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Il bollettino economico di Srm, la Società di studi e ricerche collegata al Gruppo Intesa Sanpaolo, non ha cambiato idea a proposito delle prospettive di crescita della Campania. Ai nastri di partenza del 2025 si è presentata una regione che «continua a crescere più del Paese. Più imprese, più Pil, più export» si legge testualmente nell’ultimo aggiornamento dei dati 2024 che avevano confermato la dinamica positiva della regione, la più “in forma” del Mezzogiorno su indicatori decisivi come la crescita delle imprese, l’incremento dell’occupazione, la spinta dell’export.

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Srm analizza ed elabora dati e statistiche di diverse matrici, da Banca d’Italia a Svimez, da Movimprese a Istat Coeweb, ma il risultato complessivo non cambia: nonostante il rallentamento dell’economia nazionale e meridionale, il peso specifico della Campania rimane alto, trascinato negli ultimi sei mesi in particolare dalla Zes unica (quasi la metà del totale delle autorizzazioni concesse ai nuovi investimenti proviene da qui).

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I dati

Il Pil, ad esempio. L’approfondimento del Centro studi diretto dall’economista Massimo Deandreis, ricorda che sulla base dei dati disponibili il Prodotto interno lordo della Campania era già pari nel 2023 a 111.621 milioni di euro, circa il 28,3% dell’intero Pil meridionale, con una crescita rispetto all’anno precedente in linea con quella del Mezzogiorno ma superiore al dato nazionale, +1,3% rispetto a +0,9%. Nel 2024, i cui risultati definitivi si conosceranno tra qualche settimana, gli indicatori di Srm parlano di «buone prospettive» sulla scorta anche degli ultimi dati della Banca d’Italia basate sull’indicatore Iter: nel primo semestre dello scorso anno, il Pil della regione era aumentato dello 0,8% rispetto al corrispondente periodo del 2023, e anche in questo caso si è trattato di un incremento superiore alla media italiana e a quella del Mezzogiorno.

La spinta delle imprese ha continuato insomma a produrre ricadute complessive sul sistema economico regionale. I dati sui prestiti, aggiornati dall’Abi, lo avevano già ampiamente evidenziato, sottolineando la capacità delle Pmi campane di resistere meglio alla frenata nazionale (ed europea) rispetto alle altre aree del Paese. Ora Srm rilancia il tema evidenziando la crescita numerica delle imprese regionali: al terzo trimestre 2024 le imprese attive della Campania sono quasi 506mila, circa il 30% del totale Mezzogiorno. «In controtendenza con quanto avviene per la macroarea e a livello nazionale, fanno registrare una crescita (+0,4%). Da notare come la Campania è una delle sole due regioni del Sud che registrano un aumento del numero di imprese attive (l’altra è la Sicilia con un +0,3%)». Sono inoltre in aumento anche le Società di capitale della regione che, con un +4,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, superano le 152mila unità.

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E poi l’export, diventato negli ultimi anni una sorta di valore aggiunto per la regione. Nei primi 9 mesi del 2024 l’export della Campania è stato pari a quasi 16,2 miliardi di euro, il 33% del dato meridionale, con una crescita rispetto all’analogo periodo del 2023 del 2,7%, contro un -1,6% per il Sud, ed un saldo commerciale negativo per oltre 2,5 miliardi. Srm sottolinea opportunamente anche che «la Campania è prima tra le otto regioni della macroarea per valore dei flussi commerciali in uscita». Determinante l’impatto del farmaceutico e dell’agroalimentare che hanno sicuramente compensato il calo dell’automotive ma è la tendenza all’internazionalizzazione l’elemento che fa meglio sperare: la partecipazione all’export di un numero sempre più ampio di Pmi, soprattutto di quelle legate in filiera alle aziende di più grandi dimensioni, può rappresentare nel 2025 un fattore di ulteriore rimbalzo.

Il lavoro

A beneficiarne sarebbe in primo luogo l’occupazione, altro indicatore che già nel 2023 aveva dimostrato la ritrovata centralità del Mezzogiorno all’interno del sistema Paese. I dati mostrano che, al terzo trimestre 2024, la Campania conta oltre 1 milione e 700mila unità lavorative, pari al 26,4% del totale meridionale e che, rispetto all’analogo dato del 2023, si registra un ulteriore aumento dello 0,9%. «È in crescita anche l’occupazione femminile – spiega il Bollettino di Srm -: la Campania, infatti, con un’occupazione femminile pari a 597mila unità, segna un +1,8% rispetto al III trimestre del 2023, contro un +4,1% medio della macroarea e un +2,9% medio nazionale».

Per la verità, su quest’ultimo versante le valutazioni degli addetti ai lavori non sono uniformi. Di recente, ad esempio, Confimi Industria Campania, attraverso il presidente Luigi Carfora, ha detto che «la previsione di 70mila nuove assunzioni nel primo trimestre 2025 (indicazione emersa da Unioncamere, ndr) appare difficilmente realizzabili in una regione che soffre di una cronica mancanza di competenze in settori chiave». Secondo l’Associazione imprenditoriale, «le istituzioni formative e i programmi di aggiornamento professionale non riescono a colmare il divario tra le esigenze del mercato e le qualifiche disponibili. E questo rende improbabile che le imprese campane possano reperire il personale necessario per soddisfare la domanda».

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Di qui all’emergenza della fuga dei cervelli, secondo Carfora, il passo è sempre breve: «La Campania non è immune al fenomeno dell’emigrazione di giovani talenti, che riduce ulteriormente il pool di competenze disponibili e alimenta il circolo vizioso di una stagnazione economica. Non si tratta solo di talenti altamente qualificati: molti giovani con competenze tecniche, come operai specializzati e artigiani, abbandonano la regione in cerca di migliori condizioni lavorative». Una risposta potrebbe arrivare dagli Its che anche in Campania stanno crescendo in termini di iscrizioni e opportunità di lavoro sul territorio: dalle aree interne, soprattutto, arrivano segnali che assomigliano anch’essi sempre più ad una tendenza. Competenze fatte in casa, provare per credere.

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