Autonomia differenziata, attesa per il 20 gennaio la decisione della Corte costituzionale sul referendum

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Autonomia differenziata delle Regioni

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18 Gennaio 2025



16:16

Il referendum sull’Autonomia differenziata arriva a un punto di svolta. Tra pochi giorni, lunedì 20 gennaio, la Corte costituzionale deciderà sull’ammissibilità del quesito. Lunedì quindi si saprà con certezza se si voterà per il referendum, in una data tra aprile e giugno 2025.

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Lunedì 20 gennaio è attesa la decisione della Corte costituzionale sull’ammissibilità del referendum abrogativo sull’Autonomia differenziata. La Consulta dovrà decidere se il quesito è legittimo, e quindi se si può andare a votare quest’anno per abrogare o meno la riforma varata dal governo Meloni per l’autonomia delle Regioni.

L’iter è lo stesso per tutte le proposte di referendum. Entro la stessa data la Corte dovrà esprimersi anche sul quesito sulla cittadinanza e su quelli contro il precariato proposti dalla Cgil. È previsto per legge, infatti, che i possibili referendum debbano passare sia dalla Corte di Cassazione (dove ha già avuto il via libera) sia dalla Corte costituzionale.

La legge che regola la questione stabilisce proprio il 20 gennaio come scadenza ultima, quindi la decisione dovrà arrivare entro questa data. Lunedì si saprà con certezza se il referendum si svolgerà oppure no.

Il referendum sull’Autonomia chiedere l’abrogazione totale della legge. Se vincessero i “Sì”, quindi, la riforma dell’autonomia differenziata verrebbe completamente cancellata ancora prima di essere entrata concretamente in vigore, dato che nessuna Regione finora ha potuto ottenere l’autonomia in alcun campo. Dopo la decisione dei giudici, quindi, se per il referendum arriverà la conferma partiranno le campagne per convincere i cittadini ad andare a votare tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Cosa succede il 20 gennaio per l’ammissibilità del referendum sull’Autonomia differenziata

Lunedì 20 gennaio si riuniranno i giudici della Corte costituzionale – quattro in meno del dovuto, dato che dopo mesi di tentativi il Parlamento non è ancora riuscito a eleggere i giudici mancanti. Non ci potranno essere ulteriori rinvii, dato che per legge le decisioni sull’ammissibilità dei referendum devono arrivare entro il 20 gennaio.

La Corte deciderà se il referendum rispetta i vincoli imposti dalla Costituzione. Infatti, stando all’articolo 75 del testo costituzionale, non si può andare a votare per abrogare una serie di leggi: “Le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. L’autonomia differenziata riguarda anche materie tributarie, come aveva spiegato il giurista Alfonso Celotto a Fanpage.it, ma solo in modo marginale.

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Fatte tutte le valutazioni del caso, i giudici potranno bloccare oppure dare il via libera al referendum. Se arriverà l’ok, non serviranno altri passaggi formali: si voterà certamente, in una data tra il 15 aprile e il 15 giugno che il presidente della Repubblica dovrà fissare.

Cosa prevede il referendum abrogativo sull’Autonomia differenziata: il quesito

Il testo del referendum abrogativo sull’Autonomia differenziata è molto breve, perché il suo contenuto è molto semplice: la proposta è di cancellare completamente la riforma varata dal governo e approvata dal Parlamento lo scorso anno. Perciò, sull’eventuale scheda per il voto ci sarà scritto:

Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?

Insomma, una domanda piuttosto diretta: volete abrogare l’Autonomia differenziata? Come in tutti i referendum abrogativi, sarà necessario votare “sì” per cancellare la riforma, e “no” per mantenerla in vigore come è al momento.

Se ci sarà il via libera della Consulta e partiranno le campagne referendarie, comunque, è probabile che la strategia di chi sostiene il “no” sarà diversa. Trattandosi di un referendum abrogativo, infatti, per rendere valido il risultato dovrebbe andare a votare più della metà della popolazione. Se non andranno alle urne abbastanza elettori, il referendum non sarà valido a prescindere dalla percentuale di “sì” e di “no”. Quindi, chi vuole farlo fallire inviterà probabilmente a non andare a votare.





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