Germania ancora in recessione nel 2024: Pil in calo dello 0,2% per il grande malato d’Europa

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Redazione Economia

Una contrazione inferiore a quella del 2023, quando l’economia andò giù dello 0,3%, ma è il secondo anno consecutivo che il Pil tedesco arretra. La crisi dell’auto e della manifattura, le catene di fornitura russo-cinesi

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Germania ancora in recessione: meno 0,2% per il 2024 rispetto al 2023 per il Pil tedesco. Si tratta di una contrazione inferiore a quella del 2023, quando l’economia indietreggiò dello 0,3%. Il dato era quello atteso dal governo federale. L’economia tedesca arretra per il secondo anno consecutivo. Tra le ragioni, la concorrenza internazionale (soprattutto in alcuni settori in competizione con la Cina) che ha fatto diminuire le esportazioni tedesche, e l’industria manifatturiera ancora sottoposta a forti pressioni, non da ultime quelle legate ancora agli alti costi energetici. 

Giù l’automobile

Tra i settori più colpiti quello dell’automobile, colpito dalla fine degli incentivi statali per le auto elettriche. Altra nota dolente arriva per le imprese edilizie, che registrano un -3,8%: elevati costi di produzione e tassi di interesse hanno contribuito a fiaccare il settore. L’istituto federale di statistica tedesco segnala anche l’insicurezza che accompagna le famiglie: nonostante salari in aumento, si continua a registrare una diffidenza verso acquisti e investimenti, i consumi sono rimasti pressoché simili a quelli del 2023. Si sottolinea come le famiglie si orientino verso il risparmio (in aumento) rispetto ai consumi.




















































Germania malato d’Europa

«Is Germany once again the sick Man of Europe?», «la Germania è ancora una volta il malato d’Europa? Per l’Economist la risposta è sì, come ha dimostrato la scelta di illustrare la copertina qualche mese fa con l’Ampelmann, l’omino stilizzato dei semafori tedeschi, con al braccio l’asta con il flacone della flebo. Già nel 1999 il settimanale britannico aveva definito la Germania il malato d’Europa. Allora Berlino pagava i costi della riunificazione e problemi come il rallentamento delle esportazioni. Poi, però, le riforme approvate negli anni successivi le avevano consentito di crescere a un ritmo molto più sostenuto delle altre economie europee. 

La crisi geopolitica e tecnologica

L’economista Wolfgang Münchau ha scritto che la crisi tedesca è di natura geopolitica e tecnologica: «Le sue principali industrie sfornano automobili a benzina, prodotti chimici e di ingegneria meccanica». E il Paese è rimasto indietro sulla rivoluzione digitale e fatica a stare al passo con la transizione verde. 

Le filiere di rifornimento

Le sue filiere di rifornimento sono legate a Cina e Russia. Sta pagando più di tutti lo scotto della crisi innescata dalla guerra in Ucraina. Sempre più imprese hanno dichiarato il fallimento nel Paese. L’ultimo caso è quello della Galeria Karstadt Kaufhof. La società ha presentato istanza di fallimento presso il tribunale distrettuale di Essen. L’obiettivo è avere una procedura concorsuale e non una ristrutturazione autogestita come avvenuto per Signa. A inizio 2024 anche il produttore di borse Bree, con sede ad Amburgo, aveva dichiarato bancarotta.

La crisi politica

Per il cancelliere Scholz sono stati mesi difficili e ora si va ad elezioni. I cittadini si recheranno alle urne il prossimo 23 febbraio per rinnovare il Bundestag e il governo. E per la prima volta nella sua storia, l’ultradestra di AfD ha nominato un candidato alla cancelleria, la co-presidente del partito Alice Weidel. D’altronde il 2024 era iniziato all’insegna degli scioperi. Hanno protestato i contadini che sono tornati con i trattori sotto la porta di Brandeburgo, chiedendo che vengano ripristinate le sovvenzioni al gasolio. Hanno protestato i camionisti. Si sono fermati per giorni anche i macchinisti dei treni. La Miele, fabbrica di elettrodomestici d’alta gamma, ha mandato a casa 2.700 operai. La Michelin si ridimensionerà di un terzo nel 2025. Continental Ag a luglio ha abbandonato uno stabilimento che crea sistemi di sicurezza e freni. La Gea, che costruisce macchinari dall’Ottocento, andrà a produrre le pompe di calore in Polonia. E poi il caso Volkswagen, la più grande crisi per il produttore di auto dall’anno della sua fondazione.

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