‘È un’intrusione nell’autonomia gestionale delle strutture’

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La legge quadro prospettata “è un’intrusione considerevole nell’autonomia gestionale degli enti sussidiati (a livelli comunali, sovracomunali e cantonali). Non considera inoltre l’importante diversità che caratterizza i contesti e le sfide dei settori a cui fa riferimento”. Del resto “la natura delle attività, i rischi e le responsabilità propri di una struttura ospedaliera differiscono da quelli di un istituto per le cure di lunga durata, che a loro volta non sono paragonabili a quelli di un centro diurno o di un luogo di accoglienza di bambini e bambine in età prescolastica”. È con questa e altre considerazioni, contenute nel rapporto stilato dal liberale radicale Matteo Quadranti, che la maggioranza della commissione parlamentare ‘Sanità e sicurezza sociale’ boccia l’iniziativa popolare denominata ‘Per cure sociosanitarie e prestazioni socioeducative di qualità’, sollecitando quindi il plenum del Gran Consiglio a respingerla.

Riuscita nel febbraio 2023 con 7’687 firme valide (ne bastavano settemila), primo promotore l’allora deputato socialista Raoul Ghisletta, l’iniziativa, ricorda Quadranti, “mira a introdurre una nuova legge per definire le condizioni quadro del finanziamento delle strutture ospedaliere, dei servizi ambulanze, delle case per anziani, dei centri diurni, dei servizi di assistenza e cure a domicilio, dei servizi d’appoggio, degli enti socioeducativi, delle strutture per le dipendenze, dei nidi e delle strutture extrascolastiche”. Una legge quadro che andrebbe estesa pure “alle strutture gestite direttamente dal Cantone, richiedendo un adattamento di altre basi legali che possono riguardare anche settori non necessariamente legati alle cure sociosanitarie”. La normativa proposta “intende in particolare disciplinare il ruolo di Cantone e Comuni, le condizioni di lavoro dei dipendenti delle strutture, i diritti di pazienti e utenti, così come le modalità di controllo della qualità”. Dalla commissione ‘Sanità’ sono usciti stamane, come segnala la stessa in una nota, due rapporti. A favore dell’iniziativa popolare la minoranza. Ovvero Verdi, Ps e Più Donne.

Iniziativa, annota il relatore di maggioranza Quadranti, che “mette l’accento su due elementi chiave legati al finanziamento delle strutture e dei servizi: la qualità delle prestazioni e la garanzia di adeguate condizioni di lavoro. In realtà, è proprio sulla base di questi stessi elementi che circa vent’anni or sono si è deciso di introdurre il contratto di prestazione quale strumento di sussidiamento dei settori sanitario, sociosanitario e socioeducativo, con la finalità di migliorare le prestazioni all’utenza e razionalizzare le risorse, responsabilizzando al contempo gli enti sussidiati e attribuendo loro maggiore autonomia”. Secondo Quadranti “l’iniziativa, di fatto, non solo vuol fare un passo indietro, ma propone qualcosa che è contrario ai principi introdotti con passaggio ai mandati di prestazione costruiti sul partenariato tra Stato, parti sociali e beneficiari delle prestazioni”.

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Non la pensano così i commissari che hanno sottoscritto il rapporto di minoranza redatto da Giulia Petralli (Verdi). “Questa iniziativa mira a introdurre una legge quadro capace di affrontare in modo globale e strutturato la questione del rafforzamento delle condizioni dell’intero settore sociosanitario e socioeducativo, nonché di tutelare i diritti dei pazienti”. Senza dimenticare, aggiunge Petralli, “che il contesto sociale registra un crescente bisogno di servizi sociosanitari di qualità, specialmente a causa dell’invecchiamento della popolazione e della crescente complessità dei bisogni assistenziali”. Insomma, “questa iniziativa è un passo fondamentale da compiere”.

‘Effetto deterrente generato dalla minaccia di venire registrati’

Commissione ‘Sanità e sicurezza sociale’ che discuterà già la prossima seduta di un dossier scottante: le blacklist per i morosi di cassa malati. Ovvero lo strumento approvato nel 2021 a livello federale che permette di segnalare chi non paga la cassa malati e negargli così tutte le cure, a eccezione di quelle urgenti ed essenziali. In Ticino questa possibilità – che a dire il vero pochi Cantoni hanno deciso di sfruttare – è al momento ‘congelata’. A favore di una sua riattivazione si è espresso il 58% dei Comuni ticinesi, consultati lo scorso anno. “Gli argomenti principali espressi dai Comuni a sostegno della riattivazione delle blacklist – si legge in una lettera inviata la scorsa settimana dall’Istituto delle assicurazioni sociali ai Municipi – consistono nel potenziale effetto deterrente generato dalla minaccia di venire registrati nella lista nera, e quindi sospesi dalla copertura assicurativa LAMal. In base all’esperienza maturata precedentemente alla pandemia (quando si è deciso di congelare le blacklist, ndr) di fronte al pericolo di finire sulla lista nera almeno una parte dei morosi convocati dai Comuni per le necessarie verifiche decideva di riprendere i pagamenti a copertura dei debiti accumulati verso la propria cassa malati”.

Va invece nella direzione opposta l’iniziativa parlamentare presentata da Ivo Durisch (Ps) che chiede di abolire le blacklist in quanto si tratta di uno strumento “la cui efficacia non convince nemmeno il Consiglio federale, che ha espresso soddisfazione per quei Cantoni che l’hanno abolito. Il vero incentivo a pagare i premi di cassa malati sono gli atti di carenza beni in caso di mancato pagamento”. Cauta la posizione del Consiglio di Stato, che ha fatto sapere di voler attendere le intenzioni del Gran Consiglio. Il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, a titolo personale, ha invece espresso “un certo scetticismo”.

Sempre a proposito di morosi di cassa malati, da quest’anno non è più in vigore l’obbligo di denuncia da parte dei Comuni. Una misura contestata da diversi enti locali, secondo i quali era più l’onere generato dei benefici ottenuti. La denuncia resta comunque possibile per i Comuni che intendono portarla avanti.



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