È possibile fare i test antidroga ai parlamentari?

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Ecco perché nessun poliziotto potrebbe sottoporre un parlamentare a test salivare della droga.

Di fronte alla stretta stabilita dal nuovo Codice della strada – che, come sappiamo, ora punisce chi si mette alla guida dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti, pur non essendo più sotto il loro effetto – parecchi cittadini si chiedono: è possibile fare i test antidroga ai parlamentari?

Qualcuno ci aveva provato, in passato, a prevedere l’obbligo per i parlamentari di sottoporsi, almeno per una volta nell’arco del proprio mandato, al drug test: l’esame che scopre la pregressa assunzione di droga. Grazie a metodi avanzati, come l’analisi del capello, tali controlli possono rilevare l’uso di sostanze stupefacenti anche a diversi mesi di distanza.

La proposta di introdurre una legge in tal senso – spesso lanciata più come una provocazione – ha sollevato numerosi dibattiti. La questione è particolarmente delicata coinvolgendo, da un lato, profili di privacy dei parlamentari e, dall’altro, la trasparenza e la responsabilità di chi ha il compito di governare il Paese o comunque ricopre incarichi pubblici di estremo rilievo ed impegno, come appunto quelli di deputato o di senatore.

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Nonostante l’intento di assicurare un governo libero da influenze illecite, l’imposizione di tale obbligo ai membri del Parlamento è stata percepita come un’invasione della riservatezza legata alla salute: diritto tutelato direttamente dalla Costituzione. Ma, al di là di tutto questo, è possibile fare i test antidroga ai parlamentari? Ad esempio se un poliziotto dovesse accorgersi che un senatore o un deputato è palesemente in stato di alterazione psicofisica, potrebbe sottoporlo all’esame della saliva, del sangue o degli altri liquidi biologici?

A ben vedere, l’ostacolo, prima ancora che politico o di opportunità, è normativo. Difatti, ad oggi, la legge vieta i controlli antidroga a chi, nel momento stesso del controllo, non è al volante di un’auto. Cerchiamo di spiegarci meglio.

L’assunzione della droga di per sé non costituisce un illecito: non può, cioè, essere punita né a livello amministrativo né penale. Ciò che è vietato è lo spaccio, il traffico, la coltivazione o produzione, la detenzione per uso personale e, dal 14 dicembre 2024 (data di entrata in vigore della riforma al Codice della strada) la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti (fino a tale data per essere incriminati bisognava essere sotto l’effetto delle stesse).

Dunque il fatto di essersi drogati non può essere sanzionato. E ciò vale per qualsiasi cittadino, parlamentari compresi. Anche i controlli sul lavoro, finalizzati a rilevare la dipendenza da sostanze stupefacenti, possono portare solo alla risoluzione del contratto ma non anche a procedimenti penali. Ne abbiamo già parlato nell’articolo:”Fare uso di droga è legale?“.

Per quanto paradossale possa sembrare, la nostra legge punisce con una semplice sanzione amministrativa il comportamento anteriore (ossia il “possesso” finalizzato all’assunzione personale), con la sospensione della patente, del passaporto e del porto d’armi, da uno a dodici mesi. Ma il fatto di aver portato a termine la condotta, con l’assunzione della sostanza stupefacente, non è punibile. E questo per evitare una stigmatizzazione sociale nei confronti dei “drogati”.

Si tratta, chiaramente, di un compromesso tra due diverse ed opposte correnti: i proibizionisti e coloro che, invece, vorrebbero la liberalizzazione delle droghe (o di alcuni tipi di esse).

Perciò, se un poliziotto dovesse accorgersi che una persona qualsiasi – non necessariamente un parlamentare – ha appena fatto uso di droghe, non solo non potrebbe sanzionarla, ma non avrebbe neanche il potere di sottoporla a test salivare o a prelievo ed analisi dei liquidi corporei (sangue, urine, ecc.) per “misurare” la positività, visto che il risultato positivo non darebbe luogo ad alcun tipo di conseguenza giuridica.

Ecco perché non è possibile fare il test antidroga ai parlamentari. A meno che, ovviamente, non venga varata un’apposita legge finalizzata a prevedere che chi  guida il Paese debba avere – al pari di chi conduce un’automobile – il pieno controllo delle proprie capacità psicofisiche. Ma questa è, evidentemente, una scelta politica.

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