Taranto, il dissalatore sul fiume Tara un rischio per l’ambiente

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Nuove grandi opere in arrivo per la provincia di Taranto. Nonostante le numerose criticità ambientali sottolineate dall’Arpa Puglia – Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale, che ha espresso valutazione sfavorevole alla realizzazione del progetto, e le osservazioni contrarie di cittadini e associazioni ambientaliste, l’Acquedotto pugliese (Aqp), società interamente partecipata dalla regione Puglia, ha ottenuto la concessione della Valutazione d’Impatto Ambientale (Via) per la «realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del fiume Tara e delle condotte di adduzione dell’acqua potabilizzata e di scarico della salamoia».

A rischio, innanzitutto, l’habitat e la salute del corso d’acqua. Sul fiume insistono già i prelievi di Acque del sud a fini irrigui e soprattutto industriali dell’ex Ilva. La coesistenza di tutti i prelievi idrici cumulati (dissalatore Acquedotto pugliese più derivazione Acque del sud ad uso irriguo e industriale), secondo Arpa Puglia «impedirebbe il raggiungimento dell’obiettivo di qualità dell’habitat di tipo elevato. Sul Tara – prosegue l’agenzia – insisterebbero due prese d’acqua e, tenendo conto che dalle simulazioni effettuate la richiesta complessiva di prelievo si attesterebbe a 2,1 metri cubi al secondo, e che la prescrizione formulata dalla Commissione Via regionale ha richiesto che il prelievo di portata sia al massimo pari a 1 metro cubo al secondo, si rischierebbe il collasso del corpo idrico».

Il cantiere, inoltre, sorge in un’area destinata alla coltivazione. Secondo Acquedotto pugliese, «è previsto l’espianto al fine della loro salvaguardia» di 907 alberi di ulivo totali. Eppure, ad oggi, le aree di trapianto sono previste per solo 72 di questi, non considerando i restanti 835 ulivi. Sorte persino peggiore quella riservata agli agrumeti dell’area di produzione agroalimentare Igp clementine del Golfo di Taranto, per i quali non è stata prevista salvaguardia alcuna.  Per quanto concerne l’aspetto tecnico del progetto, l’installazione di impianti fotovoltaici adiacenti e funzionali a quello di dissalazione, e i probabili impatti ambientali cumulativi, «risultano non indagati al punto che allo stato della documentazione in atti non è possibile esprimere una valutazione».

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Le coordinate comunicate da Acquedotto pugliese circa il punto di scarico e smaltimento della salamoia prodotta in mare (circa 1,5 litri per ogni litro di acqua desalinizzata, col rischio di compromettere salinità dell’acqua e ambiente marino), risulterebbero errate: «Stando al proponente – prosegue l’agenzia regionale – l’impatto sui fattori suolo e sottosuolo è considerato nullo nonostante sia prevista, per la costruzione del dissalatore e delle relative condotte di adduzione e scarico, una movimentazione di 225.555,45 metri cubi di terre e rocce da scavo e il consumo di suolo in area agricola». Infine, la partecipata della regione che ha proposto il progetto, violerebbe lo stesso regolamento regionale, datato 2016, che impone il divieto, a esclusione delle opere idrauliche finalizzate alla difesa del suolo (da realizzarsi con la creazione di aree di espansione fluviale), «di costruzione di nuove infrastrutture e interventi di regolazione della portata di un corso d’acqua che prevedano la modifica dell’ambiente fluviale e del regime idrico».

Già finanziato con 70 milioni di euro provenienti dal Fondo di sviluppo e coesione, e ulteriori 26 milioni dal Pnrr, il dissalatore sul Tara sorgerà sul versante occidentale della costa jonica, quello in cui insistono la raffineria Eni, l’ex Ilva, la discarica Italcave e quelle in quota Cisa spa. L’appalto è stato già affidato all’associazione temporanea di imprese costituita dalla stessa Cisa spa, capogruppo con sede a Massafra in provincia di Taranto (attiva nel settore delle discariche di rifiuti, dell’informazione con il presidente Antonio Albanese co editore della Gazzetta del Mezzogiorno, e in numerosi altri settori con appalti già aggiudicati in riva allo Jonio: dai lavori per il dissesto idrogeologico al quartiere Cep Salinella in cui si disputeranno i Giochi del Mediterraneo del 2026, alle infrastrutture elettriche per il trasporto pubblico urbano della rete Bus rapid transit), e la società francese Suez.

L’agenzia regionale, principale ostacolo al progetto, con un articolo inserito nella manovra finanziaria per il triennio 2025-2027 approvata dalla giunta Emiliano, rischia di perdere la sua indipendenza e terzietà. È previsto, infatti, l’insediamento di un consiglio di amministrazione con tre componenti, di cui uno con funzioni di presidente, che andrà ad assumere le funzioni di rappresentanza legale fino a  oggi svolte dalla direzione generale di Arpa.



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