Occhiali smart, occhio alla privacy: ecco tutti i rischi

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Gli smart glasses, o occhiali intelligenti, rappresentano un’avanzata tecnologia indossabile che fonde realtà aumentata e, in alcuni casi, realtà virtuale per permettere agli utenti di interagire con contenuti digitali sovrapposti al mondo reale. Questi dispositivi raccolgono dati come la posizione geografica e le preferenze dell’utente per migliorare l’esperienza d’uso. Tuttavia, queste funzionalità sollevano significative preoccupazioni sulla privacy, soprattutto per la possibilità di registrare persone e luoghi senza consenso.

Le problematiche legate alla privacy sono accentuate dall‘assenza di una regolamentazione specifica e dall’evoluzione tecnologica che rende gli smart glasses più discreti e potenzialmente invasivi rispetto ai predecessori come i Google Glass. Lo European Data Protection Supervisor (EDPS) ha evidenziato criticità come la mancanza di controllo sui dati raccolti e l’impossibilità di garantire l’anonimato dei soggetti ripresi, raccomandando alle aziende di adottare misure per minimizzare il trattamento dei dati e rispettare il GDPR, ma al momento le uniche linee guida provengono dalle policy aziendali di grandi marchi come Meta e Luxottica.

Ma andiamo per gradi.

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Smart glasses: cosa sono e come funzionano

    Gli smart glasses o occhiali intelligenti rappresentano la più recente evoluzione del settore della tecnologia indossabile.

    Questi occhiali di ultima generazione, che sfruttano la tecnica di realtà aumentata (AR) o in casi più rari di realtà virtuale (VR), combinano l’uso di dispositivi di visualizzazione con funzionalità avanzate. In questo modo consentono agli utenti di accedere a informazioni digitali senza distogliere lo sguardo dal mondo reale e senza utilizzare le mani.

    Attraverso l’uso degli smart glasses è infatti possibile visualizzare informazioni sovrapposte all’ambiente circostante, il che significa che chi li indossa ha un’interazione diretta e immediata con i contenuti digitali.

    Gli occhiali intelligenti al loro interno contengono un software che viene alimentato da un sistema operativo mobile, (es. Android), che serve a garantire a chi li indossa un’interfaccia semplice ed intuitiva. Tale software è compatibile con una vasta gamma di applicazioni; il che consente agli utenti/indossatori di svolgere molteplici attività.

    Gli stessi, infatti, possono interagire, in maniera diretta e senza la necessità di interfacciarsi con altri dispositivi esterni e con le informazioni visualizzate attraverso le lenti tramite comandi vocali, gesture o touchpad integrati.

    Una delle caratteristiche più innovative degli smart glasses è sicuramente la capacità di riconoscere e tracciare oggetti e persone. Il tracciamento avviene attraverso l’utilizzo di tecnologie come computer visionmachine learning, con cui il software analizza l’ambiente circostante e fornisce all’utente informazioni contestuali. Esempio pratico è quello di una persona che indirizza gli occhiali verso un monumento e riceve in tempo reale tutti i dettagli storici ad esso legati.

    Gli smart glasses, per funzionare devono essere connessi a Internet e/o ad altri dispositivi tramite Wi-Fi e Bluetooth. Siffatta connettività è essenziale per scaricare app, aggiornamenti, accedere a servizi cloud e sincronizzare dati con smartphone o altri dispositivi indossabili.

    Molti smart glasses durante il loro utilizzo sono addestrati per raccogliere dati quali la posizione geografica, i modelli di interazione e le preferenze di chi li indossa.

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    Queste informazioni, se da un lato possono essere analizzate per migliorare le prestazioni del dispositivo, personalizzare l’esperienza e fornire suggerimenti pertinenti agli utenti, dall’altro ove cadessero nelle mani sbagliate potrebbero violare la privacy delle persone che entrano nel cerchio visivo delle lenti.

    Le problematiche connesse alla privacy

    L’aspetto della privacy, sin dagli albori dello sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale, è stato considerato un vero e proprio tallone di Achille.

    Non è, infatti, un caso che tale questione sia stata oggetto di discussione da parte dell’Unione Europea allorquando, nel 2012, Google aveva lanciato sul mercato i famosi Google Glasses capaci di registrare video e scattare foto.

    Questi occhiali, contrariamente alle previsioni e alle speranze di Google, si sono rivelati un fallimento poiché all’epoca del loro lancio, l’Unione Europea aveva espresso molte perplessità sul fatto che potesse concretizzarsi il rischio per chi li indossasse di riprendere le persone senza il loro consenso, o addirittura potesse fotografare documenti contenenti dati personali e/o sensibili di terze persone.

    Google, all’epoca aveva cercato di calmare le acque garantendo che si sarebbero attivati luci e suoni ogni qual volta qualcuno avesse dato il comando agli occhiali di scattare foto e/o registrare video.

    I sistemi precauzionali di Google non si erano, tuttavia, rivelati efficaci, tant’è che alcuni esperti avevano dimostrato che era facilmente possibile alterare il sistema di notifiche, disattivando luci e suoni.

    Ad oggi, il problema della privacy contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è aumentato proprio per via dell’evoluzione tecnologica, poiché questi nuovi occhiali sono molto più discreti, ancorché per certi versi più insidiosi di quelli lanciati da Google.

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    Ciò sta a significare che risulta ancora più difficile capire se il soggetto che li indossa sta scattando foto o registrando video all’insaputa di chi gli è vicino e, quindi, senza avere ottenuto il consenso di chi viene ripreso e/o fotografato, oppure nel caso in cui stia fotografando documenti contenenti dati strettamente riservati.

    Smart glasses e privacy: la relazione dell’EDPS

    Questi dettagli si appalesano di non poco conto visto e considerato che la normativa europea sulla privacy GDPR 2016/679 subordina il trattamento dei dati personali al consenso esplicito del diretto interessato.

    Sul tema, di recente, è intervenuta  l’European Data Protection Supervisor (EDPS), organismo che ha presentato una  relazione in cui ha messo in evidenza alcuni aspetti critici di questi dispositivi, come  ad esempio: la mancanza di controllo sui dati raccolti, da parte degli utenti e da parte dei soggetti che entrano nel raggio d’azione degli smart glasses; l’analisi intrusiva e non autorizzata dei comportamenti delle persone fisiche; la presenza di importanti limitazioni alla possibilità dell’utente di rimanere anonimo, nonché l’assoluta mancanza di anonimato dei soggetti che entrano nel raggio d’azione dei dispositivi.

    Tutti questi aspetti vanno indubbiamente a incidere in negativo sulla privacy e sulla sicurezza dei dati personali, per cui è importante che vengano sussunti idonei accorgimenti, sia da parte delle aziende produttrici, sia da parte degli utenti.

    Le raccomandazioni EDPS alle aziende produttrici

    L’EDPS nella sua relazione ha infatti invitato le aziende a tenere una serie di comportamenti quali:

    • applicare sui propri dispositivi la minimizzazione del trattamento dei dati, ad esempio, non raccogliendo informazioni sulla posizione dell’utente, se non esplicitamente richiesto per l’esecuzione di uno specifico servizio;
    • compiere una valutazione d’impatto sul trattamento dei dati, prima della diffusione del prodotto;
    • implementare processi di progettazione dei dispositivi conformi fin dall’inizio dal GDPR;
    • informare correttamente ed in maniera esaustiva gli utenti e i non utenti, creando nuovi modi per raccogliere il consenso da parte di questi ultimi;
    • permettere un attento controllo da parte dell’utente prima della eventuale pubblicazione di informazioni e/o contenuti sui social network;
    • notificare all’utente ogni informazione sulla sicurezza e sulle vulnerabilità del dispositivo.

    L’intervento dell’EDPS nasce proprio dall’assenza di una regolamentazione ad hoc.

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    Ad oggi, purtroppo, le uniche raccomandazioni sull’uso etico di questi dispositivi si trovano nelle privacy policy di alcune aziende come Meta e Luxottica, che hanno investito molto negli smart glasses. Ciò nonostante queste ultime non bastano a garantire che tutti gli acquirenti facciano un uso etico del prodotto, proprio perché non si tratta di norme legislative.

    Strumenti di difesa per gli utenti

    Per quanto riguarda, invece, gli strumenti di difesa che gli utenti hanno ad oggi a disposizione, sono purtroppo pochi. Sicuramente è consigliabile che questi ultimi rafforzino le loro impostazioni sulla privacy, richiedendo, ad esempio, qualora siano titolari di profili social, l’esclusione dai database pubblici di ricerca facciale e di ricerca di persone, anche se comunque è quasi impossibile cancellare completamente la propria presenza online.

    La pericolosità dell’utilizzo non corretto degli smart glasses è stato tra l’altro di recente oggetto di studio da parte di due studenti dell’Università Harvard, i quali tramite un progetto chiamato I-Xray hanno dimostrato come gli occhiali intelligenti combinati con la tecnologia di riconoscimento facciale e l’IA, possano essere utilizzati per ottenere illegalmente informazioni personali come identità, numeri di telefono ed indirizzi.

    Per tali motivi è importante che il legislatore intervenga al più presto in maniera decisa dettando degli standard ai quali devono attenersi le aziende nel lancio dei propri prodotti soprattutto prima che la situazione degeneri in peggio come ha correttamente dimostrato il progetto I-Xray.

    Conclusioni

    Gli smart glasses rappresentano una tecnologia innovativa con potenzialità straordinarie, ma l’utilizzo di dispositivi capaci di raccogliere e condividere dati così facilmente pone serie questioni legate alla privacy.

    E’ però essenziale che questi strumenti vengano utilizzati in modo responsabile, al fine di non ledere la privacy altrui.

    Si auspica quindi un intervento immediato del legislatore atto a garantire il rispetto del GDPR.

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