Lega e Forza Italia sono scettici e spingono sul ddl Sicurezza. Al contrario dell’asse Nordio-Mantovano. Sottile tensione con il Colle: il Guardasigilli va da Mattarella. E il ministro dell’Interno resta “guardingo” davanti a queste tutele, bocciate dai sindacati di polizia
E’ un sentiero stretto, quello dello scudo penale per le forze dell’ordine. Al di là della dizione, che Palazzo Chigi e il Guardasigilli smentiscono, si può illuminare un protagonista finora nell’ombra seppur sia parte in causa. E’ Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno già vicecapo della polizia, un alto funzionario dello stato con le radici nel Viminale. Piantedosi è guardingo. Non si esprime, si rimette alla volontà del Parlamento sovrano. Non ha partecipato ai tavoli – forse perché non invitato o perché volutamente defilato – su questo provvedimento ancora molto in fieri.
Il Quirinale, come ampiamente raccontato, è in allerta. Ha già fatto sapere con i suoi ambasciatori e in maniera informale che non esistono i requisiti d’urgenza affinché venga licenziato con un decreto legge dal governo. La stesura del testo è nelle mani dell’ufficio legislativo e del gabinetto del ministero. Da Via Arenula dicono che serviranno almeno “48 ore” prima di arrivare a una bozza approvata da Nordio e inviata a Palazzo Chigi. “E faremo un ddl ad hoc”, spiegava al Foglio il ministro Nordio prima di entrare in Aula alla Camera per il question time sulla separazione delle carriere. Ecco di carne al fuco con il Quirinale ce n’è già abbastanza e nessuno vuole un incidente in questo inizio di 2025. Di questo argomento potrebbero aver parlato lunedì scorso, faccia a faccia, Nordio e il presidente Mattarella, quando il ministro – da quanto risulta al Foglio – è salito al Colle per presentare i nuovi vertici del Dap. Eppure la corda è in tensione come dimostra il pressing di Forza Italia e Lega, soprattutto, per approvare il ddl sicurezza senza tener conto dei rilievi del Quirinale, che porterebbero il disegno di legge a una terza lettura con un fisiologico allungamento dei tempi.
Su questa evenienza Fratelli d’Italia ha invece aperto e contestualmente ha lanciato, fin dalla conferenza stampa di Giorgia Meloni, l’idea di tutelare nella meccanica dell’iter dei processi le forze dell’ordine. Nordio parla di “maggiori tutele che riguardano tutti i cittadini derivano da una distonia tra l’istituzione dell’informazione di garanzia e del registro degli indagati, che dovrebbe servire a garantire la difesa di chi è sottoposto a un’indagine e che, invece, si sono trasformati in un marchio di infamia, in una condanna anticipata e talvolta addirittura in una preclusione all’assunzione di cariche pubbliche”. Da qui l’idea della creazione di un altro registro, non quello degli indagati. Nessuna immunità dunque, continuano a dire dal governo. E in particolare da Fratelli d’Italia che a sostegno di questa battaglia ha lanciato anche una raccolta firme (coincidenza nel giorno del debutto della serie Netflix Acab proprio sui manganelli facili della polizia). Una petizione dal titolo: “Basta aggressioni alle forze dell’ordine” con tanto di sito dedicato. In questo caos – va ricordato non c’è ancora uno straccio di testo – Forza Italia inizia a frenare dicendo che non ci sarà alcuna impunità. Ma soprattutto, a sorpresa, arrivano le parole dei principali sindacati di polizia che si dimostrano abbastanza freddi davanti a questi nuovi possibili interventi perché ne fanno una questione di percezione e quindi di credibilità. I mondi vicini alla Polizia e ai Carabinieri fanno sapere di essere più interessati alla norma, già contenuta nel tormentato ddl Sicurezza, che offre il patrocinio legale a chi finisce in un’inchiesta nello svolgimento del suo lavoro. Un bel caos, insomma. Ecco perché forse Piantedosi continua a restare di lato in questo dibattito, che per ovvie ragioni lo riguarda invece in prima persona. Una matassa difficile da dipanare, questo sì. Per ora rimbalzata da Mantovano a Nordio, con il “faro”, per usare un termine quirinalese, della presidenza della Repubblica che ha già fatto trapelare da giorni una quantità di dubbi non indifferenti. Anche la Lega di Matteo Salvini non la considera una priorità, concentrata com’è sull’approvazione del ddl in conversione in Parlamento.
Sullo sfondo sembra di intravedere dunque una corsa dentro al centrodestra, provvedimento contro provvedimento, sulla sicurezza, alla luce come sempre dei fatti di cronaca (violenze e manifestazioni) che puntellano i giornali. La soluzione di questo incastro al momento non c’è, al contrario dei malumori e dei silenzi che pesano.Come quello appunto di Piantedosi.
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