“Il recupero energetico aiuta il riciclo”. E la competitività

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Mentre soffrono per i costi dell’energia in aumento, le cartiere italiane continuano a pagare per esportare i propri scarti di lavorazione in Austria e Germania. Dove vengono recuperati ‘a piè d’impianto’ dalla stessa industria cartaria. Il direttore di Assocarta Massimo Medugno: “Noi paghiamo e loro producono energia utile ai loro processi”, restando competitivi


“Siamo convinti che il recupero energetico sia una misura che indirettamente, o perché no anche direttamente, può incentivare il riciclo“. A parlare è forse il gestore di un impianto di incenerimento? Il cda di una utility con interessi nei termovalorizzatori che prova a ribaltare il vecchio (ma sempre in voga) adagio secondo cui il recupero energetico fa male al riciclo? No, quelle che avete appena letto sono parole di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta e autorevole esponente di una delle principali filiere nazionali dell’economia circolare. Che di energia ha bisogno per sopravvivere e che con il prezzo del gas tornato stabile oltre i 50 euro al MWh, “non vede nulla di buono all’orizzonte”, dice.

Come già nel 2023 e nel 2024, anche nelle ultime settimane il peso delle bollette si sta ribaltando sull’andamento della produzione industriale. Colpendo in primo luogo i comparti energivori, come quello cartario e “incidendo ancora di più sulla competitività del settore. Per fare industria di base ci vuole energia – spiega il direttore di Assocarta – e anche il riciclo della carta, sebbene in misura minore rispetto alla produzione da cellulosa vergine, è un processo che richiede energia”. Se l’energia costa tanto, costano tanto anche i prodotti finiti. Se quei prodotti costano più di quelli venduti dai competitor, l’industria rischia di finire in perdita e quindi si ferma. Come alle cartiere è accaduto più volte nell’arco degli ultimi due anni. Se le cartiere si fermano, si ferma il riciclo.

Nel 2023, sfidando cali della produzione e crollo dei fatturati, l’industria cartaria italiana ha immesso a mercato 7,5 milioni di tonnellate di carta e cartone – seconda per volumi dietro la Germania – utilizzando 5 milioni di tonnellate di macero e raggiungendo così un tasso di riciclo del 70%. Meglio di noi, anche in questo caso, hanno fatto solo i tedeschi. Che a differenza nostra però hanno un rapporto più sereno con la trasformazione dei rifiuti non riciclabili in energia. Tanto che nel 2023, come ormai da tradizione, hanno trasformato anche i nostri. Quelli che, non potendo recuperare sul territorio nazionale causa mancanza di impianti, abbiamo pagato perché fossero gli altri paesi d’Europa a convertire in elettricità e calore.

È successo, secondo l’ultimo rapporto ISPRA, a quasi 800 mila tonnellate di scarti combustibili da rifiuti urbani. Ma anche a residui industriali di ogni natura. Quelli del processo cartario, come il ‘pulper’ di cartiera, non fanno eccezione. “In mancanza di impianti in Italia – chiarisce Medugno – aziende come le nostre trasferiscono, pagando, i propri scarti ad altri Paesi, come Austria o Germania. Ovvero ai nostri concorrenti esteri, che magari hanno l’impianto di recupero energetico annesso alla cartiera. In sostanza noi paghiamo e loro si producono un po’ di energia utile per i loro processi”. Una soluzione che dalle nostre parti è da sempre osteggiata, quella del recupero ‘a piè d’impianto’, e che invece aiuta l’industria degli altri paesi europei a ridurre i costi di produzione e a essere più competitiva, anche grazie ai rifiuti esportati dal settore cartario italiano. Il proverbiale danno oltre la beffa.

“Pensavamo che con l’adozione del Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti si potesse cominciare a ragionare di più sul tema del recupero energetico degli scarti dell’industria”, spiega Medugno. Invece a più due anni e mezzo dall’adozione del Programma, noi continuiamo a pagare per esportare e gli altri, Germania in testa, continuano a incassare e produrre energia con i nostri rifiuti. Mettendo in pratica “quello che di sicuro è il miglior modo di attuare la gerarchia comunitaria – sottolinea – prima si ricicla e poi si recupera energeticamente“. Invece da noi prima si ricicla – spesso, come per la carta, a livelli da primato europeo – e poi gli scarti si paga per mandarli all’estero, dove vengono trasformati in calore ed energia al servizio dell’economia nazionale.

“Speriamo che quella di fine 2024 inizio 2025 sia solo una folata – aggiunge Medugno – ma resta il fatto che non si può parlare di energia solo quando le bollette aumentano. Servono soluzioni strutturali“. A partire dall’attuazione di gas release e dal completamento dell’energy release, spiega il direttore di Assocarta, ma il settore guarda con attenzione anche a quanto previsto dalla conversione del decreto agricoltura, ovvero l’assegnazione di quote di biometano agricolo ai settori produttivi difficili da decarbonizzare. “Una strada da percorrere per integrare con il biometano il gas naturale utilizzato dalle nostre aziende”, dice Medugno. Anche in questo caso energia dagli scarti. Rinnovabile, e a km zero. Forse, almeno su questo fronte, qualcosa si muove.





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