Cliniche per pochi: perché l’aiuto medico per avere un figlio (a 40 anni) è il nuovo status symbol in Italia

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


di
Federico Fubini

Tre milioni di europei sono nati grazie alle tecniche di laboratorio. In Italia, centomila tra il 2012 e il 2022. Ma da noi la procreazione assistita costa tantissimo e la situazione potrebbe peggiorare

Microcredito

per le aziende

 

Non è buon giornalismo portare a vista la propria cucina come fanno certi ristoranti, ma stavolta devo raccontare come e perché sono arrivato a quanto state per leggere. Qualche mese fa ho dedicato una newsletter al calo delle nascite in Italia. Concludevo: “Una causa molto importante della denatalità – certo non l’unica – è nel ridursi delle persone in grado di mettere al mondo dei figli. Dal 1991 il numero delle nascite è sceso del 32%, quello delle potenziali mamme del 25%”. In sostanza ci sono in Italia sempre meno donne – e uomini – in età feconda. 

Sono stato travolto, per fortuna, da un’ondata di e-mail dei lettori. Alcune insistevano su un punto: proprio perché la fecondità è in calo in Italia, bisogna sostenerla ampliando l’accesso alla procreazione medicalmente assistita. Si va dall’inseminazione semplice, alle tecniche di fecondazione in vitro che includono il trasferimento di embrioni o gameti conservati (anche per anni) a temperature di quasi 200 sottozero in azoto liquido; si arriva, infine, a tecniche di inseminazione più complesse e anche con embrioni o gameti donati (“eterologa”). 




















































Hanno scritto lettrici raccontando le loro esperienze in Italia e fuori. Hanno scritto medici cattolici fortemente contrari. Non ne sapevo quasi niente, ho cercato di imparare. Sono stato in visita al Policlinico Mangiagalli di Milano, uno dei punti di riferimento della sanità pubblica in Italia per queste tecniche. Mi si è spalancato un mondo di opportunità, contraddizioni, tensioni personali e scelte collettive da compiere proprio nelle prossime settimane. Perché – che si sia favorevoli o contrari – quanto decideremo di fare su questo fronte è destinato a cambiare comunque la traiettoria del Paese.

Tre milioni di europei

Io non sapevo che quasi tre milioni di europei sono nati grazie a queste tecniche di laboratorio, negli ultimi ventotto anni. Non sapevo che nel 2021 più di quattro bambini ogni cento sono nati in Italia grazie ad esse (nove su cento in Spagna, circa otto in Grecia, più di sei in Danimarca); né che solo nel decennio dal 2012 al 2022 più di centomila bambini nel nostro Paese sono potuti venire al mondo in questo modo in Italia e che nel prossimo decennio saranno senz’altro molti, ma molti di più.

Mi piacerebbe poter dare numeri più aggiornati, ma per ora non è possibile. La legge prevede che entro il 30 giugno di ogni anno il ministero della Salute presenti una relazione sulle dinamiche della procreazione medicalmente assistita nell’anno prima; ma sono passati già sette mesi da quella scadenza e… niente. Non abbiamo dati sul 2023. Anche il governo precedente era spesso in ritardo e mi chiedo quanto conti la (legittima) contrarietà del mondo cattolico a queste tecniche e quanto la semplice distrazione.

Contro il declino

Fosse quest’ultima, sarebbe un peccato: la procreazione medicalmente assistita è una delle poche possibilità di contenere il declino delle nascite in Italia nei prossimi decenni, mentre gli italiani in età feconda diminuiscono sempre di più. Le procedure non danno affatto la certezza di poter arrivare a una gravidanza e, per esempio, non rimediano di per sé ai limiti legati all’età biologica degli ovociti. Ma i progressi nell’efficacia sono stati enormi e continueranno: vent’anni fa meno di un decimo delle coppie sottoposte ai prelievi riusciva ad ottenere una gravidanza, oggi un quarto e forse oltre (se solo ci fossero gli ultimi dati).

Senz’altro la procreazione medicalmente assistita sta diventando sempre più importante, anche perché le italiane hanno l’età media al primo parto più alta d’Europa (33 anni). Fra le donne di quarant’anni ed oltre, quasi un quinto delle gravidanze in Italia avviene grazie a queste tecniche (un quarto in varie regioni d’Italia centrale e del Nord). Eppure esse sono anche fonte di diseguaglianze in Italia, fra ceti e fra territori e il contrasto al declino demografico non è uguale per tutti. Fra le donne laureate il 5,6% delle gravidanze avvengono solo grazie alla procreazione medicalmente assistita e in Lombardia, sempre fra le laureate, quasi otto su cento. Fra le donne con un diploma di scuola media inferiore siamo a un bel po’ meno di due su cento. In parte si spiega proprio con le età delle persone che si rivolgono ai  centri di fertilità. È probabile che una laureata arrivi più tardi nella vita alla decisione di avere il primo figlio e potrebbe incontrare più difficoltà a rimanere incinta.

Ma avete idea dei prezzi?

Nel privato una clinica può chiedere 5.600 euro per il primo ciclo di base di fecondazione in vitro, 8.500 per un ciclo un po’ più complesso, più altri servizi in clinica. E sapete che siete forse destinati a ripetere l’esperienza più volte. Senz’altro potete rivolgervi in centri pubblici o privati convenzionati con la sanità regionale, certo; ma a sud di Roma ce ne sono la metà di quelli presenti nella sola Lombardia e praticamente tanti quanti in Toscana. Vivere nel luogo sbagliato – ieri, oggi e in futuro – significa restare in lista d’attesa anni: troppo perché vi resti una chance di avere un figlio, quando vi chiameranno.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Un po’ di conti

Dunque, la scelta è chiara. O avete soldi o avete tempo (quasi mai) o accettate il destino dei migranti sanitari (ma anche loro affrontano alti costi). Mi sono fatto due conti di cosa significa questa diseguaglianza di fronte alla procreazione, stimando la quota delle nascite grazie alla fecondazione in vitro in ogni regione.

* La Lombardia ha il 47% in più di nascite da procreazione assistita, rispetto al suo peso demografico in Italia
* La Toscana ne ha il 22,5% in più
* Il Lazio il 6,1% in più
* L’Emilia-Romagna il 4% in più
* Il Veneto il 3,6% in più
* La Campania il 9% in meno
* La Sicilia il 21% in meno
* La Calabria il 63% in meno.

Eppure, in Campania per esempio non mancherebbero le cliniche di fertilità private (non convenzionate): ne ha più di quasi tutte le regioni del Centro-Nord. Mancano giusto molte coppie che possano permettersele.

Tariffe bloccate

Qui vengono le scelte delle prossime settimane. Dal 2017 una legge prevede che la procreazione assistita vada inclusa nei “Livelli essenziali di assistenza” della sanità pubblica: un diritto del cittadino, accessibile in centri pubblici e convenzionati senza costi. Oggi lo è, ma solo dove esistono le strutture. In teoria questo diritto sarebbe dovuto diventare effettivo per tutti all’inizio di quest’anno, con il rinnovo dei tariffari del ministero della Salute per i pagamenti pubblici ai centri convenzionati. Solo che non è successo. Alle strette con i budget, il ministero ha indicato tariffe da 2.750 euro per tecniche che oggi nel privato costano il doppio. Non so dire chi abbia ragione. So che le cliniche hanno fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio contro le tariffe pubbliche offerte loro per migliaia di prestazioni mediche e cliniche, incluse quelle di fertilità. Il Tar prima ha bloccato il tariffario (dunque l’accesso ai servizi), poi lo ha sbloccato in attesa di pronunciarsi alla fine di questo mese. Ma di fatto la procreazione medicalmente assistita oggi è accessibile quasi solo a chi può pagarsela di tasca propria e la disponibilità per gli altri – quelli che hanno bisogno della sanità pubblica – resterà scarsa.

Se il Tar conferma le tariffe del ministero, l’offerta delle cliniche sarà molto ristretta e forse con extra costi più o meno nascosti a carico delle pazienti. Se non conferma quelle tariffe, il ministero non avrà probabilmente altri fondi da metterci. E comunque dove le strutture pubbliche o convenzionate mancano – lontano dalle grandi città e a sud di Roma – continueranno a mancare. Certo non ne nasceranno di nuove, se l’investimento del ministero della Salute resta basso.
È tutto tremendamente irrazionale, anche solo da un punto di vista economico (per non dire degli aspetti sociali e umani). Crederci e investire di più sulla procreazione medicalmente assistita, alzare queste nascite da 15 mila a 45 mila all’anno in Italia, può costare forse meno di cento milioni l’anno. Ma secondo l’economista sanitario Mark Connolly aumenta di varie decine di miliardi il reddito che sarà prodotto in Italia in futuro da chi oggi nascerebbe così.

Le biobanche crescono

C’è poi un altro aspetto che rende l’Italia un caso unico al mondo. La legge su questa materia è frutto di una stratificazione fra sensibilità cattoliche (da rispettare) e sentenze della Corte costituzionale, che hanno cercato di sciogliere alcuni nodi. Il risultato è che solo in Italia gli embrioni creati in vitro in sovrannumero e poi non impiantati non possono essere né donati ad altre coppie, né alla ricerca, né distrutti. Continuano ad accumularsi a centinaia di migliaia – in futuro, a milioni – sotto azoto liquido a meno 196 gradi nelle biobanche, solo una parte di essi usati per nuovi trattamenti delle coppie che li hanno formati. Potenzialmente resteranno nelle biobanche per sempre. E le biobanche in Italia cresceranno sempre di più, a oltranza. Alberto Virgolino, presidente dell’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici, stima che solo nel 2021 si siano aggiunti 61 mila embrioni.

Dice Virgolino: “La persona va rispettata nella sua dignità di essere libero fin da quando è generata. Non può essere trattata come ‘oggetto’ da parte di una biotecnologia senza limiti etici, assecondata dalla legge di Stato ed enfatizzata dalla giurisprudenza, così da renderlo un mero ‘prodotto’ manipolabile”. Edgardo Somigliana, responsabile al Mangiagalli di un’area che include la procreazione assistita, propende invece per il tipico illuminismo milanese. Riconosce: “Dai nostri studi, il fattore determinante in una coppia dopo una prima gravidanza assistita per tornare ed avere un secondo bambino è l’avere già degli embrioni congelati. Un simile pensiero è presente nella vita di queste persone, al punto da spingerle un po’ di più, rispetto ad altre coppie, ad allargare la famiglia”. Ma Somigliana aggiunge: “Non credo che sia corretto imporre una visione. Non va rimandato un problema solo perché non sappiamo come risolverlo. Forse sarebbe giusto che ogni coppia potesse decidere cosa fare dei propri embrioni: donarli ad altri, alla ricerca, distruggerli o conservarli”.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 


Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

20 gennaio 2025

Richiedi prestito online

Procedura celere

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link