Il settore vitivinicolo rappresenta una componente di grande importanza per l’economia agroalimentare nazionale e a livello locale è un fattore di vitalità per molte comunità rurali e presidio dell’assetto di paesaggi di grande interesse. Per il 2024 le previsioni sui valori finali degli scambi e dei redditi non dovrebbero risultare peggiori del 2023; tuttavia, le prospettive, nel migliore dei casi, sono nel segno della continuità senza far intravedere spunti di particolare dinamicità, anche a causa di una congiuntura economica che nei principali mercati del vino spinge i consumatori a moderare gli acquisti dei beni non fondamentali. I dati rivelano comunque che, in una situazione complessivamente difficile, non tutte le aree produttive e tutte le tipologie di prodotto hanno avuto la medesima prestazione, offrendo motivi di riflessione per un rilancio dell’offerta.
Molti osservatori ritengono che il ciclo di sviluppo pluridecennale del settore del vino a livello globale, avviatosi negli anni ’80 del secolo scorso, volga al termine, ma ritengono altresì che non manchino elementi da cogliere per avviare un nuovo percorso di sviluppo. Alla base, tuttavia, vi è la necessità di adeguare l’offerta a una domanda che è mutata, sia per il ricambio generazionale sia per altri fattori esogeni, in un contesto di crescente attenzione al tema della sostenibilità. Le caratteristiche dei vini dovranno essere adeguate, pur nel rispetto delle tipicità e peculiarità dell’offerta enologica italiana, orientando i processi produttivi verso più ambiziosi obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale. Dovranno anche essere rinnovate in modo radicale le strategie di comunicazione in modo da costruire una relazione stabile con le generazioni più giovani, nel quadro di un’educazione al bere caratterizzata da consapevolezza e moderazione.
Oltre alla compressione dei ricavi, pesano sugli operatori le incertezze e i timori per quale potrà essere l’evoluzione del mercato globale del vino del medio-lungo periodo. Si registra una diffusa consapevolezza rispetto al fatto che, sebbene nel 2023 la posizione internazionale del vino italiano sia rimasta solida e i dati sui primi otto mesi del 2024 indichino una crescita delle esportazioni italiane rispetto allo stesso periodo del 2023, una contrazione generale del mercato danneggerebbe in modo grave la sostenibilità complessiva del sistema del vino italiano nel suo attuale assetto.
Fino all’inverno scorso, peraltro, autorevoli agenzie aprivano ad aspettative positive: Statista indicava che i consumi di vino avrebbero dovuto crescere del 10% dal 2023 al 2028, mentre il consumo di spumanti in particolare avrebbe dovuto crescere del 14% nello stesso periodo. Inoltre, il rapporto Global Wine Market Size di Research & Marketing diffuso nella primavera scorsa prevedeva una crescita del mercato globale del vino tra il 2023 e il 2027 del 2,1% annuo in volume e del 8,8% annuo in valore. L’evolvere della situazione del mercato globale ha poi portato Statista a una revisione delle previsioni che a giugno 2024 venivano riformulate prevedendo una progressiva, sebbene lieve, riduzione dei consumi globali di vino da qui al 2029, stimata a un tasso annuo dell’1%.
Il calo del consumo mondiale di vino
Gli esperti concordano sul fatto che il calo del commercio mondiale del vino nel 2023 è derivato da una combinazione di fattori sia congiunturali che strutturali, la cui comprensione in termini di peso e possibilità di correzione è cruciale per determinare risposte appropriate a garantire il benessere del settore del vino. Problemi temporanei, come il contesto globale incerto, l’erosione del potere d’acquisto e le tensioni geopolitiche, potrebbero correggersi nel tempo. E ancora, la diminuzione delle importazioni di vino negli Stati Uniti e in Canada alla fine del 2023, insieme alla stabilizzazione delle importazioni nel Regno Unito e al calo in Russia, è in parte legata all’eccesso di scorte postpandemia e alla crescita economica più lenta del previsto. Se queste rappresentassero le cause principali, sarebbe sufficiente per le aziende di produzione attendere le nuove esigenze di importazione per ricostituire le scorte. In questo caso, misure puntuali e congiunturali come i programmi di distillazione di crisi e di vendemmia verde della Commissione UE potrebbero essere sufficienti fino al miglioramento delle condizioni economiche.
Tuttavia, le tendenze a lungo termine indicherebbero il rischio di un declino strutturale nel consumo, cui si aggiungono cambiamenti nelle preferenze sulle tipologie di vino.
Certamente, le preferenze dei consumatori si stanno spostando verso bevande diverse dal vino, intensificando la concorrenza di mercato. Ad esempio, in Francia, la quota di mercato dei prodotti a contenuto alcolico della birra è aumentata dal 15% al 25%, mentre la quota del vino è diminuita dal 49% al 41% tra il 2000 e il 2022. Gli esperti del settore riconoscono il successo di altre bevande alcoliche nell’attrarre i giovani consumatori con offerte innovative. Mentre il volume totale di alcol puro consumato sta diminuendo in molti paesi, il vino sta perdendo spazio di mercato in termini proporzionalmente maggiori di birra e superalcolici. In questo contesto di concorrenza intensificata, i prezzi e la dimensione degli investimenti di marketing dell’industria delle bevande pongono il vino in una posizione di svantaggio competitivo.
In Italia, come in altri paesi, la fase agricola del settore vitivinicolo appare convinta che la componente strutturale delle difficoltà che sta vivendo il mercato vitivinicolo sia tale da rendere
necessario nuovamente un intervento finalizzato a ridurre il potenziale produttivo, o quantomeno ad evitare di aumentarlo, così da salvaguardare redditi agricoli e valori fondiari. Ciò sta avvenendo peraltro già in Francia, California e Australia.
Il consumo di vino tra le giovani generazioni
I giudizi degli esperti convergono sul fatto che una ripresa della domanda è possibile purché si realizzino condizioni che riguardano la capacità di catturare l’interesse e il favore delle generazioni più giovani e l’adattamento dell’offerta alla domanda.
Il mercato del vino è cresciuto con i baby boomer, ma questa parte della popolazione si va riducendo in termini numerici e inoltre diminuisce la capacità di consumo individuale dei singoli soggetti a causa del loro invecchiamento. Ora il testimone deve passare a nuove generazioni, in particolare alla GenerazioneZ; si tratta di un gruppo sociale i cui membri sono particolarmente sensibili al tema della sostenibilità ambientale e sociale e che, aldilà delle tradizioni alimentari del paese di nascita, si informano e hanno abitudini di vita simili in tutti i paesi e diverse dai boomer e dai millennials.
Rispetto a questi giovani la capacità di comunicazione del sistema delle imprese del vino viene giudicata strutturalmente ancora inadeguata. Lo spostamento dell’interesse verso i vini bianchi e rosati è ormai un fenomeno consolidato; i rossi rappresentano ancora con il 43% (2021) la quota maggioritaria del consumo, ma la loro quota era il 47% nel 2007. Questa evoluzione fa emergere l’esigenza di individuare, pur nell’ambito delle tipicità e identità sensoriali delle diverse aree e denominazioni, stili più idonei alle nuove esigenze, anche in termini di occasioni di consumo.
Il lavoro sui prodotti e sui processi per conservare e accrescere la sintonia dell’offerta vinicola italiana richiede certamente un impegno importante in termini di introduzione di innovazioni,
orientate al raggiungimento di traguardi significativi in termini di riduzione dell’impatto ambientale in un quadro di contenimento dei costi di produzione e commercializzazione, che richiederà a monte un’adeguata attività. L’urgenza di raggiungere questi traguardi significativi è certamente accentuata dall’entrata in vigore del nuovo regolamento sulle IG, il reg. (UE) 1143/2024 che con gli articoli 7 (sostenibilità) e 8 (relazione di sostenibilità) aprono di fatto un nuovo piano di competizione tra le denominazioni basato proprio sulla sostenibilità intesa in tutte e tre le sue dimensioni.
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