Puntando i tacchi alti su psicanalisi freudiana e surrealismo, fantasia erotica e immaginario feticistico della scarpa da donna, Birgit Jürgenssen scuote il risveglio artistico femminile e femminista degli anni ’70 con un commentario lucidissimo sulla società e l’identità femminile. S-vestite, trasfigurate e rivendicate, con l’ironia provocatoria di fotografie, disegni, dipinti, sculture, indumenti e accessori che, una doppia personale attesa a Milano, lascia dialogare con lo stivale dell’Italia in pelle verde, Scarpe scale appese come quadri, la borsa-guanto/schiaffo rossa e il vibrante approccio sperimentato da Cinzia Ruggeri negli anni 80 e 90, forzando i confini di moda, design, arte, architettura e performance. L’ambivalenza della moda che limita e libera, mezzo di auto-sottomissione e auto-empowerment, è usata da entrambe le artiste e il progetto espositivo Lonely Are All Bridges, curato da Maurizio Cattelan e Marta Papini, ‘costruendo ponti’ per spingersi ben oltre convenzioni e confini dell’arte e della società.
Il titolo della mostra ospitata dall’Istituto Contemporaneo per le Arti di Milano, è tratto da un verso della poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, dedita allo studio della società e all’oppressione dei corpi femminili, usando il linguaggio come strumento di emancipazione. “Solitari sono tutti i ponti”, sintetizza lo spirito sperimentale che accumuna la ricerca delle due artiste e dei curatori di questo fittizio appuntamento postumo. Sensibile alle fantasie collettive e inquietanti della moda e all’abbigliamento che veste la fusione di corpo e spazio sociale, con strumenti di trasformazione personale e collettiva.
La mostra, immaginata come un ponte tra discorsi e posizioni artistiche, è costruita su assonanze tra oggetti e idee, visioni e riflessioni (e femminismo) di Birgit Jürgenssen (Vienna, 1949 – 2003) e Cinzia Ruggeri (Milano, 1942 – 2019). Un ponte tra il surrealismo femminista di dell’artista austriaca (nella tradizione di Oppenheimer, Kahlo e Bourgeois) e il postmodernismo, poeticamente eccentrico, minimale e partecipato di quella italiana, vicina al design radicale milanese negli anni ’60. Le tematiche legate al corpo, all’identità e alla trasformazione, avvicinano il modo di fondere e stirare i codici espressivi e repressivi della cultura di Jürgenssen, a quello anticonformista di Cinzia Ruggero, per scolpire forme e simboli del quotidiano, arrivata a fondare un suo marchio di moda nel 1977 e progettare sfilate come performance.
Entrambe lavorano con simboli e ironia, per codificare la pratica femminista di autocoscienza e cambiamento. L’accessorio, reso estensione del corpo, insieme agli ‘abiti comportamentali’, diventano strumento di conquista del proprio spazio, mentre la poco nota Wolford Company Series (1988) di Jürgenssen, chiude la mostra con uno studio su un capo tipicamente femminile come i collant e le sue potenzialità, di trasmutazione poetica del corpo con il mondo circostante.
Analoghe a quelle della fotografia in bianco e nero delle piccole uova d’uccello, custodite nel nido, tra le gambe velate e sfilate di Birgit Jürgenssen (Nest, 1979). Non a caso, ‘prese in prestito’ dall’azione artistica di Cattelan sul primo numero della rivista d’arte TAR, insieme alla fascinazione che Jürgenssen continua a esercitare sulla vena provocatoria e ben quotata dell’arte “relazionale” di Cattelan. Per la stessa ragione, ad affiancarla a Cinzia Ruggeri è un artista come Cattelan che considera le definizioni limitanti, insieme a una scrittrice e curatrice indipendente quale Marta Papini che crede nella stabilità del cambiamento.
How to: Lonely Are All Bridges. Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, ICA Milano | Istituto Contemporaneo per le Arti (16 gennaio – 15 marzo 2025). Maggiori info qui.
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