David Lynch: causa morte, malattia, film, arte

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David Lynch (20/1/1946-16/1/2025). Foto Getty

Se ne è andato uno dei più grandi artisti e geni del Novecento e oltre. David Lynch (1946-2025), «from Missoula, Montana», ha saputo dare forma alle nostre inquietudini più profonde.

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Gli insegnamenti e l’eredità di David Lynch

Ha dato un volto/mille volti (oltre che nomi) al male, così come al bene, alla luce e alla grazia. Ha messo a fuoco – e fuori fuoco – sogni e incubi, inconscio umano e perturbante (dis)umano, ghigni grottescamente orridi e sorrisi salvifici, fiaba fiammeggiante e realtà nerissime… Ci ha insegnato a vedere le mostruosità più nascoste e inspiegabili. E, allo stesso tempo, a guardare il cielo («Sembra così prezioso quando è stellato» osservava Alvin di Una storia vera). Ha infine dedicato l’ultima parte della sua vita alla meditazione trascendentale (con la David Lynch Foundation)…

L’artista statunitense ha dato vita cinematografica alle sue opere pittoriche (interattive, sonore, in movimento e/o in decomposizione). E dipinto di colori contrastati (pop vs. darkness) i film e le serie tv (la terza e ultima stagione di Twin Peaks è probabilmente uno dei capolavori “cinematografici” dell’ultimo ventennio). Ogni sua opera si è insinuata nel nostro immaginario come un frammento onirico che ricordiamo vividamente al risveglio, forse per sempre.

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David Lynch soffriva di enfisema polmonare. Foto Getty

Lynch ha fumato migliaia di sigarette e bevuto ettolitri di caffè: «Even a bad coffee is better than no coffee at all!» (anche un cattivo caffé è meglio di nessun caffè!). Ora l’enfisema, di cui soffriva da tempo (vivendo con le bombole di ossigeno vicine), ce lo ha portato via probabilmente anche per complicazioni respiratorie dovute ai recenti incendi di Los Angeles.

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La storia vera di un maestro: possa tu sognare in pace, David Lynch… E grazie- immagine 4

Laura Dern e Nicolas Cage in Cuore selvaggio

David Lynch: Ho un enfisema per colpa dei tanti anni passati a fumare

Scriveva su X (il 5 agosto scorso): «Ho un enfisema per colpa dei tanti anni passati a fumare. Devo dire che mi è piaciuto molto fumare e amo il tabacco – l’aroma, accendere sigarette, gustarle – ma c’è un prezzo da pagare per il piacere e quel prezzo per me è l’enfisema. Ho smesso di fumare ormai da due anni […]. Ora sono pieno di felicità e non mi ritirerò mai…». Attendevamo tutti un nuovo film, anche un cortomettraggio o un cartoon, una nuova opera d’arte o una nuova canzone dopo il recente album Cellophane Memories (con Chrystabell).

La storia vera di un maestro: possa tu sognare in pace, David Lynch… E grazie- immagine 5

Isabella Rossellini in Velluto blu

Purtroppo David Lynch ha invece raggiunto in un’altra dimensione il compositore Angelo Badalamenti con cui ha composto una delle coppie regista-musicista più importanti della storia del cinema. Al pari di Sergio Leone-Ennio Morricone o Federico Fellini-Nino Rota… David, si può ricominciare a fumare in Paradiso?

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Lynch nel 1989. Foto Getty

David Lynch: Dalla pittura al cinema e alla tv. Senza limiti

Nel 2007, in occasione della mostra dedicata dalla Fondation Cartier di Parigi alla sua arte pittorica (mostra vista poi anche alla Triennale di Milano nel 2008), mi furono inviate in anteprima molteplici tavole del catalogo. Le foto di alcuni dipinti erano accompagnate da didascalie in testo chiaramente finto. Ma un testo talmente astruso che poteva anche essere “vero”… Tra varie «XXX» apparivano infatti alcuni sostantivi come light o darkness. Perfino un suo catalogo in lavorazione aveva dettagli “lynchiani” surreali e indecifrabili… Nel suo passato – come Steven Spielberg – Lynch è stato un giovane boyscout (Eagle Scout). Poi studente d’arte (alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Philadelphia), poi pittore (attività che non ha mai interrotto nemmeno facendo cinema).

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David Lynch col Leone d’Oro alla carriera al Festival di Venezia 2006. Foto Getty

I (soli) 10 film con cui David Lynch ha fatto la storia del cinema: in ordine cronologico

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Il primo lungometraggio Eraserhead (1977) fu realizzato con pochi dollari (100.000 per l’esattezza) e molte idee. Si rivelò un incredibile e inatteso successo commerciale negli Stati Uniti (oltre 7 milioni di dollari d’incasso). Surreale successo per un film sperimentale e in bianco e nero che parlava di mostri sconosciuti, deformità, termosifoni che vibrano inquietantemente…

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Eraserhead

Grazie a quel piccolo grande cult movie fu notato da Mel Brooks che ne produsse poi il capolavoro The Elephant Man (1980). Brooks ha dato una delle migliori definizioni in assoluto del regista di Missoula: «sembra Jimmy Stewart… venuto da Marte!».

La storia vera di un maestro: possa tu sognare in pace, David Lynch… E grazie- immagine 9

Kyle MacLachlan in Dune

Sono seguiti il primo adattamento di Dune da Frank Herbert (1984), l’ulteriore capolavoro Velluto blu (1986, incontro-scontro destabilizzante tra le casette color pastello alla Norman Rockwell e gli incubi più neri, vischiosi e inquietanti). Quindi la serie tv di culto I segreti di Twin Peaks (1990), con cui il regista ridefinì i limiti del “consentito” in tv. Chi di noi non ha per sempre impresso nella memoria l’oscuro Bob che ci fissa dal fondo del lettino di Laura Palmer?!

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Gli on the road capolavoro: selvaggi, bruciati, perduti, famigliari, hollywoodiani

E ancora la fiaba sgargiante Cuore selvaggio (1990, Palma d’oro a Cannes). L’ennesimo incubo nella provincia USA Fuoco cammina con me (1992, sequel/prequel cinematografico della serie tv Twin Peaks). E gli ulteriori capolavori Strade perdute (1997, da Barry Gifford), Una storia vera (1999, nomination all’Oscar come migliore attore protagonista a Richard Farnsworth). E Mulholland Drive (2001, migliore regia a Cannes a pari merito con Joel Coen per L’uomo che non c’era).

David Lynch

Laura Harring e Naomi Watts in Mulholland Drive

Il suo ultimo lungometraggio resterà per sempre INLAND EMPIRE, opera che alla Mostra di Venezia del 2006 (Leone d’oro alla Carriera al regista), suscitò grande entusiasmo tra i giovani cinefili e lasciò perplesso qualche critico. Come ha osservato il Professore e critico Gianni Canova: «È un’opera che non si deve cercare di “capire”. È piuttosto un film dal quale bisogna lasciarsi comprendere…».

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La storia vera di un maestro: possa tu sognare in pace, David Lynch… E grazie- immagine 11

INLAND EMPIRE, decimo e ultimo film diretto da David Lynch

Quattro nomination agli Oscar per Lynch (migliore regia per The Elephant Man, Velluto Blu e Mulholland Drive, migliore sceneggiatura non originale per The Elephant Man), eppure una sola statuetta alla Carriera nel 2020. La miopia dell’Academy è purtroppo risaputa… Ogni suo film, cortometraggio (The Alphabet), cartone animato (la serie DumbLand) ha saputo inquadrare un aspetto dell’umano e del disumano. Metterlo a fuoco fino quasi a bruciarlo, non prima di averlo ben impresso nelle nostre menti che – abitualmente – cancellano…

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Richard Farnsworth in Una storia vera

David Foster Wallace e L’aggettivo «lynchiano»

Lo scrittore David Foster Wallace nel suo magnifico reportage dal set di Strade perdute (“David Lynch non perde la testa” in Tennis, tv, trigonometria, tornado, ed. minimum fax) ha osservato: «A Quentin Tarantino interessa guardare uno a cui stanno tagliando un orecchio. A David Lynch interessa l’orecchio».

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Anthony Hopkins e John Hurt in The Elephant Man

Tarantiniano indica un preciso stile pulp, eccessivo, postmoderno e cartoonesco. Lynchiano – sempre per Foster Wallace – è invece «una di quelle parole […] che si possono definire solo ostensivamente. Cioè qualcosa che capiamo quando la vediamo […]». Concludeva lo scrittore americano: «Per me la decostruzione, come avviene nei film di Lynch, di questa “ironia del banale” ha influenzato il modo in cui vedo e strutturo mentalmente il mondo. […] Ho stabilito che un’espressione facciale improvvisa e grottesca non può essere definita veramente lynchiana se non nel caso in cui l’espressione sia mantenuta per qualche momento in più di quanto le circostanze potrebbero giustificare».

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Patricia Arquette in Strade perdute

L’ultimo David Lynch della nostra vita: L’ultima indimenticabile apparizione cinematografica

L’ultima apparizione cinematografica di Lynch è in una delle sequenze finali di The Fabelmans di Steven Spielberg, quasi un fanta autobiopic del regista di E.T. L’autore di Velluto blu interpreta il grande regista classico John Ford, benda sull’occhio e sigaraccio cubano in fiamme tra le labbra. Il giovane Sammy Fabelman (uomo favola), aspirante regista, incontra il maestro Ford che gli dice brutalmente qualcosa di semplice, essenziale ed eterno che Fabelman/Spielberg sembra poi avere interiorizzato: come inquadrare l’orizzonte. Reale e metaforico… Eccolo qui sotto.

«And now get the fuck out of here!» (e ora vattene da questa cazzo di stanza!). Sogna in pace, David Lynch. E grazie.





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