Ramy, cosa è successo nei due minuti dell’incidente: l’allarme via radio, le chiamate al 118, la targa «invisibile» fino allo schianto

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di
Cesare Giuzzi

Poco dopo le 3.40 la pattuglia Volpe 40 chiama la centrale dicendo che un scooter sta scappando. Dopo la caduta le telefonate al 118. Sala: «I carabinieri hanno sbagliato». Piantedosi: «La moto non si era fermata»

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L’allarme scatta via radio poco dopo le 3.40 quando la pattuglia Volpe 40 dei carabinieri chiama la centrale dicendo che «sta scappando» uno scooter Tmax. Siamo tra via Gaspare Rosales e viale Montegrappa. L’inseguimento che porterà alla morte del 19enne Ramy Elgaml e al ferimento del 22enne Fares Bouzidi (che guidava lo scooter) inizia qui. E a documentare quegli attimi ci sono le registrazioni delle conversazioni radio di quella notte. Parole agli atti dell’indagine aperta per omicidio stradale (indagati sia Fares sia il vice brigadiere che era alla guida di Volpe 40) dai pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini. Conversazioni che si aggiungono ai filmati realizzati con la dashcam da uno dei carabinieri nel quale si sente un altro carabiniere dire «bene» alla notizia che «lo scooter è caduto».

L’espressione non arriva da chi è impegnato nell’inseguimento ma dal carabiniere che parla al microfono dalla centrale. In quel momento non sa ancora della gravità dell’incidente. Pochi secondi dopo la comunicazione della «caduta», da Volpe 40 viene chiesto via radio l’intervento del 118. Il carabiniere (collega del vice brigadiere indagato) chiede l’intervento di ambulanze e automediche perché i ragazzi a terra sono incoscienti. Dalla centrale viene risposto che «siamo già in collegamento con il 118». Lo schianto avviene alle 4.03 e 41 secondi. La scheda sanitaria dell’Areu (l’agenzia regionale che gestisce il soccorso sanitario) viene aperta alle 4.04. I carabinieri sul posto (nel frattempo arrivano altre pattuglie e anche una della polizia) chiedono via radio di sollecitare le ambulanze e di inviare l’automedica perché si rendono conto delle condizioni gravissime di Ramy e Fares. Il 19enne è finito schiacciato tra il palo del semaforo e la Giulietta dell’Arma. Un impatto che gli sarà fatale.




















































La centrale comunica a Volpe 40 che le ambulanze sono in arrivo, poi l’operatore dice che il 118 ha bisogno di parlare con i colleghi sul posto per avere un aggiornamento sulla gravità dei feriti. I militari — sono fasi molto concitate — dicono che i due feriti non si muovono e sono incoscienti, di fare in fretta. Poi, sono le 4.07, il collega del vice brigadiere indagato chiama il 112 dal proprio cellulare dicendo che la centrale gli ha detto di dover comunicare con gli operatori del 118. C’è un passaggio di chiamata dal 112 Nue al 118, e a quel punto il capo centrale dei soccorsi sanitari parla direttamente con il militare sul posto. Lui comunica che il collega sta «massaggiando» uno dei feriti e il medico chiede di mettere in viva voce e si rivolge al vice brigadiere. Dice di «pizzicare» il nervo tra collo e spalla del ragazzo per vedere segni di vita, di controllare poi la «pancia» per verificare se respira, infine dà le istruzioni per il massaggio cardiaco e guida il carabiniere dando il «ritmo». Ma le manovre salvavita saranno inutili.

Nelle conversazioni si scopre che la targa del Tmax viene vista in modo completo dai carabinieri solo quando il concitato inseguimento è ormai a Porta Vigentina. Ma la comunicazione radio è disturbata. E la targa completa sarà trasmessa alla centrale solo dopo lo schianto. Dalla documentazione agli atti emerge poi che Fares non aveva mai conseguito la patente: era stato bocciato all’esame scritto a novembre. Il ragazzo, oltre al Thc (principio attivo della cannabis) era positivo alle benzodiazepine. Nelle prossime settimane il consulente della procura depositerà la relazione sulla dinamica dell’incidente che dirà cos’è accaduto davvero quella notte.
Intanto il sindaco Sala torna sulle polemiche: «Come dice il padre di Ramy, non dobbiamo dare addosso ai carabinieri: ci sono carabinieri che sbagliano e c’è il grosso che fa cose giuste. Ma hanno sbagliato, hanno fatto un inseguimento notturno di 20 minuti, e in ogni caso le parole nei video sono inaccettabili». Non è d’accordo il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: «Si deve mettere al primo posto il fatto che non ci si sia fermati all’alt. Il primo fattore che può evitare la condizione di pericolo per sé stessi e per gli operatori è fermarsi all’alt».

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17 gennaio 2025 ( modifica il 17 gennaio 2025 | 07:09)

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