Il caso GameStop è uno degli esempi più concreti e che ha portato alla luce il fenomeno della gamification degli investimenti finanziari. Lo scrive nero su bianco la Consob, secondo cui l’utilizzo degli smartphone e la diffusione dei social media hanno profondamente cambiato il mondo del lavoro, dell’informazione, del commercio e, inevitabilmente, anche degli investimenti.
Al punto che la decisione di investire rischia sempre più spesso di essere presa con la stessa leggerezza con cui si partecipa ad un videogioco, magari per imitazione di un influencer e perché si pensa che il servizio sia gratuito (ma, come si dice, “se su internet trovi qualcosa gratis, molto spesso il prodotto sei tu”).
Così osserva l’Autorithy guidata da Paolo Savona, nel suo ultimo Quaderno Giuridico sulla “Gamification degli investimenti finanziari”, affrontando il fenomeno crescente della gamification che pone in luce come una maggiore trasparenza informativa a tutela dei risparmiatori possa essere l’antidoto contro il rischio di conflitti d’interesse.
Cosa significa gamification
La Consob ricord come la “gamification” è intesa come il ricorso a tecniche tipiche del gioco in contesti non ludici. L’accesso diretto dei risparmiatori retail ai mercati finanziari tramite piattaforme digitali e la circolazione di informazioni sui social media stanno introducendo sempre nuove sfide tanto per la regolamentazione quanto per le autorità di vigilanza: la gamification sta difatti trasformando il comportamento degli investitori, in particolare retail, apportando rischi significativi legati alla volatilità e all’impulsività delle decisioni.
La tendenza alla gamification è iniziata intorno al finire del secolo scorso, subendo un rilevante incremento a seguito della bolla Internet. Si è poi rapidamente diffusa dopo il 2020 in molteplici ambiti tradizionalmente lontani dal mondo dei giochi come l’educazione, l’addestramento lavorativo e la ricerca scientifica, oltre che in settori di natura prevalentemente economica quali il web-engagement, il social-business
nonché il settore finanziari.
I rischi della gamification degli investimenti
Secondo la Consob, la gamification degli investimenti finanziari, pur presentando taluni vantaggi, genera perlopiù rischi soprattutto a carico dei piccoli investitori; rischi che le autorità di settore sono tenute a identificare e mitigare nell’ottica prevalente della
tutela di questi ultimi, con misure appropriate che tengano pure conto dell’esigenza di non pregiudicare irragionevolmente lo sviluppo dell’industria dell’intermediazione finanziaria e con interventi mirati che riflettano le peculiari tecniche e forme di gamification in precedenza delineate
Secondo l’analisi, la tutela degli investitori non debba né possa passare da divieti di impronta paternalistica per limitare le attività degli operatori di mercato; deve piuttosto far leva sulla consapevolezza dei rischi connessi con le pratiche della ludicizzazione finanziaria, che tende a creare l’illusione di un mero gioco laddove invece si muovono soldi veri. Da qui l’esigenza di una maggiore trasparenza informativa.
L’analisi prende spunto dal caso GameStop, che ha dominato le cronache finanziarie degli ultimi anni e ha portato all’attenzione dei regolatori il fenomeno delle piattaforme dei social network e dei finfluencer, gli autori dello studio – Concetta Brescia Morra, Dario Colonnello, Matteo Gargantini, Giulio Sandrelli e Gianfranco Trovatore – mettono a fuoco, tra le altre cose, il fenomeno del copy trading, ovvero la pratica di replicare le strategie di negoziazione altrui, mettendosi in scia tramite i social ad un finfluencer, il più delle volte un operatore non professionale che potrebbe perseguire prioritariamente obiettivi di profitto personale in contrasto con l’interesse dei suoi seguaci.
Infine, altro aspetto messo a fuoco nello studio è quello dell’apparente gratuità delle negoziazioni, che spesso nasconde, invece, un costo occulto (Payment for Order Flow) a spese dei risparmiatori, connesso con i volumi di scambio generato dal leader sulle varie piattaforme.
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