I viaggiatori europei dei primi anni dell’Ottocento avevano spesso l’abitudine di lasciare delle scritte sui monumenti d’Egitto e del Sudan in ricordo del loro passaggio, come ad esempio la scritta lasciata da Giovanni Belzoni all’interno della piramide di Chefren [“Scoperta da G. Belzoni 2 mar 1818“]. Oggi definiremmo questa abitudine uno scempio, ma in realtà l’analisi di questi documenti ci aiuta a capire meglio come sono avvenute alcune importanti e famose scoperte e come si muovevano i primi scopritori spesso più avventurieri che archeologi.
Durante il mio viaggio in Sudan ho visto alcune di queste scritte ed ora mi piace condividerle e commentarle per capire meglio la storia delle prime spedizioni europee ed egiziane che si sono inoltrate in questo lontano paese.
Nella zona archeologica di Musawwarat es Sofra, a 180 km Nordest di Khartoum e a 20 Km a Nord di Naga, vicino al ‘Tempio del Leone’ ricostruito da Fritz Hintze (Università di Berlino) negli anni Cinquanta del secolo scorso, si trova un’area archeologica denominata ‘Il grande Recinto‘. All’interno di questa zona tra templi, corridoi, giardini ed altre vestigia della civiltà meroitica, si trova una grande parete su cui i primi viaggiatori europei, nel XIX secolo, hanno lasciato la firma del loro passaggio. Vediamo che cosa si può ancora leggere (marzo 2009) su questa parete, testimonianza di un periodo avventuroso dell’archeologia.
La prima scritta (Foto 1) che incontriamo è stata incisa dal francese Louis Maurice Linant de Bellefonds (Foto 2) che raggiunse Musawwarat nel Febbraio del 1822. Leggiamola:
«L’an de Jesus 1822. Louis Vinant a visité ces ruines renommées. Il y est venu mandé par l’Engleterre et il a penetré jusq’au royaume de Sennar grace aux conquetes d’Ismaile Pasha general des armées de son père Mahamet Ali vice roi d’Egypte.»
«‘L’anno di Gesù 1822. Louis Vinant ha visitato queste rovine famose. È venuto mandato dall’Inghilterra ed è arrivato fino al regno di Sennar grazie alle conquiste di Ismail Pasha generale delle armate di suo padre Mehmet Ali, Viceré d’Egitto.»
Il regno di Sennar era un antico regno del Sudan che si stendeva tra il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro e che durò fino alla conquista egiziana nel 1823 da parte dell’esercito del Khedivè d’Egitto Mohamed Ali comandato da Ismail Pascià figlio del Khedivè.
Linant de Bellefonds (1799-1884), esploratore e ingegnere francese, viaggiava al seguito delle armate egiziane lanciate alla conquista del Sudan ma non faceva parte del gruppo principale dell’esercito comandato da Ismail, ma seguiva Ibrahim figlio adottivo del khedivè in una missione di supporto a quella principale. Con lui c’era il medico senese Alessandro Ricci (1792-1834), futuro compagno di viaggio di Champollion e Rosellini nella spedizione franco-pisana in Egitto del 1828-1829. I due viaggiavano per conto del Lord inglese William Bankes (1786-1855), noto per avere riportato in Inghilterra da File un obelisco su cui era inciso il nome di Cleopatra e che fu utile a Champollion per decifrare la scrittura geroglifica.
Linant de Bellefonds passò il resto della sua vita in Egitto dove divenne, tra l’altro, ingegnere capo dei lavori del canale di Suez agli ordini di Ferdinand de Lesseps. Fu successivamente ministro dei lavori pubblici egiziani e nominato ‘Pascià’ nel 1869.
Tra i tanti disegni che Linant ci ha lasciato mi piace ricordare l’immagine della Piramide di Taharqa (Immagine A) nella necropoli di Nuri in cui si vede ancora la punta di una prima piramide poi incorporata da una seconda piramide più grande ma di minore pendenza; all’inizio dell’Ottocento era ancora visibile la punta della prima piramide.
Ma vediamo ora una nuova scritta che compare sempre sulla stessa parete.
La foto 3 contiene in realtà due scritte che esaminiamo separatamente: la prima, in basso, è di Frédéric Cailliaud (marzo 1822), la seconda, in alto, è di Pückler Muskau (1837).
Leggiamo per prima la scritta di Frédéric Cailliaud incisa nel marzo del 1822, quindi subito dopo che era passato Linant de Bellefonds.
Essa recita: «L’an de Jesus (mars) 1822. Frédéric Cailliaud a visité ces ruines renommées. Il y est venu mandé de la France. Favorisé par le Prince Ismaël Pacha. il a pénétré au-dela de Fazole par 10 degrés de latitude ou il a visité des peuples payëns.»
«L’anno di Gesù (marzo) 1822. Frédéric Cailliaud ha visitato queste rovine famose. È venuto mandato dalla Francia. Favorito dal principe Ismail Pacha è andato oltre Fazole [regione al confine tra Sudan e Etiopia tra il Nilo Bianco e il fiume Sobat] a 10 gradi di latitudine dove ha visitato dei popoli pagani.»
Vediamo qualche nota. Fréderic Cailliaud (Foto 3A) nacque a Nantes, in Francia, nel 1787. Dopo vari viaggi in Egitto nel 1822 andò in Sudan al seguito dell’esercito di conquista di Ismail Pacha. In questo viaggio scoprì le rovine di Meroe con le sue piramidi. Si inoltrò profondamente nel territorio sudanese seguendo il Nilo Bianco tra il Sudan e l’Etiopia. Ritornato in Francia pubblicò le sue memorie nel libro “Voyage à Meroe, au Fleuve Blanc, au delà de Fazoql dans lo royaume de Sennar, à Syouah et dans cinq autre oasis fait dans le années 1819, 1820, 1821 et 1822“.
Fu questa la prima importante pubblicazione sull’archeologia del Sudan. Caillaud dopo questi viaggi tornò a Nantes dove morì nel 1869 dopo essere stato curatore del museo locale.
Tra i tanti disegni che Cailliaud ci ha lasciato del suo viaggio in Sudan mi piace mostrare questo che ci dà un magnifico scorcio del clima in cui si svolgevano questi viaggi di conquista e di scoperta (Immagine B).
In questa immagine vi è una scena interessante di cui Cailliaud è venuto a conoscenza qualche giorno dopo l’avvenimento. «…… Una giovane, di rara bellezza, figlia di un melik (un nobile locale), era stata catturata dai Magrebini che facevano parte dell’armata di invasione egiziana e condotta nuda a Ismail Pasha; il giovane principe l’ha fatta ricoprire con una ricca tunica e l’ha rimandata da suo padre con magnifici regali…»(1)
La seconda scritta della foto 3 è del nobile tedesco Herman von Pückler Muskau (1785-1871) (foto 3B). Era uno spirito avventuriero e viaggiò a lungo in Europa e in Africa. Visitò il Sudan nel 1837 accompagnato da Mahbuba (l’amata) una schiava etiope che aveva comprato al Cairo e poi sposato. Era specializzato in architettura del paesaggio e in questo campo, ideazione di giardini, uno dei migliori del suo tempo.
La scritta di Musawwarat dice: «Est venu visité ces ruines mandé par son espri familier». «È venuto a visitare queste rovine mandato dal suo spirito familiare». Oltre a questo, il principe tedesco ha lasciato un graffito anche sul chiosco a Naga che vedremo più avanti.
Chiudiamo questa rassegna di graffiti dei primi viaggiatori dell’800 a Musawwarat es Sofra con le scritte riportate nella foto 4.
Abbiamo, anche in questa immagine, due graffiti. Il primo fa riferimento alla famosa spedizione prussiana comandata dal grande archeologo Carl Richard Lepsius (1810-1884) che arrivò in Sudan nel 1844 e passò a Musawwarat nel marzo di quell’anno: Koenige Preuss Expedition I März 1844.
A ricordo di questa spedizione una immagine del Gebel Barkal tratta dal “Denkmäler aus Ägypten und Äthiopien” (immagine C).
La seconda firma è di Horst Schliephack che viaggiò in alta Nubia nel 1906. Ma chi era questo personaggio? Si scopre che questi era il fotografo della spedizione dell’Università di Chicago guidata da James Henry Breasted (1865-1935). Si tratta della prima missione che ha documentato in maniera scientifica con la fotografia i siti archeologici nubiani (immagine D). Evidentemente il fotografo non ha resistito alla tentazione di lasciare il suo nome.
Lasciamo adesso Musawwarat es Sofra e andiamo all’interessante sito di Naga.
Qui tra il tempio di Apedemek e il tempio di Amon troviamo il Chiosco (Foto 5). Si tratta di una costruzione probabilmente del I secolo d. C. di cui però si sa poco. È comunque costituito da un interessante insieme di stili, egiziano, romano e greco.
Ma noi oggi siamo interessati solo alle scritte lasciate dai primi esploratori europei e non dalla storia del monumento. Vediamo che cosa troviamo.
La foto 6 ci restituisce, anche se le immagini sono purtroppo poco chiare, tre graffiti.
Vediamo innanzitutto il nome del nobile tedesco Pükler Muskau che abbiamo già trovato a Musawwarat es Sofra e di cui abbiamo già parlato.
Molto interessanti sono le altre due firme scritte in alfabeto greco: ΦΕΛΙΞ (Felix) e ΠΡΥΔΟ (Prudhoe).
Ci troviamo di fronte alla spedizione di Lord Prudhoe e di Major Orlando Felix. Questi viaggiatori andarono in Sudan nel 1829. Ma diamo qualche informazione sui personaggi.
Algernon Percy, IV duca di Northumberland (1792-1865) (immagine E) è noto con il nome di Lord Prudhoe. Tra il 1826 e il 1829 andò in Egitto, in Sudan e nel Levante con Major Orlando Felix. Nel Settembre 1828 incontrò al Cairo Champollion. Nel viaggio del 1829 in Sudan prese nel Gebel Barkal due statue di leoni di granito che furono donate al British Museum nel 1835 dove si trovano ancora oggi (Foto 7 e 8).
Questi due leoni furono scolpiti al tempo di Amenhotep III nella XVIII dinastia e furono messi a guardia del tempio di Soleb (il tempio è uno dei più grandi della Nubia) a Nord della iii cataratta sulla riva occidentale del Nilo. Fu costruito sotto Amenhotep III, da Amenhotep figlio di Hapu, e dedicato ad Amon-Ra e al re stesso. Le iscrizioni sui leoni ci raccontano la loro storia che passa attraverso Akhenaton (forse), Tutankhamon per terminare con il faraone meroitico Amanislo che li portò al Gebel Barkal.
Ma questi leoni sono anche legati all’Italia grazie all’Aida di Giuseppe Verdi. Infatti, il nome del faraone meroitico Amanislo, il cui cartiglio si trova su un leone, fu letto inizialmente da Auguste Mariette (1821-1881), famoso sovrintendente delle Antichità egiziane, come Amonasro. Mariette usò questo nome per il re nubiano in un soggetto che sarà utilizzato poi da Giuseppe Verdi per l’Aida musicata su libretto di Antonio Ghislanzoni. Studi successivi hanno poi portato a leggere il nome come Amanislo. Il nome del re nell’opera però non è stato modificato e così, con questa denominazione, il faraone meroitico ha avuto gloria immortale.
Vediamo ora in dettaglio le scritte che troviamo sulle statue (foto 9-10-11).
«… riposo gli dei, re dell’Alto e Basso Egitto, Signore delle 2 terre, signore del compimento dei riti, [Neb Kheperura] Figlio di Ra Signore delle apparizioni (TUT ANKH AMON Sovrano di Eliopoli Meridionale) che ha restaurato i monumenti di suo padre re dell’Alto e Basso Egitto Signore delle due Terre (Neb Maat Ra Prescelto da Ra) Figlio di Ra (AMENHOTEP Governatore di Tebe). Egli ha fatto (questo) come suo monumento. Per suo padre Amon Ra, Signore dei troni delle due terre, Atum, Signore di Eliopoli, Thot-lah. Egli fa ciò essendo dotato di vita come Ra in eterno per sempre.»
Parte superiore del piedistallo
«Re dell’Alto e Basso Egitto Neb Maat Ra (Amenhotep III), dotato di vita come Ra, leone possente amato da Amon»
Cornice del piedistallo
«Vita Horo Toro Possente… Neb Maat Ra Figlio di Ra Neb Maat Ra (AMENHOTEP III).
Egli fece ciò come suo monumento per la sua immagine vivente sulla terra,
(Neb Maat Ra) Signore di Nubia nella fortezza di Khammat (Soleb). Egli fa ciò, dotato di vita»
Non ho trovato molto sulla vita di Major Orlando Felix che accompagnava il barone Prudhoe. L’unica cosa che è certa è che conosceva i geroglifici che aveva imparato dopo una frequentazione con Champollion. Tra i tanti disegni che ha lasciato mi piace presentarvi un disegno del tempio detto B 700 che si trova al Gebel Barkal.
Oggi lo possiamo descrivere solo attraverso le immagini che i primi viaggiatori ci hanno lasciato e tra questi annoveriamo Orlando Felix.
Nel disegno di Felix (immagine F) (2) vediamo la facciata interna del pilone del tempio. Sulla parete orientale si vedeva una regina con corona piumata in atto di agitare un sistro ed era indicata come ‘grande (sposa) reale Khalesi’; alle spalle una rappresentazione di offerte. Nel registro superiore il nome Horo del faraone Atlanersa (grg tAwy: colui che ha fondato le due terre) e una sfinge. La legenda diceva: «Parole dette da Amon Ra nel mezzo di Pnubs [nome di Kerma in periodo Napateo e meroitico]: Io ti ho dato tutta la vita e gioia, tutta la salute e felicità per sempre». Sopra la scena una iscrizione: «…argento. Egli elevò un obelisco per lui nel Grande Luogo, egli aggiunse un ornamento della divinità».
Sui resti della torre occidentale, nel registro inferiore, si riconoscevano le teste di due regine agitanti un sistro. Una era detta: ‘madre reale…selkhet’ e l’altra ‘regina Ta..’. Nel registro superiore erano raffigurate altre tre donne. La prima che teneva un vaso e un sistro era detta: ‘moglie reale, figlia reale, sorella reale Yeturow’. Le altre due: ‘moglie reale, figlia reale Neb’ e ‘moglie reale, sorella reale, Peltasen’. Tutte e tre indossavano un particolare copricapo formato da lunghi lacci ricurvi.
Concludiamo la descrizione del tempio B700 al tempo della sua costruzione vedendo anche la facciata orientale esterna del pilone così come è stata descritta da Frédéric Cailliaud nel 1822 (Immagine G). Il disegno mostrava Sekheperenra Senkamanisken [sxpr n ra snkA jmn skn Colui che è stato creato da Ra Senkamanisken] nell’atto di uccidere i propri nemici di fronte ad Amon che offriva una spada al sovrano. Una didascalia, all’interno del testo, riportava una frase del dio Amon: ‘Io ho dato a te una spada nel giorno della battaglia’. (1)(2)
Immagine G
Terminiamo con questo disegno il nostro breve viaggio tra i graffiti che i primi viaggiatori europei hanno lasciato in Sudan. Per la nostra attuale sensibilità essi sono certamente una rovina per i monumenti, ma ci permettono di seguire i viaggiatori nei loro movimenti e lasciano, almeno in me, un ricordo quasi romantico di queste prime spedizioni anche se, in realtà, di romantico avevano ben poco.
NOTE
1) Dal libro di Fréderic Caillaud: “Voyage à Meroe, au Fleuve Blanc, au delà de Fazoql dans lo royaume de Sennar, à Syouah et dans cinq autre oasis fait dans le années 1819, 1820, 1821 et 1822“.
2) Dalla tesi di laurea di Giorgio Ferrero: “La Nubia al tempo della XXVI dinastia Egiziana” (2001-2002). Università degli Studi di Milano.
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