La questione del servizio di salvamento sulle spiagge รจ stata affrontata in Italia in modo molto diverso dal resto dei paesi europei. Quando si รจ iniziato a discuterne, allโinizio del 1900, il problema che si รจ posto lo Stato italiano รจ stato come poter garantire la sicurezza dei bagnanti senza spendere nulla. Della questione sono state investite le capitanerie di porto che, nel 1929, hanno reso obbligatoria la figura del bagnino di salvataggio negli stabilimenti balneari, addossando ai concessionari gli oneri del servizio e affidando la formazione dei bagnini alla Societร nazionale di salvamento, fondata nel 1871 (cfr. Ministero delle comunicazioni e della marina mercantile, foglio dโordine n. 43 del 6 maggio 1929. Questo compito รจ stato esteso nel 1959 anche alla Federazione italiana nuoto e nel 2010 alla Federazione italiana salvamento acquatico). Il meccanismo era semplice e, per lo Stato, esente dai costi, che erano addebitati ai privati come corrispettivo di una lucrosa concessione ottenuta attraverso il pagamento di un canone esiguo.
Da allora, il servizio di salvataggio รจ rimasto quasi soltanto in capo ai titolari delle concessioni demaniali degli stabilimenti balneari, che si sono moltiplicate oltre misura, in un panorama che non ha confronti con il resto dโEuropa. Per affrontare il crescente problema della sicurezza sulle spiagge โ che andavano trasformandosi nelle sempre piรน affollate spiagge di massa come le conosciamo oggi โ le capitanerie di porto non avevano altra scelta che fare nuovi assegnamenti a concessionari che assicurassero il servizio di salvataggio su un ulteriore tratto di litorale, restringendo cosรฌ gradualmente la spiaggia libera incustodita
Nel tempo quella che era una finalitร โ garantire la sicurezza โ si รจ trasformata in un semplice onere conseguente a una concessione demaniale e il sistema si รจ sviluppato a macchia dโolio, al di fuori di una norma di controllo e di una visione politica dโinsieme. AllโItalia รจ sempre mancata una legge nazionale che al contempo fosse protettiva dei litorali e tutelasse gli interessi pubblici, garantendo uno sviluppo razionale e programmato del turismo balneare. Il sistema italiano delle spiagge in concessione รจ andato estendendosi prima sui tratti commercialmente piรน vantaggiosi (Liguria di ponente, Toscana centro-settentrionale e Romagna), e poi nelle regioni limitrofe, arrivando infine anche nel sud della penisola e nelle isole.
Il peccato dโorigine รจ riflesso nelle odierne ordinanze di sicurezza balneare delle capitanerie di porto che regolamentano, ancora oggi, non il modo in cui debba essere organizzato il servizio di salvataggio su una spiaggia, bensรฌ come debba esserlo nel singolo stabilimento balneare. Una regolamentazione che ripete lo stesso modulo organizzativo sullโintero litorale, che affianca uno stabilimento accanto allโaltro. La regolamentazione della spiaggia coincide cosรฌ con la regolamentazione dello stabilimento balneare, ripetuta a oltranza.
Su molti litorali del nord e del centro Italia, le spiagge libere sono quasi scomparse e sono rimaste โlibereโ solo le spiagge periferiche o di difficile accesso. Nei litorali del sud, la situazione รจ invece opposta: la minore affluenza di turisti, concentrata in una breve stagione balneare (talvolta ridotta di fatto ai mesi di luglio e agosto), non ha reso appetibili le spiagge per i privati e i Comuni si sono trovati, in un periodo di magre risorse finanziarie, con lunghissimi tratti di spiagge libere โ spesso misurabili in chilometri โ senza i mezzi economici e le competenze necessarie per gestirle, abbandonandole dunque a se stesse e facendo ricorso inevitabilmente alla logica del cartello: โNon รจ assicurato il servizio di salvataggioโ. Questa soluzione รจ stata comunque foriera di grandi sviluppi, ma ha anche mostrato col tempo qualche limite. Qui di seguito ci occuperemo solo dei limiti, lasciando ad altra occasione il compito di indicare anche i vantaggi che pure hanno prodotto ricchezza e lavoro, quasi azzerando su molti litorali lโincidenza degli annegamenti.
Le caratteristiche del sistema di salvataggio in Italia
Quasi tutti i bagnini di salvataggio sono oggi dipendenti di stabilimenti balneari privati. Dunque la sicurezza in mare dei bagnanti รจ garantita da imprese commerciali. In teoria, lโobbligo di fornire un servizio di salvamento conforme alle prescrizioni delle ordinanze di sicurezza balneare delle capitanerie di porto graverebbe anche nei tratti di spiaggia libera, dunque sui Comuni che le gestiscono; ma il Comune puรฒ sottrarsene collocando semplicemente un cartello sullโarenile con cui si indica lโassenza del servizio di salvataggio. Questa facoltร ha prodotto due tipi di spiaggia: quelle private, cioรจ in concessione a privati ma aperte a un pubblico pagante, e quelle libere che sono in gran parte abbandonate a se stesse. Col tempo รจ andata creandosi una dualitร , unica nellโEuropa occidentale, tra spiagge private, pulite e sorvegliate, e spiagge libere, sudice e trasandate, nelle quali avviene ancora oggi la maggioranza degli episodi di annegamento.
Sono le capitanerie di porto โ e questa รจ una seconda peculiaritร italiana โ a esercitare lโautoritร statale sulle spiagge mediante le ordinanze di sicurezza balneare. Le capitanerie sono organi dello Stato (militari, anche se con compiti civili), dipendenti dal ministero dei trasporti. Ciascuna ordinanza vale nel territorio di competenza della capitaneria che lโha emessa e quindi differiscono lโuna dallโaltra, anche su punti essenziali.
La geografia balneare ripete un dualismo caratteristico in Italia tra nord e sud. Sui litorali del nord e del centro, lunghe file di stabilimenti balneari, talora della lunghezza di qualche decina di chilometri, sono intervallate da rari e brevi tratti di spiaggia libera; mentre nel sud un numero piรน limitato di concessioni demaniali, concentrate di solito in testa al paese, sussistono a fronte di lunghissimi tratti di spiaggia libera difficilmente accessibile. Questa รจ la terza caratteristica della situazione italiana; mentre la quarta e ultima รจ la giร accennata mancanza di una normativa nazionale in grado di regolamentare in modo uniforme anche i servizi che dovrebbero garantire la sicurezza degli utenti sulle spiagge. Questo si รจ trasformato col tempo in una questione sempre piรน difficile da risolvere. Scrivere buone leggi, in grado di coniugare lโinteresse pubblico con quello privato, sembra essere diventato estraneo alla nostra legislazione.
Una rivoluzione copernicana del sistema di salvataggio sulle spiagge
Perchรฉ, quando le condizioni del mare diventano proibitive, non รจ possibile vietare la balneazione per motivi di ordine pubblico come avviene in Europa e nel mondo? Cosa fa compiere allโItalia questa vistosa eccezione?
In Italia la bandiera rossa indica solo un avvertimento al bagnante, sconsigliandolo dallโentrare in acqua, mentre la bandiera gialla viene utilizzata per i piรน disparati scopi. Pressochรฉ in tutto il mondo, invece, per regolamentare la balneazione vengono utilizzate tre bandiere che riprendono i colori del semaforo, con un significato immediatamente comprensibile a chiunque. La bandiera verde indica che un tratto di spiaggia รจ sorvegliato e le condizioni del mare non presentano pericoli particolari (il mare รจ calmo); quella gialla che il mare mosso comincia a essere preoccupante, ma non cosรฌ preoccupante da vietare la balneazione (attenzione!); infine quella rossa, per le condizioni proibitive del mare, indica il divieto di entrare in acqua. La presenza di una bandiera indica comunque che la spiaggia รจ sorvegliata. In Italia alcune ordinanze utilizzano la bandiera bianca (non utilizzata da nessun paese europeo) per indicare le buone condizioni del mare, mentre lโassenza del servizio di salvataggio o la sua interruzione vengono segnalate nei piรน svariati modi (per esempio, in Romagna si utilizzano le bandiere bianca e rossa issate insieme).
Nei paesi europei, la bandiera gialla e quella rossa graduano un pericolo che, da preoccupante, diventa proibitivo; mentre quella verde, dโaltra parte, indica che il pericolo non cโรจ. In Italia invece la bandiera rossa viene issata quando le condizioni del mare cominciano ad allarmare (come una bandiera gialla โeuropeaโ), ma lo stesso segnale permane anche quando le condizioni sono diventate proibitive, perdendo completamente di significato perchรฉ, quando il mare รจ molto agitato, chiunque puรฒ rendersi conto che รจ pericoloso fare il bagno, che ci siano le bandiere rosse o meno. Il pericolo deve essere segnalato sul nascere, quando le condizioni di rischio non sono ancora facilmente avvertibili dalla massa dei bagnanti, come fanno in Europa issando la bandiera gialla. Dunque in Italia manca una bandiera.
Su molte spiagge italiane vengono utilizzate due bandierine rosse, piantate sulla battigia, per circoscrivere un pericolo. I bagnini hanno lโobbligo di segnalare i pericoli ai bagnanti, e questo tipo di delimitazione โorizzontaleโ dei pericoli โ fatta cioรจ lungo la riva โ รจ molto efficace. Vengono piantate due bandierine rosse sui due โpunti di non-ritorno di una bucaโ e i bagnanti, a colpi di fischio, vengono sistematicamente allontanati. Tuttavia le due bandierine rosse circoscrivono un pericolo senza indicare un divieto, ma perchรฉ non potrebbero farlo? Un segnale di divieto avrebbe ben altra forza persuasiva e renderebbe molto piรน facile il lavoro dei bagnini.
Vediamo adesso come, anche in Italia, senza stravolgere troppo la regolamentazione attuale, le bandiere potrebbero essere utilizzate in modo piรน proficuo e con significati analoghi a quelli europei. Pensiamo a una spiaggia divisa in settori โ poniamo di 100 metri lโuno โ controllati da una postazione di salvataggio ciascuno. Le attuali ordinanze considerano โburocraticamenteโ la spiaggia tutta uguale, ma noi sappiamo che non รจ cosรฌ e che alcuni tratti (prospicienti per esempio una corrente di ritorno) sono piรน pericolosi di altri che fronteggiano invece una secca di acqua bassa. Perchรฉ le bandiere non potrebbero indicare che, quando il mare comincia a crescere, su alcuni settori si possa, con attenzione, continuare a fare il bagno (bandiera gialla) e su altri invece che la balneazione vi รจ proibita (bandiera rossa)? Col crescere del mare i tratti vietati si allargano e possiamo arrivare a una situazione che permette di fare il bagno, con attenzione, solo su uno o due settori. Si puรฒ arrivare poi alla situazione estrema ed eccezionale in cui tutte le bandiere sono rosse quando una mareggiata รจ nella fase parossistica, cioรจ la piรน pericolosa. Infatti, durante la fase parossistica di una mareggiata, le celle circolatorie del fondale si saldano tra di loro e su molte spiagge non รจ piรน possibile fare il bagno senza pericolo. ร in questa fase che si verifica il grosso degli annegamenti dovuti alle correnti di ritorno, quasi 50 vittime per stagione balneare. Le persone in questo caso potrebbero soltanto bagnarsi i piedi. Dobbiamo comunque ricordare che questa condizione si verifica solo in pochi giorni durante la stagione balneare, spesso per lโarrivo di una perturbazione, col tempo brutto.
La situazione che abbiamo descritto โ cosรฌ come รจ regolamentata โ รจ utilizzata di frequente su molte spiagge del Mar Cantabrico. SullโAtlantico spagnolo il Comune che organizza il servizio รจ libero di scegliere tra piรน soluzioni organizzative, ma รจ obbligato a sceglierne una (non cโรจ il sistema generalizzato del โcartelloโ, come in Italia). Ma possiamo pensare anche ad altre soluzioni, quando per esempio un Comune deve controllare ampi tratti di spiaggia libera che non puรฒ essere suddivisa in settori contigui, perchรฉ i costi diventerebbero stratosferici. Una soluzione ci รจ offerta dalla Francia atlantica (ma รจ utilizzata anche in altri paesi extraeuropei, come il Sudafrica), dove le spiagge sono totalmente libere per chilometri. Per esempio lโAquitania, da Soulac-sur-Mer a Biarritz, รจ orlata da unโampia fascia di sabbia che si estende ininterrottamente per 200 chilometri. Ogni Comune rivierasco deve identificare uno o piรน punti da organizzare e gestire; e le persone possono distribuirsi per lโintera spiaggia e impiantare il loro arredo balneare dove vogliono, ma possono fare il bagno solo su un breve tratto delimitato da due bandiere blu piantate sulla riva. Il bagno รจ controllato da una squadra di assistenti bagnanti, mentre sul resto della spiaggia รจ fatto divieto di entrare in acqua. Il bagnante che non sta alle regole viene invitato gentilmente ma autoritativamente a conformarsi alla legge.
Possiamo pensare anche a un sistema piรน โliberaleโ che, senza proibire la balneazione al di fuori dalle bandiere, consenta al bagnante di entrare in acqua, ma a suo rischio e pericolo. Le bandiere (verde, gialla e rossa) possono poi graduare questo sistema. Solo col mare calmo si puรฒ fare il bagno dappertutto, anche sul tratto non sorvegliato, ma si ricorre al โsistema franceseโ quando le condizioni del mare diventino preoccupanti o pericolose.
Un problema diverso ci รจ offerto dalla spiaggia che intervalla ugualmente brevi concessioni e brevi tratti di spiaggia libera (pensiamo per esempio a Metaponto, in Basilicata, o a molte altre spiagge del sud Italia). In questo caso la soluzione รจ giร nelle cose, perchรฉ un piano collettivo, organizzato per settori di sorveglianza, puรฒ uniformare lโintero litorale e fornire una coperta unica con cui gestire tutto, stabilimenti balneari e tratti di spiagge libere. Il piano collettivo puรฒ estendersi solo sul tratto frequentato dai bagnanti (sulle spiagge di paese, in fronte al paese), mentre sul resto le spiagge restano libere, a rischio e pericolo dei (rari) bagnanti che le frequentano.
Peraltro un Comune, quando gestisce piรน di una spiaggia, puรฒ decidere di utilizzare il โsistema del cartelloโ su quella meno accessibile; garantendo perรฒ, come in Europa, lโarrivo dei mezzi di soccorso anche su quella. Le risorse pubbliche non sono infinite. Quello che oggi non รจ ammissibile รจ che, della propria spiaggia โ da cui, direttamente o indirettamente, il Comune ricava talora grandi emolumenti per sรฉ e la propria comunitร โ lโamministrazione se ne lavi le mani, come se non lo riguardasse. Non sono soltanto gli stabilimenti balneari che si avvantaggiano dei benefici che provengono dal richiamo turistico della spiaggia di una localitร .
Problemi tecnico-amministrativi
Molti Comuni, e anche alcune Regioni, si rendono conto sempre di piรน dellโinsostenibilitร della logica del cartello e hanno fatto ricorso a soluzioni tutto sommato razionali (anche se con un esborso quasi sempre insufficiente di denaro) ponendo postazioni di salvataggio anche sulle spiagge libere. Con queste regolamentazioni lโaccento si sposta dallo stabilimento balneare e viene posta al centro del sistema la spiaggia. Tali scelte presuppongono infatti che il servizio di salvataggio sia collettivo, gestito da una squadra di bagnini o assistenti bagnanti organizzati da un unico centro operativo che, come unโunitร , interagisce con lโautoritร marittima per lโintera spiaggia. La logica รจ del tutto diversa.
Il nostro paese si รจ da tempo incamminato su questa strada, con la gestione spontanea delle spiagge libere da parte di alcuni Comuni o con i piani collettivi. Ma questi ultimi hanno ancora caratteristiche legate al sistema originario. Gli stabilimenti balneari, associati, presentano un piano alla capitaneria di porto e chiedono di affidarne la gestione a un soggetto terzo. Il piano ripete poi un sistema modulare: in pratica un settore di sorveglianza organizzato di tutto punto, come se fosse quello di uno stabilimento balneare, viene replicato a oltranza.
Lโistituzionalizzazione di regolamentazioni come questa, utilizzate in Europa e nel resto del mondo, porrebbe inevitabilmente dei problemi tecnico-amministrativi che abbiamo taciuto. Infatti il cambiamento di gestione presuppone un cambiamento dei soggetti che gestiscono. Deve esserci inevitabilmente il passaggio da una gestione privata del servizio di salvataggio a una di carattere pubblico. Dโaltra pare, non รจ necessario che vi sia anche una gestione diretta da parte di un organismo pubblico ma, come accade in gran parte dโEuropa (e giร anche in Italia), la gestione puรฒ essere affidata a un ente che gode della fiducia dello Stato o a unโimpresa che vince lโappalto. Una comunitร ha lโobbligo di occuparsi dellโincolumitร dei propri ospiti, attratti dalla localitร balneare, ma puรฒ scegliere la piรน adeguata tra varie formule organizzative. Quello che non puรฒ fare รจ utilizzare il sistema del cartello, facendo finta che la spiaggia libera non sia territorio comunale.
In definitiva, quello che manca รจ un raccordo istituzionale. Tanto piรน che il sistema, cosรฌ come รจ stato congegnato originariamente, sta entrando in crisi perchรฉ i bagnini stanno scomparendo e quellโesercito che era in grado di gestirlo si sta rapidamente assottigliando e tra non molto manderร il sistema in fibrillazione del tutto. Per di piรน siamo in un momento di cambiamenti, innescato dallโEuropa e, lo si voglia o no, dalla direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi. Quello che manca in Italia รจ una legge. Come nel gioco dellโoca, arrivati al numero 58, siamo rimandati al punto di partenza.
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