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A Los Angeles da otto anni, lavora a Hollywood: «Vivo a metà strada tra i due grandi incendi. Nella mia zona un lungo blackout»
Bolognese, ha studiato cinema alla Scuola Holden di Torino e da otto anni vive a Los Angeles. Riccardo Angelini ha inseguito il suo sogno di lavorare a Hollywood e adesso sta guardando da vicino la devastazione degli incendi.
Angelini, com’è la situazione a Los Angeles?
«Io abito a Burbank, zona San Fernando Valley, a metà strada fra i due grandi incendi. In linea d’aria ci separano parecchi chilometri pieni di cemento, quindi per il momento sono tranquillo».
Le immagini che arrivano sono però inquietanti.
«La percezione che stia “bruciando Los Angeles” è distorta, l’area urbana è enorme (87.000 kmq, come Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte messe assieme ndr) e la stragrande maggioranza della città è integra e funzionante, la vita sta continuando regolarmente. L’incendio più grave si è sviluppato a Pacific Palisades e si è esteso fino a lambire le comunità di Malibu e Santa Monica. L’altro incendio è scoppiato sui monti di San Gabriel ed è sceso a valle verso Altadena. In queste zone i danni sono gravissimi, molti hanno perso la casa e la situazione è drammatica».
Com’è potuto succedere?
«Le condizioni di partenza erano da tempesta perfetta. Circa un anno fa Los Angeles ha vissuto una stagione di piogge anomala, che ha riempito la città di verde. A questa è seguita una siccità brutale, con record di temperature sopra i 40 gradi. La settimana scorsa, infine, sono arrivati i venti desertici di Santa Ana, che colpiscono Los Angeles ciclicamente. L’anomalia è data dalla violenza delle raffiche, che hanno raggiunto i 130 km/h».
Ci sono state delle criticità nei soccorsi?
«Per quanto ne so i soccorsi locali sono stati tempestivi. Sono accorsi vigili del fuoco da tutta la California, New Mexico, Nevada, persino dal Messico. Fanno turni di 12-14 ore, giorno e notte, per gestire le evacuazioni e contenere le fiamme. A Palisades la temporanea perdita di pressione di alcuni idranti e la chiusura di una riserva idrica per manutenzione hanno fatto notizia: episodi che andranno indagati, ma mi sembra ragionevole dire che hanno avuto un impatto limitato. Appena sono calati i venti è stato possibile contenere il fuoco».
Lei come si sta proteggendo?
«Uno strumento fondamentale è l’app non-profit “Watch Duty” che fornisce aggiornamenti puntuali e mappe dettagliate sullo stato degli incendi, le zone di evacuazione, i centri di raccolta e distribuzione di acqua e pasti caldi. Non conosco nessuno a Los Angeles che non la stia usando».
È pronto a un’eventuale evacuazione?
«Non sto pensando di lasciare la città ma conosco persone che hanno perso la casa e tutto quello che avevano. Sono storie traumatiche, rappresentano un energico richiamo all’empatia verso chi ha subito la stessa sorte. La settimana scorsa c’è stato un lungo blackout nella mia zona, il vento ha trasportato i fumi dell’incendio di Altadena verso la San Fernando Valley: il sole era coperto di nero e nell’aria si vedevano le ceneri. Sono rimasto un paio di giorni in casa con le finestre ben chiuse e ho preparato uno zainetto che tengo sempre pronto per le emergenze: contiene documenti importanti, un ricambio d’abiti e altri oggetti di prima necessità».
Il lavoro a Hollywood si è fermato?
«Io sto lavorando da remoto ma non penso che arrivino decisioni clamorose, come il rinvio della Notte degli Oscar che è a marzo. Anche la cerimonia dei Grammy Awards prevista per il 2 febbraio è confermata, mentre sono stati cancellati, comprensibilmente, tutti gli after-party. Diciamo che c’è qualche montatura: a un certo punto si stava sviluppando un incendio anche a Runyon Canyon, tempestivamente contenuto dai vigili del fuoco, e siccome lì vicino c’è la famosa scritta “Hollywood” qualcuno ne ha approfittato per scrivere “Hollywood in fiamme” o “Sunset Boulevard distrutta”. Ma Hollywood non è stata nemmeno scalfita dalle fiamme e Sunset Boulevard è una strada lunga 38 chilometri, di cui solo il tratto terminale attraversa Pacific Palisades».
Insomma, la vita va avanti anche a Los Angeles.
«La zona di Palisades era una delle più prestigiose, con ville milionarie e locali esclusivi. Per questo si sono viste tante celebrità fra gli evacuati. La storia è diversa per Altadena, quartiere benestante ma più diversificato. Com’era purtroppo prevedibile, ci sono stati anche arresti per sciacallaggio, ma la parte funzionante della città sta facendo del suo meglio per sostenere quella in difficoltà».
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