Il manifesto Esg+h può avere un forte impatto in quei settori dove il rapporto con le persone e il territorio è centrale. La sostenibilità deve essere innanzitutto uno strumento di progresso, non un dogma. L’obiettivo deve essere quello di mettere al centro la persona. Le Pmi possono trarre vantaggio competitivo dall’adozione di un modello che valorizza qualità, innovazione e relazioni umane. Conversazione con Massimo Lapucci, presidente Egea Holding e international fellow alla Yale University presso il Digital ethics center e co-autore, assieme a Stefano Lucchini, chief institutional affairs and external communication officer di Intesa Sanpaolo, del volume “Ritrovare l’umano. Perché non c’è sostenibilità senza Health, Human e Happiness”(Baldini e Castoldi)
14/01/2025
“La sostenibilità deve essere innanzitutto uno strumento di progresso, non un dogma”. Già in questa frase, pronunciata da Massimo Lapucci – presidente Egea Holding e international fellow alla Yale University presso il Digital ethics center – è racchiuso il senso di un nuovo paradigma in ordine alla sostenibilità. Ed è questo il senso profondo di Ritrovare l’umano. Perché non c’è sostenibilità senza Health, Human e Happiness (Baldini e Castoldi) il volume scritto a quattro mani da Lapucci e Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer di Intesa Sanpaolo. “Ritrovare l’umano – scandisce sulle colonne di Formiche.net uno dei due autori – significa innanzitutto riportare al centro il “ben-essere”, la dignità e la felicità della persona, riconoscendo che la sostenibilità non è solo ambientale o economica ma anche sociale e profondamente umana”.
Spesso, gli acronimi si trasformano in balzelli burocratici che, malgrado i positivi intendimenti, minano la competitività delle imprese. Cosa c’è di diverso nella ricetta che avete proposto?
La nostra proposta ESG+H, non vuole essere un ulteriore peso burocratico, bensì un’opportunità per le imprese e le organizzazioni non profit di riflettere e, se necessario, di saper ripensare il proprio impatto sociale e ambientale attraverso una dimensione più umana e inclusiva. La differenza fondamentale risiede nell’approccio: non si tratta di aggiungere un livello di complessità, ma di integrare, nei principi guida, i concetti della salute psico-fisica (Health intesa come Global Health), della centralità della Persona (Human) e della felicità (Happiness) intesa come wellbeing. Questo paradigma è pensato per stimolare un cambiamento culturale e non solo operativo o di processo, offrendo alle organizzazioni strumenti per creare valore sostenibile che non si limiti alla conformità normativa ma che sia invece percepito come una leva di incremento del vantaggio competitivo. ESG+H punta a coinvolgere i lavoratori, i consumatori e l’intera comunità degli stakeholder in un progetto di crescita condivisa, superando la logica del mero adempimento normativo.
Il titolo è emblematico: parla di ritrovare l’umano. Dal vostro punto di vista come e quando “l’umano” è stato perso?
“L’umano” si perde quando l’enfasi sull’efficienza, il profitto ad ogni costo ambientale o sociale e il progresso tecnologico sovrastano il valore intrinseco della Persona. E questo non riguarda solo i nostri giorni: nel libro ci siamo anche soffermati su una breve ricostruzione storica del tema della sostenibilità che viene da più lontano rispetto a quello che comunemente si crede. Con l’avvento delle diverse rivoluzioni industriali, il lavoro è stato progressivamente spersonalizzato, trasformando l’individuo in un ingranaggio all’interno del sistema produttivo. Inoltre, negli ultimi anni, l’automazione e la crescente digitalizzazione, pur con i loro indiscutibili vantaggi, hanno portato a una visione riduzionista – come pure afferma autorevolmente il prof. Sebastiano Maffettone nella prefazione del libro – dove metriche e numeri prevalgono sull’umanità delle scelte economiche e sociali. Questo ha generato alienazione, crescenti disuguaglianze e una visione frammentata della sostenibilità. Ritrovare l’umano significa innanzitutto riportare al centro il “ben-essere”, la dignità e la felicità della Persona, riconoscendo che la sostenibilità non è solo ambientale o economica ma anche sociale e profondamente umana.
Come immaginate, nel mondo del lavoro, il rapporto tra Human e IA?
Il rapporto tra Human e Intelligenza Artificiale deve essere complementare e sinergico. La sfida che ci attende è quella di sviluppare un IA che non sia solo potente ed efficiente ma anche equa e trasparente. Non vediamo l’IA come un sostituto dell’essere umano, ma come uno strumento potente che, se ben utilizzato, può liberare tempo e risorse per attività che richiedono creatività, empatia e capacità decisionali. L’IA può migliorare la produttività e semplificare processi complessi, ma l’essere umano deve rimanere il decisore finale, il custode dei valori e il motore del progresso. È fondamentale stabilire un’etica chiara nell’uso delle tecnologie, promuovendo una “ibridazione etica” tra ESG+H e IA che non sia percepita come un freno ma come una guida e dove la tecnologia supporta il benessere e la dignità del lavoro, evitando derive disumanizzanti di breve termine.
In quali settori, dal vostro punto di vista, potrà avere maggior successo questo manifesto che avete elaborato?
Il manifesto ESG+H può avere un forte impatto in quei settori dove il rapporto con le persone e il territorio è centrale. A cominciare naturalmente dalle “utilities” che si occupano sul territorio di energia, ambiente, acqua. Pensiamo anche al settore della sanità, dove la salute (global Health) è una componente essenziale; ma anche al settore educativo, dove formare nuove generazioni con un approccio che non dimentichi la formazione umanistica è cruciale e non a caso molte aziende, specie a livello internazionale, si dotano sempre più di collaboratori e manager che integrano il loro percorso formativo anche con competenze specifiche in ambito umanistico o creativo; e ai settori tecnologico e finanziario, dove è urgente promuovere un uso etico dell’innovazione e delle risorse anche in termini di un necessario miglioramento reputazionale percepito. Inoltre, anche il manifatturiero e l’agroalimentare italiano, strettamente legati alla qualità della vita e al benessere delle comunità, possono beneficiare enormemente da un approccio ESG+H, valorizzando le persone e le tradizioni del territorio in una chiave moderna e sostenibile anche pensando alle future generazioni.
Non pensate che sul tema della sostenibilità intesa in senso ampio ci sia stato per lo più un approccio ideologico?
Sì, e questo è uno dei motivi per cui abbiamo sentito l’urgenza di elaborare un nuovo paradigma. La sostenibilità, in molti casi, è stata ridotta a uno slogan o a un’ideologia, piuttosto che a una pratica concreta e misurabile. Troppo spesso si è assistito a fenomeni di greenwashing o social washing, che hanno minato la credibilità dei princìpi ESG e questo ha interessato indifferentemente il mondo profit ma anche quello non-profit. Con ESG+H, proponiamo di superare l’approccio ideologico o di posizionamento politico, soggetto al trend del momento, per concentrarci su un modello pragmatico e inclusivo, che metta al centro il benessere umano e collettivo, con metriche trasparenti e obiettivi realizzabili. La sostenibilità deve essere innanzitutto uno strumento di progresso, non un dogma.
Il vostro manifesto potrebbe essere adeguato al sistema produttivo italiano che, per lo più, è fatto di piccole e medie imprese?
Certamente sì. Sappiamo bene che molti Paesi godono dei vantaggi competitivi legati alla presenza di grandi gruppi industriali e tuttavia specie nei momenti di maggior complessità o di transizione come quello attuale, questo aspetto rappresenta talvolta una maggior rigidità e un freno al cambiamento e al superamento delle difficoltà (penso ad es. alla Germania in questa fase storica). Il sistema produttivo italiano, composto principalmente da PMI, meglio si adatta a recepire i princìpi ESG+H. Le piccole e medie imprese italiane hanno una forte connessione con i territori, i lavoratori e le comunità locali, e questo le rende maggiormente predisposte a un approccio che valorizza la Persona e il benessere collettivo. ESG+H non richiede investimenti ingenti o strutture complesse, ma piuttosto un cambio di mentalità che promuova pratiche sostenibili e maggiormente ‘umane’. Inoltre, le Pmi possono trarre vantaggio competitivo dall’adozione di un modello che valorizza qualità, innovazione e relazioni umane, caratteristiche che già rappresentano intrinsecamente il loro punto di forza.
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