CS Ampliamento Fox Petroli a Pesaro in piena area a rischio alluvione del fiume Foglia: il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua diffida gli enti

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(AGENPARL) – Roma, 16 Gennaio 2025

(AGENPARL) – gio 16 gennaio 2025 Roma,13/01/2025
– Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – commissione VIA PNIEC-PNRR
– Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Direzione generale valutazioni ambientali
– Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Direzione generale uso sostenibile del
suolo e delle acque
Dipartimento della Protezione Civile Nazionale
Comando generale del Vigili del Fuoco
Comando regionale Marche dei Vigili del Fuoco
ISPRA
Prefettura di Pesaro-Urbino
Arpa Marche
Comune di Pesaro
Provincia di Pesaro
Regione Marche – Protezione Civile e Sicurezza del territorio
Regione Marche – Funzione Difesa del Suolo e della Costa
Regione Marche – Direzione Ambiente e Risorse Idriche
Autorità di bacino distrettuale Appennino centrale
OGGETTO: progetto “Riqualifica da deposito di stoccaggio prodotti
positiva – applicazione delle Direttiva 60/2000/CE “Acque”- Direttiva
2007/60/CE “Alluvioni” – D.lgs.105/2015 “Attuazione della direttiva 2012/18/UE
relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze
pericolose” – responsabilità in caso di danni a cose e persone – DIFFIDA a
rilasciare autorizzazioni/pareri favorevoli e richiesta di revoca in auto-tutela
del D.M.1/2015, del Parere Commissione VIA – Pniec-Pnrr e di ogni ulteriore
parere e/o autorizzazione favorevole eventualmente già rilasciato
Spett.li Enti,
lo scorso 8 gennaio il Ministero dell’Ambiente e della Transizione Energetica ha
rilasciato la Valutazione di Impatto Ambientale positiva all’intervento in oggetto
(D.M. 1/2025; documentazione qui: https://va.mite.gov.it/it-IT/Oggetti/Info/9384).
Si tratta di un nuovo rilevante e pericoloso impianto industriale per la liquefazione
del metano e la produzione di 400 tonnellate al giorno di Gas Naturale Liquefatto
per una potenzialità complessiva di 146.000 tonnellate/anno.
Il progetto è denominato”Riqualifica da deposito di stoccaggio prodotti petroliferi
liquidi ad impianto di liquefazione gas metano di rete (GNL) – Comune di Pesaro”: a
prima vista sembrerebbe quindi prospettare lo smantellamento dell’esistente
deposito carburanti liquidi da sostituire appunto con il nuovo impianto.
Basta leggere la documentazione per comprendere quanto ciò sia fuorviante,
perché in realtà il nuovo impianto affiancherà e non sostituirà l’attuale
movimentazione di combustibili liquidi.
Infatti, nella documentazione l’azienda sostiene di movimentare 54.000 mc di
combustibili liquidi ogni anno. Il progetto prevede sì di smantellare una parte dei
serbatoi a loro destinati ma ne conserverà diversi (ben 9) con una capienza
complessiva di 30.500 mc, tali da consentire la movimentazione della stessa
quantità annua, o anche di più, di oli combustibili e gasoli.
Pertanto l’impianto di GNL è palesemente un’aggiunta costituendo un
ampliamento con aggravio di rischio: infatti, per quanto riguarda la normativa
sugli impianti a rischio di incidente rilevante (D.lgs.105/2015) si ammette che si
passerà, per la quantità di sostanze pericolose detenute, dalla categoria “di soglia
inferiore” a quella “di soglia superiore” cioè il massimo livello di rischio.
La cosa ancora più sconcertante è che tutto ciò avvenga, per stessa ammissione
dei proponenti, in piena zona di pericolosità e massimo rischio alluvionale R4
del fiume Foglia, che investirebbe in pieno l’impianto in caso di evento
alluvionale importante.
Negli elaborati progettuali la stessa Fox Petroli ammette testualmente che “nel
caso di piena duecentennale, lo scenario di esondazione è estremamente critico,
non solo per la zona dell’impianto in progetto, ma per tutta l’area di Tombaccia.”
Facciamo intanto notare che, vista l’estremizzazione degli eventi climatici, l’evento
di piena da considerare sarebbe quello come minimo cinquecentenario e non
duecentenario, come le stesse autorità di bacino italiane ammettono.
Ciò restituirebbe una situazione di rischio se possibile ancor più grave rispetto a
quanto già ammesso negli elaborati progettuali (dove si ammette ad esempio
l’eventualità di sormonto di 70 mc/s delle arginature), che pure scontano ulteriori
sottovalutazioni. Ad esempio, non si comprende perché nell’elaborato sulla
compatibilità idraulica, nel prospettare il caso della rottura arginale, si introduce
esclusivamente l’eventualità di rottura/sifonamento contemporaneamente su
entrambi i lati del corso fluviale quando la rottura potrebbe interessare solo quello
dell’impianto, producendo effetti ancora maggiori in termini di allagamento (pag.46
dello studio di compatibilità idraulica “…ipotizzando una rottura da entrambe le
sponde, la portata esondata si distribuisca sia in destra che in sinistra idrografica”).
In un paese normale, applicando gli obblighi delle normative esistenti a tutti i livelli,
da quello comunitario a quello regionale nonché il mero buon senso, avrebbero già
imposto la delocalizzazione (o, meglio, nel caso in esame, visto che si tratta di
attività di promozione dell’uso di fonti fossili, la dismissione) dell’impianto esistente.
Figurarsi realizzare un ampliamento dello stesso con aggravio di rischio per un
impianto sottoposto alla normativa cosiddetta “Seveso”!
Tra l’altro l’impianto esistente avrebbe comunque presto raggiunto il fine vita
tecnico mentre così l’occupazione dell’area di pertinenza fluviale sarà prolungata
per decenni, aggravando il rischio anche dal punto di vista temporale.
Ancora più stupefacente che il Ministero dell’Ambiente abbia valutato positivamente
alcune considerazioni circa l’invarianza idraulica e alcune azioni di mitigazione
proposte dal proponente, tra le quali quella, che reputiamo surreale, di “ancorare” i
nuovi impianti alle fondazioni per evitare che vengano trascinate in caso di piena
(sic!).
Oppure di costruire grandi muri attorno ai serbatoi. La stessa azienda si dice pronta
a sostenere (in parte) azioni per mitigare il rischio a monte (peraltro previste dal
2005….), facendo un mero elenco di possibili azioni in tal senso che certo non
garantiscono alcunché. Tra l’altro sono meri esempi e non interventi concreti e
reali.
La cosa più sconcertante è che si sostiene che il rischio diminuirà perché si
toglieranno alcuni serbatoi e si costruirà meno di quanto teoricamente possibile (!).
Peccato però che, come abbiamo visto, nonostante ciò la categoria di rischio per gli
incidenti rilevanti diventi la peggiore per cui quanto sostenuto dall’azienda (e dal
Ministero dell’Ambiente) è palesemente contraddittorio.
In ogni caso è proprio la logica clamorosamente errata: non si opera per
aggravare un rischio per poi cercare di porvi rimedio.
Il tutto costringendo anche all’esecuzione di ulteriori opere in futuro a carico, in tutto
o in parte, della parte pubblica per cercare di tamponare il problema creato, con
dispendio di risorse economiche pubbliche rilevanti a causa di una scelta
palesemente errata.
Capiamo che al Ministero dell’Ambiente siano affezionati alle fonti fossili considerato che il metano da cui viene tratto il GNL è un pericolo gas serra e le
emissioni fuggitive e il trasporto da lunghe distanze lo rendono equiparabile a
carbone e petrolio secondo le ultime ricerche scientifiche – nonostante la crisi
climatica ma qui si sfida il buon senso a dispetto della tutela addirittura
dell’incolumità pubblica permettendo di realizzare, significativamente dopo le
tragedie del Misa, della Toscana e dell’Emilia Romagna, un nuovo impianto a
massimo rischio di incidenti ampliando quello esistente in piena zona alluvionale
alla faccia di tutte le grandi retoriche sulla necessità di lasciare libere le aree di
esondazione dei fiumi.
Il Ministero dell’Ambiente, contravvenendo sostanzialmente a quanto prevede la
normativa sulla V.I.A., anche in connessione con quanto imposto dal
D.lgs.105/2015, che imporrebbe appunto di prevenire o scongiurare problematiche
di carattere idrogeologico per le opere sottoposte alla procedura invece di
promuoverle con decisioni sconcertanti, illogiche e addirittura pericolose, appare
pure “scaricare” in sede di prescrizioni una parte della problematica, richiamando
pareri e autorizzazioni di Autorità di Bacino e CTR.
Incidentalmente, sconcerta (eufemismo) che contenuti tecnici fondamentali per la
comprensione dei rischi per i cittadini siano stati addirittura sottratti alla fase di
dibattito pubblico, visto che di numerosi elaborati del Rapporto di Sicurezza (per
dirne solo due, l’allegato 39 “Conseguenze non mitigate” e l’allegato 41
“Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti”) ne è stato
pubblicato solo il “frontespizio” sul sito del MASE in frontale violazione di ogni diritto
all’informazione, alla trasparenza e alla partecipazione.
Ciò premesso, in considerazione del palese aggravio dei rischi ambientali e per
la pubblica incolumità e delle altrettanto palesi violazioni delle parti essenziali
delle direttive comunitarie e delle normative nazionali e regionali in materia di
gestione e prevenzione del rischio,
SI DIFFIDANO:
-il Ministero dell’Ambiente e la Commissione V.I.A. a provvedere alla revoca in
auto-tutela del D.M.1/2025 nonché del parere favorevole della commissione VIA
Pniec-PNRR, secondo quanto previsto dall’art.21 quinquies della Legge 241/1990;
-tutti gli altri enti a vario titolo coinvolti per esprimere pareri/autorizzazioni di
competenza, a revocarli qualora li abbiano rilasciati in senso favorevole
all’intervento e a rilasciarli in senso ostativo qualora debbano ancora farlo.
L’associazione scrivente si riserva ogni ulteriore intervento, anche per
l’individuazione delle responsabilità dei funzionari in caso di danni all’ambiente
o a cose e persone che dovessero malauguratamente verificarsi in caso di
alluvioni, nonché in caso di uso improprio di risorse pubbliche volte a mitigare
problemi creati da scelte palesemente errate, in presenza dell’ampliamento
dell’impianto e/o mancata delocalizzazione di quello tuttora esistente.

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