda sulla sanità in questo governo. Vorremmo capirlo, e vorremmo capire che idea hanno dei professionisti. Ci sembra li abbiano dimenticati.

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Con chi altro volete comunicare, oltre al governo?

Abbiamo il dovere di parlare, con un linguaggio diverso, al cittadino.

In che senso?

Ormai il rapporto medico-paziente si è andato deteriorando in maniera inesorabile. Sono esplose sono solo le aggressioni, ma anche le denunce. È diventato un rapporto molto complicato: il paziente che si vede negare molte volte il diritto gratuito alla salute e identifica il medico come responsabile.

Cosa vorreste dire ai cittadini?

Dobbiamo fargli capire qual è la situazione. A scendere in piazza dovrebbero essere loro. L’anomalia sociale è che io, professionista, che teoricamente da una privatizzazione del sistema potrei anche guadagnarci, lotto per salvare il sistema pubblico. Il cittadino che già oggi si vede negati quei benefici previsti dalla Costituzione, sembra rassegnato.

Noi dobbiamo sforzarci di far capire ai cittadini che siamo vittime, quanto loro, del disinvestimento e della mancanza di visione che appartiene non solo a questo di governo, ma anche a quelli degli ultimi dieci anni almeno.

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La situazione è la stessa di dieci anni fa?

No, una cosa è cambiata. Fino a qualche anno fa, i colleghi continuavano a resistere. Oggi, cominciano ad andarsene dagli ospedali. L’esasperazione è arrivata a questo livello. Non si sentono più tutelati dalle istituzioni, né probabilmente da noi sindacati, dato che ci sono stati tolti tutti gli strumenti per tutelare i diritti. E in più si sentono ingabbiati e impotenti rispetto alle richieste dei cittadini.

L’ultimo vostro sciopero è stato a novembre, in vista della manovra. Da allora le cose non sono migliorate?

La manovra non ci ha dato risposte. Infatti siamo in continuità con quella mobilitazione.

Al governo cosa chiedete?

Che ci facciano la cortesia di dirci cosa vogliono farne dei medici, degli infermieri, dei dirigenti sanitari, dei giovani, dei rapporti di lavoro… Serve un nuovo patto della salute, in un mondo sanitario profondamente mutato in 47 anni.

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Servirebbe un tavolo permanente al ministero con i rappresentanti della categoria, come ha chiesto il presidente dell’ordine Anelli?

Tavoli permanenti, commissioni…Sicuramente tutto può essere utile. L’unica cosa reale e concreta che servirebbe è che si aprisse da subito, domani mattina, un confronto ufficiale con le parti sociali, la politica e i cittadini, con un un timing preciso per rifare un patto della salute. Senza tempi e obiettivi precisi, si finisce quei macro agglomerati che abbiamo già visto, che non vanno da nessuna parte.

Sono ore decisive per il rinnovo del contratto collettivo per il comparto Sanità, cioè infermieri, tecnici, e in generale personale non medico. La vostra situazione, per quanto riguarda il contratto, qual è invece?

È scaduto a dicembre, le trattative dovrebbero partire proprio dopo il comparto Sanità, quindi a quel punto sarà scaduto da mesi. L’aumento dovrebbe essere circa del 6,70%. Ma il problema è sempre più profondo delle risorse, che comunque servono. Se non c’è una visione politica chiara sul tipo di rapporto di lavoro che si vuole, ci sediamo a parlare di briciole economiche.

Il contratto non deve solo adeguare lo stipendio al costo della vita, ma anche  l’organizzazione del lavoro ai tempi. Invece tutto si riduce a uno scontro: le Regioni dicono che manca personale e quindi c’è bisogno che noi lavoriamo di più, noi diciamo che siamo allo stremo, e dopo 6-8 mesi si raggiungono degli accordi che non convincono nessuno. Non solo, ma poi i contratti non vengono nemmeno applicati. Su queste basi, potremmo anche decidere di non firmare il prossimo contratto: che motivo c’è, se è peggiorativo?



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